La sent. n. 82 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità riguardante la normativa della Regione Abruzzo che prevede la ripartizione dei seggi tra le associazioni venatorie territoriali tramite il metodo D’Hondt, in base al numero complessivo dei cacciatori residenti a livello provinciale.
La Corte chiarisce che la legge statale che impone la garanzia di un "adeguato grado di rappresentatività” per ciascuna associazione venatoria, costituisce uno standard minimo e inderogabile di tutela ambientale, rientrante nella competenza esclusiva statale (art. 117, c. 2, lett. s), Cost.). Tale principio si applica anche alla composizione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia, che devono includere in modo paritario rappresentanti delle organizzazioni agricole, delle associazioni venatorie riconosciute, delle associazioni ambientaliste e degli enti locali. Si precisa inoltre che:
∙ la rappresentatività va valutata tra categorie, non tra singole associazioni;
∙ la «piena rappresentatività dell’organo di gestione» non significa che ogni singola associazione locale debba ottenere una rappresentanza proporzionale al numero dei propri iscritti, andando invece intesa come la necessità che i diversi orientamenti in materia di gestione del territorio siano adeguatamente rappresentati e possano confrontarsi all’interno dell’organo, secondo il bilanciamento tra categorie di soggetti stabilito dal legislatore statale; ∙ il grado di rappresentatività dell’organo direttivo va dunque valutato in relazione all’equilibrio tra le diverse categorie di associazioni, e non al peso numerico delle singole realtà associative.
∙ una volta garantita la piena rappresentatività dell’organo, il legislatore regionale gode di ampia discrezionalità nella scelta della formula elettorale ritenuta più idonea;
∙ spetta alla Regione individuare, tra le diverse opzioni possibili, il punto di equilibrio più opportuno tra le molteplici finalità proprie di un sistema elettorale;
∙ non è richiesto un criterio proporzionale agli iscritti né un rappresentante per ogni associazione;
∙ il carattere «unitario» dell’organo non implica necessariamente che i componenti di esso debbano essere individuati in applicazione di un unico criterio selettivo, potendo dunque il criterio selettivo dei membri essere plurimo.