Nella sent. n. 23 del 2025 il sindacato del giudice costituzionale verte sull’istituto del  «[p]ercorso di rieducazione del minore», che, come essa stessa rileva, contempla un’inedita forma di rottura della sequenza reato-pena (diversion): "diversione” che avvenendo con l’estinzione del reato "per l'esito positivo di un programma", si configura come "una prova, anche se di connotati peculiari”.
La Corte si focalizza su un aspetto "specifico e tuttavia essenziale”, ovverosia la composizione del giudice investito della procedura (ritenendo che invece, per gli aspetti ulteriori, la norma censurata si presti ad un’interpretazione costituzionalmente orientata) e, ricorrendo ad una pronuncia sostitutiva, dichiara l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui indica «giudice per le indagini preliminari», anziché «giudice dell’udienza preliminare. Secondo la Corte, infatti, per perseguire l’obiettivo, stabilito dal legislatore, di favorire l’uscita del minore dal circuito penale nel modo più rapido possibile, è essenziale che l’organo giudicante abbia una composizione "pedagogicamente qualificata” e che vi sia un costante supporto da parte dei servizi minorili. Condizioni in mancanza di cui la prova del giovane perderebbe la propria funzione costituzionale, finendo per piegarsi verso la logica, "completamente diversa”, dell’istituto per adulti.