- 22-03-2025

Con la sentenza n. 33, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 29-bis, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), per violazione degli artt. 2 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della CEDU. La norma è stata censurata nella parte in cui escludeva le persone singole residenti in Italia tra i soggetti legittimati a presentare la dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero residente all'estero ed a richiedere al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione.
Nel definire l'oggetto del giudizio, la Corte precisa  che la questione riguarda esclusivamente le persone con stato libero, ossia non coniugate, e non quelle che fanno parte di un'unione civile.
Nel merito, l'attenzione viene concentrata su "due tipi di interessi":

a) quello delle persone singole che aspirano a diventare genitori adottivi; 
b) quello del minore, che rappresenta il fulcro dell’istituto dell’adozione.

a)    Con riferimento all'interesse delle persone singole, si chiarisce che le scelte orientate alla costituzione di vincoli genitoriali sono ascrivibili all’ampio contenuto della libertĂ  di autodeterminazione. Autodeterminazione che, precisa la Corte, in tanto può far valere la propria vis espansiva, in quanto si opponga a scelte legislative che, avendo riguardo al complesso degli interessi implicati, risultino irragionevoli e non proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito (da cui l’ammissibilitĂ  della previsione di divieti assoluti solo quando rappresentano l'unico mezzo per tutelare altri interessi di rango costituzionale).

b)    Con riguardo all'interesse del minore, poi, il giudice costituzionale rileva che la disciplina censurata si riverbera sul diritto alla vita privata in senso ampio considerato, ovvero inteso come libertĂ  di autodeterminazione ed al contempo quale disponibilitĂ  ad adottare minori stranieri in condizioni di disagio. 

Su questa base, dell’adozione internazionale viene valorizzato l’insito legame tra la libertà delle persone singole di autodeterminazione e la finalità di solidarietà sociale, andando le aspirazioni alla genitorialità a beneficio di bambini o ragazzi che già esistono e necessitano di protezione.

E' pur sempre, poi, "guardando” alla giurisprudenza di Strasburgo che la Corte individua nella capacitĂ  di garantire agli stessi minori stranieri abbandonati residenti all’estero "un ambiente stabile e armonioso" la condicio sine qua non per il loro accoglimento in Italia. Considerato, quindi, che anche le persone singole sono idonee a offrire un siffatto ambiente, il divieto insuperabile per esse di accedere a tale adozione viene ritenuto non rispondente ad alcuna "esigenza sociale pressante", finendo con ciò per determinare – nell’attuale contesto giuridico-sociale – una interferenza non necessaria in una societĂ  democratica. 

Di qui la conclusione per cui "Alla luce, dunque, del complesso degli interessi implicati e dello stesso scopo dell’istituto dell’adozione internazionale, la scelta operata dal legislatore con l’art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983 risulta non necessaria in una società democratica, in quanto non conforme al principio di proporzionalità, e determina la lesione della vita privata e dell’autodeterminazione orientata a una genitorialità ispirata al principio di solidarietà”.