Nella sent. n. 135 è stata dichiara la illegittimità costituzionale di una disposizione contenuta nelle "Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella G.U., "nella parte in cui indica il limite massimo retributivo nell’importo di euro 240.000,00 al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente, anziché nel trattamento economico onnicomprensivo del primo presidente della Corte di cassazione, che rappresenta il parametro per l’individuazione del tetto retributivo da parte di un d.P.C.m., previo parere delle competenti commissioni parlamentari”.
Rileva infatti la Corte che il legislatore, invece di rivedere in modo organico il sistema, ha introdotto deroghe frammentarie, confermandone la durata. Così facendo, il "tetto retributivo", introdotto come misura temporanea per esigenze di finanza pubblica, con il trascorrere del tempo e a distanza di oltre un decennio, "ha perso definitivamente il requisito della temporaneità richiesto, ai fini della sua legittimità costituzionale ed eurounitaria", dalla stessa Consulta e dalla Corte di giustizia, finendo per incidere "in modo strutturale e duraturo" sul trattamento economico della magistratura, in violazione delle garanzie previste dagli artt. 101, 104 e 108 Cost.
Il giudice costituzionale ritiene inoltre che i risparmi ottenuti non sono più proporzionati rispetto al sacrificio dei principi costituzionali coinvolti, specie tenuto conto del mancato adeguamento all’inflazione.
Il solo modo per rimediare al vulnus - "considerata la decisione del legislatore di introdurre una soglia massima relativa all’intera pubblica amministrazione senza differenziare per categorie" - è, dunque, secondo la Consulta, quello di incidere sulla quantificazione del tetto, il quale non può legittimamente comportare una duratura diminuzione della retribuzione di alcun magistrato "e, a questo fine, deve necessariamente essere commisurato alla retribuzione complessiva del primo presidente della Corte di cassazione", cioè del magistrato in ruolo di livello più elevato, che rappresenta il parametro per l’individuazione del "tetto retributivo” da parte di un d.P.C.m., previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
In attesa di un nuovo intervento legislativo, il parametro retributivo da assumere è quello fissato nel d.P.C.m. 23 marzo 2012, integrato dalla circolare n. 3/2014 della Funzione pubblica, che per il 2014 indicava in 311.658,53 euro il trattamento del primo presidente della Cassazione.