- 24-07-2025
Con la sent. n. 123 viene dichiarata incostituzionale una disposizione contenuta nel cosiddetto "correttivo alla riforma Cartabia” che escludeva l’efficacia retroattiva del mutamento del regime di procedibilità con riferimento al reato di atti persecutori (cd. "stalking”) connessi al delitto di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede, mantenendo conseguentemente la procedibilità d’ufficio e non a querela della persona offesa.
La Corte ha ritenuto che questa previsione, pur configurandosi come una deroga al principio generale – di matrice sia interna che internazionale – della retroattività della legge penale più favorevole, non superasse nel caso di specie il vaglio di ragionevolezza. La disposizione censurata, infatti, non è stata ritenuta proporzionata rispetto all’esigenza di tutelare altri interessi costituzionalmente rilevanti che avrebbero potuto giustificare la deroga, finendo con ciò per violare, in particolare, l’art. 3 Cost. In definitiva, secondo la stessa Consulta la disciplina censurata comportava «un sacrificio netto dell’interesse dell’imputato che abbia commesso il fatto prima della modifica normativa a un trattamento uguale a quello di chi abbia commesso un fatto analogo dopo tale modifica, nonché del suo interesse all’applicazione di una disciplina che il legislatore reputa oggi proporzionata rispetto al complesso degli interessi in gioco. E ciò senza che tale sacrificio possa dirsi funzionale a tutelare controinteressi di rango costituzionale della persona offesa (la quale, anzi, rischia di subire addirittura un pregiudizio dalla disciplina in parola), né altri apprezzabili interessi collettivi – del resto, neppure evocati dalla difesa statale».
La Corte ha infine individuato il nuovo dies a quo di decorso del termine per la presentazione della querela e di quello per l’acquisizione della stessa da parte dell’autorità giudiziaria nella data di pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale.