Nella sentenza n. 49 la Corte costituzionale consolida il proprio orientamento giurisprudenziale che considera l’IMU una imposta sul patrimonio immobiliare, avente «come presupposto il possesso, la proprietà o la titolarità di altro diritto reale in relazione a beni immobili», che «riveste la natura di imposta reale e non ricade nell’ambito delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito». La Corte ribadisce anche che spetta al legislatore, «nell’ambito della sua discrezionalità e nei limiti della non palese irragionevolezza», la decisione in merito a eventuali esenzioni o agevolazioni relative a tale imposta.
Nello specifico, la Corte giudica non irragionevole la scelta legislativa di equiparare il trattamento ai fini IMU dei beni immobili aziendali destinati alla vendita (i cosiddetti beni-merce) a quello dei beni strumentali. In entrambi i casi, infatti, è l’imprenditore a scegliere liberamente la destinazione dell’immobile e a mantenerne il possesso, conservando il pieno esercizio delle relative prerogative. La Consulta ritiene altresì infondata la lamentata disparità di trattamento derivante dai cambiamenti normativi nel tempo, affermando che il solo trascorrere del tempo può giustificare una disciplina diversa.
Di qui la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale di una norma recata dalle "Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.