Con la sent. n. 41 del 2024, la Corte costituzionale risponde ai dubbi di legittimità posti a fronte del diritto alla difesa in giudizio ed al contraddittorio, oltre che dell’eguaglianza di trattamento tra imputato e indagato, originati dalla mancata previsione (art. 411, comma 1-bis, c.p.), anche a favore di quest’ultimo, della possibilità di rinunziare alla prescrizione in caso di archiviazione per estinzione del reato, dal momento che non è stabilito che il pubblico ministero debba darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, come invece avviene nell’archiviazione disposta per particolare tenuità del fatto. I dubbi sono, però, ritenuti infondati in quanto la Corte non ritiene che l’invocato diritto debba estendersi anche alla fase precedente all’esercizio dell’azione penale e, più precisamente, che debba riconoscersi in via generale alla persona sottoposta a indagini la titolarità di un diritto costituzionale ad un accertamento negativo su qualsiasi notitia criminis che la riguardi, da realizzare già nello specifico contesto del giudizio penale: un diritto, insomma, che implichi la possibilità di “difendersi provando” contro accuse mai formalizzate dal pubblico ministero. Secondo la Corte, inoltre, la sostenibilità costituzionale di tale conclusione riposa sull’assunto secondo cui né dalla mera iscrizione nel registro delle notizie di reato, né dal provvedimento di archiviazione, dovrebbe essere fatta discendere alcuna conseguenza giuridica pregiudizievole per l’interessato.
In quest’ultima ottica, la Corte manifesta consapevolezza della gravità dei danni che, pur sussistendo i rimedi ordinari a difesa della reputazione, possono essere provocati alla reputazione delle persone – e, a cascata, alla loro vita familiare, sociale, professionale – a seguito della indebita propalazione, in particolare tramite la stampa, internet e i social media, della mera notizia dell’apertura di procedimenti penali nei loro confronti, così come di eventuali provvedimenti di archiviazione che diano comunque conto degli elementi a carico raccolti durante le indagini, pur concludendo poi nel senso della impossibilità di esercitare l’azione penale, per intervenuta prescrizione o per altra delle ragioni indicate dagli artt. 408 e 411 cod. proc. pen. Laddove è considerata ricadere in una specifica patologia la richiesta di archiviazione per prescrizione, le cui argomentazioni sono integralmente fatte proprie dal GIP, nella quale si indugia – prima della constatazione del decorso del termine prescrizionale dal momento di commissione del fatto descritto dalla notitia criminis – in apprezzamenti sulla fondatezza della notitia criminis stessa. Simili provvedimenti – sottolinea la Corte – privi del carattere di neutralità che li dovrebbe caratterizzare, sono comunque gravemente lesivi dei diritti fondamentali della persona interessata; e dovrebbero pertanto essere rimossi attraverso appropriati rimedi processuali.