Con la sent. n. 27 del 2025 la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, relative alla mancata previsione di un trattamento sanzionatorio differenziato per le diverse fattispecie astratte disciplinate dall’art. 5, comma 8-bis, del Testo unico sull’immigrazione ((a) contraffazione o alterazione di un titolo di soggiorno o di ingresso; (b) contraffazione o alterazione di un diverso documento al fine di determinare il rilascio di un documento di soggiorno o di ingresso; (c) utilizzazione di uno dei documenti contraffatti o alterati appartenenti alle categorie (a) e (b)) .
Nello specifico, il rimettente aveva contestato l’assenza di una pena ridotta di un terzo per l’utilizzazione di un documento contraffatto o alterato da altri, ritenendola una condotta meno grave rispetto alla falsificazione o alterazione diretta di un titolo di soggiorno o di un documento utilizzato per ottenerlo. La Corte ha invece ritenuto la scelta legislativa di assoggettare tutte e tre le fattispecie alla medesima cornice edittale non irragionevole e nemmeno sproporzionata, non palesandosi, esse, sin già nella loro dimensione astratta, «evidentemente» connotate da disvalore tanto differente da rendere necessaria la previsione di diverse cornici edittali.
Quanto, poi, al profilo della "progressione criminosa tra le condotte", la Corte ha respinto l’argomento del rimettente, ritenendo (all'opposto di quanto da questi prospettato) che il pericolo per il bene giuridico protetto derivi prima ancora che dalla sua contraffazione o alterazione dalla presentazione del documento falsificato alle autorità di polizia, potendo l’ottenimento di un titolo di soggiorno in assenza dei requisiti di legge (con conseguente pregiudizio per l’ordinata gestione dei flussi migratori) concretizzarsi solo attraverso tale atto. Inoltre, non è stata nemmeno ravvisata la violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto ai tertia comparationis evocati dal rimettente, in ragione della particolare natura dei documenti in questione, ritenuti diversi per funzione e rilevanza rispetto alla generalità dei documenti amministrativi.
Dalla non fondatezza delle censure sollevate in riferimento al principio di uguaglianza è stata desunta anche la non fondatezza di quelle relative alla funzione rieducativa della pena "del resto svolte dal rimettente in chiave meramente ancillare rispetto alle prime".