Nella sent. n. 151 del 2024, la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale a) dell’art. 75 della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 nella parte in cui dispone che «[s]ono conferiti, inoltre, alle province e città metropolitane le funzioni e i compiti amministrativi attribuiti alla Regione dall’articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006» e b) dell’art. 130, comma 1, lettera a), della medesima legge (peraltro, nel testo abrogato dall’art. 4, comma 1, lett. e), della legge della Regione Sardegna 19 dicembre 2023, n. 17), limitatamente alle parole «e, qualora l’edificio ricada nelle ipotesi di esclusione di cui all’articolo 10-bis, comma 2, della legge regionale n. 45 del 1989, e in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, anche senza il mantenimento di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente». L’invalidità di queste norme della legislazione sarda sono motivate dalla Corte, per a), sull’assunto che la possibilità di delegare un potere, come quello ex art. 250 cod. ambiente, in alcun modo assimilabile alle funzioni amministrative nominativamente indicate dall’art. 22 del d.l. n. 104 del 2023, come conv., avrebbe richiesto una previsione esplicita; del resto, la scelta di attribuire alla regione il potere di sostituire il comune che non supplisce all’inadempimento del responsabile della contaminazione concorda con la generale preferenza, desumibile dalla disciplina dei procedimenti di bonifica ex artt. 242, 242-bis e 249 cod. ambiente, per la competenza regionale. Per b), la Corte rileva che la previsione impugnata ha, tra l’altro, reintrodotto la possibilità di ricostruire i fabbricati siti nella fascia di trecento metri dalla linea di battigia marina anche senza conservarne la conformazione e l’ubicazione originarie («sagoma, prospetti, sedime»), esentando, altresì, dall’obbligo di mantenere le «caratteristiche planivolumetriche e tipologiche» dell’edificio demolito. Inoltre, la stessa disposizione ha precisato che tale facoltà opera nonostante il fabbricato da demolire e ricostruire ricada in un’area tutelata dal piano paesaggistico e dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per la Corte, dunque, l’integrazione apportata dalla disposizione in scrutinio riproduce, sia pure con una formulazione più particolareggiata, il contenuto precettivo dell’inciso oggetto dell’ablazione operata con la sentenza n. 24 del 2022, così ripristinando gli effetti di una norma già ritenuta lesiva della Costituzione.
- 26-07-2024