SENTENZA N. 150
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Giovanni AMOROSO;
Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Umbria 6 marzo 1998, n. 9, recante «Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.)», nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge della Regione Umbria 1° agosto 2024, n. 12 (Assestamento del Bilancio di previsione della Regione Umbria 2024 - 2026 con modifiche di leggi regionali), e dell’art. 1 della legge della Regione Umbria 21 dicembre 2022, n. 18 (Bilancio di previsione della Regione Umbria 2023-2025), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 15 gennaio 2025, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visto l’atto di intervento della Procura generale presso la Corte dei conti;
udito nella camera di consiglio del 22 settembre 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
deliberato nella camera di consiglio del 22 settembre 2025.
Ritenuto in fatto
1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 15 gennaio 2025 e iscritta al n. 31 reg. ord. del 2025, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Umbria 6 marzo 1998, n. 9, recante «Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.)», nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge della Regione Umbria 1° agosto 2024, n. 12 (Assestamento del Bilancio di previsione della Regione Umbria 2024 - 2026 con modifiche di leggi regionali). Ha, altresì, dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Umbria 21 dicembre 2022, n. 18 (Bilancio di previsione della Regione Umbria 2023-2025), nella parte in cui ha confermato, in ragione delle previsioni autorizzatorie contenute nella legge di bilancio di previsione, l’applicazione dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 anche nell’esercizio finanziario 2023.
Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 32, 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, quest’ultimo in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nonché all’art. 119, primo comma, della Costituzione.
2.– Il rimettente, dopo aver premesso che considera ormai acquisita la legittimazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, procede a illustrare l’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998.
Osserva che tale disposizione regola il finanziamento delle funzioni esercitate dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA), istituita e disciplinata dalla medesima legge regionale per dare applicazione alle disposizioni statali di riorganizzazione dei controlli ambientali, tra le quali in particolare quelle del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 1994, n. 61.
Aggiunge che, come chiarito dall’art. 15, comma 2, le risorse finanziarie dell’ARPA «risultavano costituite dalla dotazione finanziaria annualmente assegnata dalla Regione, di cui all’articolo 16, dai proventi derivanti dalle attività svolte sulla base delle convenzioni con gli enti locali (articolo 3, commi 2 e 3) e con le Unità sanitarie locali, (articolo 4, comma 3), nonché dalle entrate per prestazioni a favore di terzi (articolo 12, comma 2)».
Il rimettente rileva che le disposizioni della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 sono state successivamente adeguate alle previsioni della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), con un articolato intervento di modifica operato con la legge della Regione Umbria 16 luglio 2020, n. 7, recante «Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 (Norme sulla istituzione e disciplina dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.))». All’esito dell’intervento, risultava confermato il modello di finanziamento delle funzioni dell’Agenzia e nessuna modifica veniva apportata in tale occasione all’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998.
Infine, il giudice a quo fa presente che l’art. 16, comma 1, lettera k), della legge reg. Umbria n. 12 del 2024 ha integralmente sostituito l’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, individuando diverse fonti di finanziamento delle attività dell’ARPA. A seguito di tale novella legislativa, si è stabilito che tutte le funzioni e le attività dell’Agenzia «associate direttamente e indirettamente alla prevenzione collettiva e al controllo dei rischi sanitari, alla tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati, correlate all’erogazione dei LEPTA riconducibili ai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA)» siano finanziate mediante una quota del Fondo sanitario regionale.
3.– Secondo il rimettente, la modalità di finanziamento dell’ARPA prevista dall’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge reg. Umbra n. 12 del 2024, consentiva un trasferimento indistinto di risorse del suddetto Fondo sanitario «[i]n attesa della determinazione da parte dello Stato della quota del fondo sanitario nazionale da destinare al finanziamento delle agenzie regionali per la protezione ambientale» (così l’art. 16, comma 1). Tali risorse, infatti, erano volte a sostenere gli «oneri derivanti dall’attuazione della presente legge», e, pertanto, genericamente tutti i compiti assegnati all’Agenzia.
Il meccanismo, aggiunge il rimettente, «ha trovato conferma attraverso l’applicazione della citata disposizione nei successivi esercizi, ivi compreso l’esercizio 2023, in ragione delle previsioni autorizzatorie contenute nella legge di bilancio di previsione (per l’esercizio d’interesse, art. 1, l.r. 21 dicembre 2022, n. 18) e, conseguentemente, delle specifiche indicazioni contenute nel correlato bilancio finanziario gestionale di previsione adottato ai sensi dell’art. 39, co. 10, del d.lgs. n. 118/2011 (nella fattispecie, D.G.R. n. 1351 del 21 dicembre 2022)».
Il rimettente rileva anche che al modello generale di finanziamento così delineato si affiancava, quale eccezione alla regola, quello previsto all’art. 16, comma 2, della medesima legge reg. Umbria n. 9 del 1998, che prevedeva la destinazione di ulteriori risorse del bilancio regionale determinate dalla Giunta regionale e provenienti da ecotasse, fondi comunitari e statali, allo svolgimento di specifiche attività di competenza dell’ARPA. L’impianto trovava, quindi, conferma nell’art. 15, comma 2, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, che riepilogava le risorse finanziarie dell’Agenzia, costituite dalla dotazione finanziaria annualmente assegnata dalla Regione, di cui all’art. 16, e dai proventi derivanti dalle attività svolte sulla base delle convenzioni con enti locali, aziende sanitarie locali e altri soggetti pubblici e privati.
4.– Il giudice a quo, quindi, richiama la sentenza di questa Corte n. 1 del 2024, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione di legge della Regione Siciliana che, regolando le spese per il funzionamento all’ARPA locale, prevedeva che esse potessero trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale. Questa Corte ha ritenuto tale disposizione violativa dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011. Quest’ultima richiede, infatti, alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, stabilendo così le condizioni indefettibili nella individuazione e allocazione delle risorse inerenti ai livelli essenziali delle prestazioni, al fine di evitare opacità contabili e indebite distrazioni dei fondi destinati alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
Il rimettente ritiene che l’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del1998 sia anch’esso in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, «in via sopravvenuta, essendo il testo normativo antecedente non solo al d.lgs. n. 118/2011, ma anche alla riforma costituzionale del 2001». Ciò in quanto «la norma regionale, invero, non introduce – né avrebbe potuto, quando fu adottata – alcuna correlazione tra il trasferimento di risorse del fondo sanitario all’A.R.P.A. e l’erogazione di servizi afferenti ai LEA» e, pertanto, altererebbe – come detto in via sopravvenuta – la struttura del perimetro sanitario prescritto dal citato art. 20, vanificando, così, gli obiettivi di armonizzazione contabile che la disposizione normativa statale persegue.
5.– Il giudice a quo prospetta anche la violazione, in relazione alla medesima norma interposta, dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e osserva che tra essi «è da annoverarsi il diritto alla salute, tutelato dall’art. 32 Cost.». La destinazione a generico favore del funzionamento dell’ARPA di risorse del perimetro sanitario sarebbe, in ultima analisi, suscettibile di pregiudicare l’effettiva erogazione dei LEA, minando la stessa tutela del diritto alla salute, distraendo ad altri fini risorse destinate alla sua garanzia.
6.– La sezione di controllo rimettente ritiene, poi, concretizzata la violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, a causa dell’ampliamento della capacità di spesa ordinaria, che deriverebbe dall’aver destinato risorse riservate ai LEA a finalità estranee al perimetro, che la Regione avrebbe dovuto soddisfare attraverso risorse ordinarie di bilancio.
7.– Non sarebbe, inoltre, possibile fornire una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, poiché la disposizione nulla prevede in ordine alla possibile correlazione tra il suddetto finanziamento e il perseguimento dei LEA, ovvero alle attività programmatorie e di rendicontazione che consentano di ritenere rispettato l’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.
8.– In punto di rilevanza, la Sezione di controllo deduce che le disposizioni censurate rappresentano il fondamento normativo sulla base del quale la Regione Umbria nell’esercizio di riferimento ha disposto un trasferimento di euro 14.213.516,19 a valere su risorse del Fondo sanitario regionale, volte a sostenere in via generale e indistinta lo svolgimento delle funzioni assegnate all’ARPA. Qualora tali disposizioni fossero dichiarate costituzionalmente illegittime, ne risulterebbe «l’illegittimità della spesa disposta dalla Regione a favore di A.R.P.A. a valere su risorse del FSR e priva di correlazione con l’erogazione dei LEA, con conseguente esclusione dalle poste passive del perimetro sanitario» dell’importo trasferito per il 2023.
Aggiunge, inoltre, che dagli accertamenti istruttori è emersa la generica destinazione di dette risorse al funzionamento dell’ARPA. In particolare, il rimettente fa presente di avere attivato un contraddittorio sulla concreta destinazione del finanziamento disposto ai sensi delle disposizioni censurate e di avere ritenuto non convincenti le argomentazioni fornite dalla Regione Umbria, volte a dimostrare una sostanziale coincidenza tra il perseguimento istituzionale dei Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA) da parte dell’ARPA e la realizzazione dei LEA.
Non sarebbe, infine, rilevante che la Regione Umbria abbia stabilito in sede di rendiconto un accantonamento di importo pari al trasferimento di risorse del FSR disposto a favore dell’ARPA, cautelativamente previsto al fine di fare fronte al rischio del potenziale diniego di parifica del capitolo di spesa relativo all’ARPA. Neppure rileverebbero le modifiche apportate dalla legge reg. Umbria n. 12 del 2024 all’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 poiché tali modifiche, entrate in vigore il 3 agosto 2024, sarebbero prive di influenza sulla gestione e sui risultati dell’esercizio finanziario 2023.
9.– È intervenuto nel giudizio il Procuratore generale della Corte dei conti.
A sostegno dell’ammissibilità della propria partecipazione al giudizio, il pubblico ministero contabile rammenta il diritto degli organi dello Stato e delle regioni a intervenire nei procedimenti innanzi a questa Corte (art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»), secondo la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
L’interveniente richiama le pronunce di questa Corte nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, che hanno affermato l’ammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti (sentenze n. 184 e n. 90 del 2022) e rileva che l’esito del giudizio di legittimità costituzionale sarebbe suscettibile di incidere sul potere del PM contabile di agire in giudizio per la tutela degli interessi dell’intera collettività alla corretta gestione delle risorse pubbliche e, in particolare, sul potere di impugnare la decisione di parificazione del rendiconto generale regionale. Aggiunge che, se le Norme integrative consentono l’intervento nel giudizio costituzionale anche di soggetti terzi, a fortiori questo dovrebbe essere consentito per le parti originarie nel giudizio a quo. Richiama, inoltre, Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, sentenza 19 settembre 2024, n. 34, dalla quale si evincerebbe che il ruolo del PM contabile nel giudizio di parifica è un ruolo di garanzia nell’esclusivo interesse dell’ordinamento, senza che gli possa essere attribuito in alcun modo un profilo giurisdizionale.
Nel merito, l’interveniente condivide le considerazioni svolte dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti nell’ordinanza di rimessione.
Considerato in diritto
1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2023, con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 31 del 2025), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge reg. Umbria n. 12 del 2024. Ha, altresì, dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Umbria n. 18 del 2022, nella parte in cui, in ragione delle previsioni autorizzatorie contenute nella legge di bilancio di previsione, ha confermato l’applicazione del citato art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 anche nell’esercizio finanziario 2023.
Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 32, 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettere e) e m), Cost., quest’ultimo in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, nonché all’art. 119, primo comma, Cost.
Secondo il rimettente, la modalità di finanziamento dell’ARPA prevista dall’art. 16 della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge reg. Umbra n. 12 del 2024, consentiva un trasferimento indistinto di risorse del Fondo sanitario regionale, e pertanto genericamente per tutti i compiti assegnati all’Agenzia. Tale meccanismo ha trovato conferma attraverso l’applicazione della citata disposizione anche nell’esercizio finanziario 2023 in ragione delle previsioni autorizzatorie contenute nell’art. 1 della legge reg. Umbria n. 18 del 2022.
Le disposizioni censurate hanno consentito alla Regione Umbria, nell’esercizio di riferimento, di disporre il trasferimento di euro 14.213.516,19 a valere su risorse del Fondo sanitario regionale, volte a sostenere in via generale e indistinta lo svolgimento delle funzioni assegnate all’ARPA. Per tale ragione esse si porrebbero in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, «in via sopravvenuta, essendo il testo normativo antecedente non solo al d.lgs. n. 118/2011, ma anche alla riforma costituzionale del 2001».
Il rimettente, richiamata sull’argomento la sentenza di questa Corte n. 1 del 2024, sostiene che le disposizioni censurate altererebbero la configurazione del perimetro sanitario prescritto dal citato art. 20, che impone alle regioni un’esatta delimitazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del loro servizio sanitario, vanificando così gli obiettivi di armonizzazione contabile che la disposizione normativa statale persegue.
Il giudice a quo prospetta anche la violazione, in relazione alla medesima norma interposta, dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in quanto la destinazione a generico favore del funzionamento dell’ARPA di risorse del perimetro sanitario sarebbe suscettibile di pregiudicare l’effettiva erogazione dei LEA, minando la stessa tutela del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.
Si sarebbe anche concretizzata la violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, a causa dell’ampliamento della capacità di spesa ordinaria che deriverebbe dall’aver destinato risorse riservate ai LEA a finalità estranee al perimetro, che la Regione avrebbe dovuto soddisfare attraverso risorse ordinarie di bilancio.
2.– In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti.
Sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (art. 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a quo, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale. L’intervento di soggetti estranei al giudizio principale (art. 4, comma 3, delle Norme integrative) è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Come ripetutamente affermato da questa Corte avuto riguardo a questioni di legittimità costituzionale sottoposte nell’ambito di giudizi di parificazione, il Procuratore generale della Corte dei conti non è parte del giudizio a quo e non può ritenersi titolare di un interesse qualificato: pertanto il suo intervento non è ammissibile (sentenza n. 59 del 2024 e n. 39 del 2024, con allegata ordinanza letta all’udienza pubblica del 24 gennaio 2024).
Non sono, poi, pertinenti i precedenti di questa Corte richiamati nell’atto di intervento (sentenze n. 184 e n. 90 del 2022) che hanno ritenuto ammissibile l’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti, in quanto riguardano la diversa ipotesi di giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, nei quali il Procuratore generale della Corte dei conti era parte del giudizio ordinario dalla cui decisione traeva origine il conflitto. E la qualità di parte è dirimente.
3.– Sempre in via preliminare, questa Corte osserva che l’ordinanza di rimessione motiva adeguatamente sulla rilevanza delle questioni sottoposte. Il giudice a quo, infatti, all’esito di un ampio contraddittorio sul punto, ha rilevato che, in applicazione delle disposizioni censurate, la Regione Umbria aveva disposto un trasferimento di 14.213.516,19 euro nell’esercizio finanziario 2023 a valere su risorse del Fondo sanitario regionale, onde sostenere in via generale e indistinta lo svolgimento delle funzioni assegnate all’ARPA (sull’importanza di una accurata istruttoria in sede di giudizio di parifica sul finanziamento delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, si veda Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentenza 1° agosto 2025 n. 12).
Inoltre, come osservato dal rimettente, le modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge reg. Umbria n. 12 del 2024 all’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 non influiscono sulla rilevanza delle questioni sollevate nel giudizio a quo, poiché per la corretta determinazione del risultato di amministrazione dell’esercizio finanziario 2023 si applicano le previsioni vigenti pro tempore, tra le quali il menzionato art. 16, comma 1, nella sua formulazione oggetto di censura.
4.– Nel merito, la questione sollevata in riferimento alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in relazione alla norma interposta sul perimetro sanitario di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, è fondata.
5.– Vanno richiamate, al riguardo, le considerazioni già svolte da questa Corte nella sentenza n. 1 del 2024 riguardanti la norma interposta di cui all’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011. Essa richiede alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, «un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale», al dichiarato fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di programmazione finanziaria sanitaria. Per conseguire tale obiettivo, nello stesso comma 1 si prevede l’adozione di un’articolazione di capitoli di bilancio che consenta di garantire «separata evidenza» delle grandezze ivi tipizzate, la prima delle quali, nella sezione A) «[e]ntrate» (lettera a), indica il «finanziamento sanitario ordinario corrente quale derivante» dalle richiamate fonti di programmazione, cui corrisponde, alla lettera a) della sezione B) «[s]pesa», la «spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA [...]». Per il perimetro sanitario così portato ad evidenza, sono poi fissate specifiche regole contabili che, come precisa il successivo comma 2, sono volte a «garantire effettività al finanziamento dei livelli di assistenza sanitaria».
La sentenza n. 1 del 2024 ha, quindi, affermato che la disposizione della Regione siciliana in quell’occasione censurata, riguardante il meccanismo di funzionamento dell’ARPA locale, «nel prevedere che tutte le spese per il funzionamento dell’Agenzia potessero trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale, si pone in contrasto con la norma interposta di cui al menzionato art. 20, poiché, nel testo vigente ratione temporis, assegnava risorse all’ARPA in maniera indiscriminata, senza distinguere tra quelle necessarie a garantire le prestazioni afferenti ai LEA e quelle destinate a prestazioni dell’Agenzia di natura non sanitaria, come tali non finanziabili attraverso il Fondo sanitario regionale».
Questa Corte ha aggiunto che «l’assegnazione all’ARPA di funzioni non riferibili esclusivamente alla protezione dell’ambiente e riguardanti anche l’ambito sanitario non può giustificare il mancato rispetto della citata disciplina statale sul "perimetro sanitario”, che impone di individuare puntualmente le risorse destinate a garantire i LEA, a pena di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici».
6.– Tornando al presente giudizio, anche le disposizioni della legislazione della Regione Umbria oggetto di censura prevedono una assegnazione indiscriminata di risorse all’ARPA, senza distinguere tra quelle sanitarie – e, al loro interno, quelle necessarie a garantire le prestazioni afferenti ai LEA – e quelle destinate a prestazioni dell’Agenzia di natura non sanitaria, come tali non finanziabili attraverso il Fondo sanitario regionale.
Infatti, l’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, nel testo applicabile ratione temporis, aveva istituito per il finanziamento dell’ARPA un capitolo di spesa nel bilancio regionale, alimentato esclusivamente da una quota del Fondo sanitario regionale, per un importo inizialmente pari a 9 miliardi di lire.
L’art. 1 della legge reg. Umbria n. 18 del 2022, anch’esso censurato e riguardante il bilancio di previsione della Regione Umbria per il 2023, ha quantificato – in coerenza con il modello generale di finanziamento previsto dal menzionato art. 16, comma 1 – le somme da assegnare all’ARPA per l’esercizio finanziario 2023, ponendo tali somme a carico del Fondo sanitario regionale.
Dunque, le disposizioni censurate, prevedendo che tutte le spese per il funzionamento dell’Agenzia potessero trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale, senza differenziare le attività sanitarie da quelle ad esse estranee, hanno violato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, avuto riguardo all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.
Ne consegue la fondatezza della questione sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
7.– Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge reg. Umbria n. 12 del 2024, e dell’art. 1 della legge reg. Umbria n. 18 del 2022, nella parte in cui ha confermato l’applicazione del menzionato art. 16, comma 1, anche nell’esercizio finanziario 2023.
Restano assorbite le ulteriori questioni sollevate in riferimento agli artt. 32, 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettera m), Cost., quest’ultimo in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, nonché all’art. 119, primo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Umbria 6 marzo 1998, n. 9, recante «Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.)», nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lettera k), della legge della Regione Umbria 1° agosto 2024, n. 12 (Assestamento del Bilancio di previsione della Regione Umbria 2024 - 2026 con modifiche di leggi regionali);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Umbria 21 dicembre 2022, n. 18 (Bilancio di previsione della Regione Umbria 2023-2025), nella parte in cui ha confermato l’applicazione dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Umbria n. 9 del 1998 anche nell’esercizio finanziario 2023;
3) dichiara inammissibile l’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2025