- 27-02-2024

Con l’ord. n. 29 del 2024, la Corte costituzionale sottopone alla Corte di giustizia il quesito se l’art. 12, paragrafo 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE, quale espressione concreta della tutela del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale riconosciuta dall’art. 34, paragrafi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali UE, debba essere interpretato nel senso che nel suo ambito di applicazione rientri una provvidenza come l’assegno sociale e  art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 e se, pertanto, il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva la provvidenza sopra citata, già riconosciuta ad essi a condizione che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Secondo la Corte costituzionale, infatti, nella specie verrebbe in discussione il principio di parità di trattamento sancito dall’art. 12, paragrafo 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE che non potrebbe attribuire ai cittadini di Paesi terzi muniti dei titoli di legittimazione di cui all’art. 3, paragrafo 1, lett. b) e c), una tutela più ampia di quella delineata dalla disciplina di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, cui la stessa direttiva fa rinvio. La Corte costituzionale dubitando che la sola titolarità di un permesso di soggiorno che consente di lavorare conferisca anche al cittadino extra UE il diritto di accedere alle prestazioni “miste” alle stesse condizioni dei cittadini del Paese membro in cui soggiorna, richiede alla Corte di Lussemburgo l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che incidono sulla soluzione delle sollevate questioni di legittimità.