- 23-05-2023

Nella sent. n. 101 del 2023, la Corte,  in primo luogo, rammenta che, se è vero che la sussistenza della giurisdizione costituisce un presupposto della legittima instaurazione del processo principale, il suo difetto determina l’inammissibilità della questione per irrilevanza solo ove sia macroscopico e, quindi, rilevabile ictu oculi.

Viene quindi sottoposta  al vaglio di legittimità la conclusione esegetica tratta dalla normativa scrutinata a cui ono pervenuti il Consiglio di Stato, le linee guida ANAC e su questa stessa base il giudice remittente, per cui, nel commissariamento prefettizio antimafia dell'impresa, alla conferma giurisdizionale del provvedimento interdittivo antimafia consegue la retrocessione degli utili e, dunque, il riversamento delle somme accantonate nel fondo in favore dell’amministrazione contraente o del soggetto finanziatore dell’investimento pubblico.  Secondo la Corte, però, considerato che con la determinazione prefettizia è richiesta all’imprenditore l’esecuzione di attività gravose e protratte nel tempo, con distoglimento dei relativi mezzi aziendali a lui necessari per intraprendere o svolgere attività imprenditoriali di cui, nonostante l’interdizione, rimane capace o che potrebbe altrimenti mettere a frutto, l’acquisizione pubblica delle «utilità» prodotte con il compendio aziendale e sotto “controllo pubblico” senza alcun compenso  cui si perverrebbe sulla base di una tale interpretazione, darebbe luogo a misura che, aggiungendosi agli effetti restrittivi dell’interdittiva, andrebbe a comprimere in termini sproporzionati, e quindi incostituzionali, il diritto di proprietà e la libertà di iniziativa economica.