Nella sentenza n. 53 la Corte incentra la propria attenzione sul disposto indubbiato «[n]ella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di sostituire, anziché di aggiungere o di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore di età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto e i genitori biologici dell’adottato siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale».
Le ragioni dell’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale (dell’art. 299, 1° c., cod. civ.), sollevate in riferimento agli articoli 2 e 3, 1° c., della Costituzione vengono rinvenute nel solco tracciato dalla stessa giurisprudenza costituzionale che nel tempo ha delineato la fisionomia giuridica del diritto all’identità personale.
Nello specifico, a rendere «non irragionevole» la scelta legislativa di escludere la possibilità di sostituire – e dunque cancellare – il cognome originario dell’adottato, che per almeno diciotto anni ha costituito un elemento distintivo della sua identità personale, è, oltre al potenziale rischio di condizionamenti da parte dell’adottante, la rilevanza attribuita alla duplice funzione, identificativa e identitaria, del cognome, «intorno al quale, unitamente al prenome, si stratifica nel tempo il diritto all’identità personale». Per cui una lesione del diritto all’identità personale si verificherebbe proprio se si accogliesse la questione di legittimità sollevata. Inoltre, non viene rilevata alcuna irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell’adozione piena del minore d’età.
La Corte chiarisce infine che l’interesse dell’adottato a cancellare il cognome che testimonia la propria origine naturale, qualora percepito come pregiudizievole, può trovare tutela in altre disposizioni dell’ordinamento (in partic. nell’art. 89, 1° c., del d.P.R. n. 396 del 2000).