Nella sentenza n. 44 del 2025 oggetto del sindacato di costituzionalitĂ sono state alcune disposizioni introdotte in sede di conversione di decreti-legge, relative alla disciplina dei contributi pubblici destinati alle emittenti televisive e radiofoniche locali. La Corte ha ritenuto non fondate le questioni sollevate, rigettando tutte le questioni prospettatele. La decisione offre spunti di sicuro interesse, in particolare per quanto riguarda:
a) il tema delle fonti del diritto
- gli emendamenti alla legge di conversione del decreto-legge «devono riguardare lo stesso oggetto di quest’ultimo, a pena di illegittimità costituzionale». Nel caso analizzato, la disposizione contestata non risulta estranea alla materia del decreto-legge, poiché si collega ad altre misure dello stesso decreto e rientra quindi nel perimetro della ratio complessiva;
- nei decreti-legge a contenuto plurimo (ad es. come i "milleproroghe”), la coerenza va valutata in base alla ratio unitaria del decreto (ad es. intervenire con urgenza su scadenze o situazioni che richiedono soluzioni temporanee);
- il rinvio recettizio comporta la trasformazione della norma richiamata in norma primaria solo quando il legislatore esprime chiaramente la volontà di incorporarla. Nel caso di specie, tale volontà è risultata evidente dalla formula testuale usata: «da intendersi qui integralmente riportato», che indica l’intenzione di dare valore e forza di legge alle norme regolamentari. Pertanto, si è avuta una novazione della fonte, che ha innalzato il regolamento a norma primaria;
- la legificazione ha effetti stabili e pro futuro (garantendosi con ciò coerenza e linearità dell’ordinamento) quando, in particolare, il richiamo al regolamento è testualmente separato dalla parte transitoria riferita al l'annata di riferimento e dai lavori preparatori emerge la volontà di rendere legislativi determinati aspetti;
- la disposizione di interpretazione autentica è quella che, «qualificata formalmente tale dallo stesso legislatore, esprime, anche nella sostanza, un significato appartenente a quelli riconducibili alla previsione interpretata secondo gli ordinari criteri dell’interpretazione della legge». Nel caso in esame, il legislatore ha chiarito che il richiamo al d.P.R. contenuto nel decreto-legge ha attribuito forza di legge a tutte le disposizioni regolamentari, sin dalla sua entrata in vigore (non del regolamento). Si tratta, dunque, di una norma genuinamente interpretativa, che esplicita un significato già sostenuto (spec. da parte della giurisprudenza amministrativa), e non introduce innovazioni normative.
b) con riguardo, poi al tema del pluralismo informativo, la Corte chiarisce che:
- il meccanismo dello "scalino preferenziale”, di per sé, non incide irragionevolmente sul principio della concorrenza. Infatti, il principio concorrenziale non può essere inteso semplicisticamente come necessaria apertura del mercato al maggior numero possibile di operatori; inoltre, tra le finalità della tutela della concorrenza vi sono anche l’efficienza economica e la promozione dell’innovazione e il benessere del consumatore;
- il meccanismo dello "scalino preferenziale” mira a superare la logica del mero sostentamento economico delle numerose emittenti televisive locali e punta, piuttosto, al miglioramento della qualità dell’informazione e all’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative, oltre che al sostegno dell’occupazione delle imprese economicamente stabili e capaci di affrontare il mercato, in piena coerenza con gli obiettivi individuati dallo stesso legislatore al momento dell’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione;
- la ricchezza informativa si accompagna a una crisi di qualità : la rete diffonde facilmente contenuti non verificati, polarizzati o dannosi, in assenza di filtri editoriali. La vera sfida odierna del pluralismo dell’informazione, tutelato dalla Costituzione e dalle Carte europee, è quindi la tutela della qualità , non la mera moltiplicazione delle voci.
- in un ambiente in cui sono prodotte e distribuite quantità enormi di informazioni, che espongono il cittadino a un vero e proprio sovraccarico mediatico, occorre tutelare e promuovere «la qualità della comunicazione». Quest’ultima, anche e soprattutto nei media tradizionali, può essere assicurata «dando risalto alla funzione dei giornalisti operanti entro strutture dotate di una consistenza organizzativa e tecnologica tale da permettere il vaglio critico delle notizie, le inchieste e le analisi».