- 08-02-2025

Con la sentenza n. 10 del 2025, la Corte ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione della legge 26 giugno 2024, n. 86, recante le Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Legge risultante, nel suo assetto attuale, profondamente modificata dalla sentenza della stessa Corte costituzionale n. 192 del 2024, avendone questa alterato l’impianto originario attraverso interventi caducatori, sostitutivi e additivi, oltre che con decisioni interpretative di rigetto.

Affermata l’assenza di cause di inammissibilità ai sensi dell’art. 75, secondo comma, della Costituzione, la Corte, mentre da un lato giudica il quesito referendario formalmente lineare, dall’altro lo ritiene, invece, sotto il profilo sostanziale, privo della necessaria chiarezza quanto al suo oggetto. In particolare, essa reputa il contenuto della normativa risultante dalle modifiche apportate di difficile individuazione, con conseguenze rilevanti:

  • da un lato, sulla comprensibilità del quesito da parte del corpo elettorale, che si troverebbe in una condizione di disorientamento rispetto sia ai contenuti sia agli effetti della consultazione, compromettendo così l’espressione di un voto libero e consapevole, principio garantito dalla chiarezza e semplicità del quesito referendario;
  • dall’altro, sulla finalità stessa della richiesta referendaria, poiché l’incertezza dell’oggetto del quesito rischierebbe di trasformare il referendum in un voto di principio sul regionalismo differenziato, piuttosto che su una specifica normativa modificata da una sentenza della Corte.

Da cui il rischio inammissibile di radicalizzazione del dibattito attorno all’autonomia differenziata come tale e, in definitiva, attorno all’art. 116, terzo comma, della Costituzione, "che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale".