- 08-03-2025

Nella sent. n. 24 del 2025 la Corte ha dichiarato l’illegittimitĂ  della preclusione automatica, prevista per legge, alla concessione di permessi premio a imputati o condannati per reati commessi durante l’esecuzione della pena, prima che siano trascorsi due anni.  

Essa ha ribadito che la presunzione di non colpevolezza sancita dall’art. 27, secondo comma, della Costituzione si estende a tutti i procedimenti giudiziari in cui un fatto di reato addebitato alla persona in un processo penale possa assumere rilevanza, ma non sia stato ancora accertato in via definitiva. Ciò implicando un divieto generale "di considerare quello stesso individuo colpevole del reato a lui ascritto dal pubblico ministero”. Principio, questo, evidenzia la Corte, che deve valere  "nell’ambito di qualsiasi procedimento giudiziario parallelo allo stesso procedimento o processo penale, sino a che la colpevolezza sia stata giudizialmente accertata, in via definitiva, nella sede sua propria”.

Da qui il contrasto tra tale principio e l’obbligo, imposto al giudice (nella fattispecie, al magistrato di sorveglianza), di adottare un provvedimento sfavorevole nei confronti dell’interessato per il solo fatto che questi sia stato imputato di un reato da parte del pubblico ministero. Una simile previsione impone infatti al giudice di "presumere colpevole” l’imputato, privandolo di qualsiasi margine di autonoma valutazione sulla fondatezza della notitia criminis e, "soprattutto”, impedendogli di ascoltare l’imputato e il suo difensore e di tenere conto delle loro deduzioni circa l’effettiva commissione del fatto; ma anche di valutare di questo la rilevanza rispetto al thema decidendum nel singolo procedimento, con «conseguente, indiretto, vulnus allo stesso diritto di difesa dell’interessato, legato a doppio filo alla presunzione di innocenza».

La Corte rileva inoltre il contrasto del medesimo automatismo preclusivo con la necessaria finalitĂ  rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma, Cost., evidenziando altresì l’importanza per il giudice di poter valutare liberamente le evidenze relative alle condotte in questione, senza essere vincolato dalle valutazioni su di esse compiute da un pubblico ministero, nĂ© a quelle contenute in una decisione giudiziaria non ancora definitiva. Ancora, viene rimarcato come tale automatismo contrasti con la finalitĂ  rieducativa della pena, sancita dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione; sottolineandosi, altresì,  l’importanza di garantire al giudice la libertĂ  di valutare autonomamente le prove relative alle condotte contestate, senza essere vincolato nĂ© dalle conclusioni del pubblico ministero nĂ© da pronunce giudiziarie non ancora definitive, come pure il concreto rilievo del fatto, giudizialmente accertato in altra sede, ai fini della specifica decisione affidatagli.