La Corte costituzionale con la sent. n. 160 del 2024 ha, da un lato, dichiarato inammissibili talune questioni di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, del d.p.r. n. 380 del 2001, e, dall'altro, invece, dichiarate fondate le questioni riguardanti sia l’art. 7, comma, 3 della legge n. 47 del 1985 (assumnendo la norma censurata come diritto vivente), nella parte in cui non faceva salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire; sia, in via conseguenziale, l’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui non faceva salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.
Sono stati pertanto accolti i dubbi i dubbi di legittimità costituzionale prospettati dall’ordinanza di rimessione in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 Cost. sul presupposto dell'irragionevolezza del sacrificio imposto dal meccanismo acquisitivo a titolo originario al creditore «che abbia iscritto ipoteca sul fondo, senza avere alcuna responsabilità nell’abuso edilizio e nel conseguente rifiuto di procedere alla demolizione dell’immobile», nella sostanza affermando che la presenza di un abuso edilizio non incide sulla circolazione e sulla tutela del credito ipotecario, le cui facoltà si fanno valere in sede espropriativa, nel rispetto della normativa urbanistico-edilizia.