- 20-06-2025

Nella sent. n. 83 la Corte acconsente alle ragioni dell’inasprimento sanzionatorio operato dal legislatore, che ha trasformato lo sfregio e la deformazione del volto da circostanze aggravanti del reato di lesione a fattispecie delittuosa autonoma, ritenendolo rispondente «a una valida ratio di tutela della persona», attesa la dimensione relazionale e identitaria del volto di ciascuno»; mentre dichiara fondate le doglianze dei rimettenti  relative all’eccessiva rigiditĂ  dell’inasprimento sanzionatorio operato dalla norma oggetto di censura. 
Rifacendosi alla propria giurisprudenza, essa ribadisce la necessitĂ  di una "valvola di sicurezza” che consenta al giudice di moderare l’applicazione di pene edittali di eccezionale asprezza, onde evitare che –  come nel caso di specie – esse «risultino sproporzionate rispetto alla gravitĂ  oggettiva e soggettiva del fatto, quindi contrarie al principio di personalizzazione e inidonee alla funzione rieducativa».
Inoltre, la Corte ritiene fondate  le questioni concernenti la perpetuitĂ  della pena accessoria, considerando una tale misura priva di giustificazione, una volta riconosciuta la necessitĂ  di una modulazione della pena principale.
Da ciò l’illegittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies del codice penale, per violazione degli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, della Costituzione, nella parte in cui:
1.    al primo comma, non prevede che la pena sia ridotta fino a un terzo quando, per natura, mezzi, modalitĂ  dell’azione o per la particolare tenuitĂ  del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entitĂ ;
2.    al secondo comma, stabilisce l’interdizione perpetua dai pubblici uffici come automatica («comporta l’interdizione perpetua»), invece di prevederla in forma facoltativa («può comportare l’interdizione»).