La sent. n. 94 si fonda sulla riconosciuta peculiarità dell’assegno ordinario d’invalidità, destinato a soggetti che, per riduzione della capacità lavorativa, non sono in grado di maturare una provvista contributiva adeguata. Tale trattamento ha sempre avuto una connotazione mista (previdenziale e assistenziale), giustificata dallo stato di bisogno del beneficiario e finanziata con risorse pubbliche.
La Corte ha ritenuto irragionevole e discriminatoria l’assimilazione dell’assegno alle pensioni ordinarie interamente contributive, considerando che tale assimilazione trascura la funzione compensativa e solidaristica dell’istituto. Ha altresì evidenziato che la mancata integrazione al minimo può condurre, per soggetti in età lavorativa, a situazioni di grave vulnerabilità economica, non compensabili da altri strumenti assistenziali (come assegno sociale o assegno d’inclusione), spesso non accessibili o non cumulabili.
Dato l’impatto finanziario della decisione, la Corte ha chiarito che gli effetti della pronuncia decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale. Pertanto, è dichiarata, con effetto dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 16, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nella parte in cui non esclude, dal divieto di applicazione dell’integrazione al trattamento minimo, l’assegno ordinario di invalidità liquidato interamente con il sistema contributivo.