Nella sent. n. 83 la Corte acconsente alle ragioni dell’inasprimento sanzionatorio operato dal legislatore, che ha trasformato lo sfregio e la deformazione del volto da circostanze aggravanti del reato di lesione a fattispecie delittuosa autonoma, ritenendolo rispondente «a una valida ratio di tutela della persona», attesa la dimensione relazionale e identitaria del volto di ciascuno»; mentre dichiara fondate le doglianze dei rimettenti relative all’eccessiva rigidità dell’inasprimento sanzionatorio operato dalla norma oggetto di censura.
Rifacendosi alla propria giurisprudenza, essa ribadisce la necessità di una "valvola di sicurezza” che consenta al giudice di moderare l’applicazione di pene edittali di eccezionale asprezza, onde evitare che – come nel caso di specie – esse «risultino sproporzionate rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto, quindi contrarie al principio di personalizzazione e inidonee alla funzione rieducativa».
Inoltre, la Corte ritiene fondate le questioni concernenti la perpetuitĂ della pena accessoria, considerando una tale misura priva di giustificazione, una volta riconosciuta la necessitĂ di una modulazione della pena principale.
Da ciò l’illegittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies del codice penale, per violazione degli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, della Costituzione, nella parte in cui:
1. al primo comma, non prevede che la pena sia ridotta fino a un terzo quando, per natura, mezzi, modalità dell’azione o per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità ;
2. al secondo comma, stabilisce l’interdizione perpetua dai pubblici uffici come automatica («comporta l’interdizione perpetua»), invece di prevederla in forma facoltativa («può comportare l’interdizione»).
- 20-06-2025