SENTENZA N. 26
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Giovanni AMOROSO;
Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell’ordinanza della Corte di cassazione, prima sezione civile, 30 maggio 2024, n. 15159, promosso dalla Regione Calabria con ricorso notificato il 15 luglio 2024, depositato in cancelleria il 16 luglio 2024, iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi l’avvocato Antonio Lirosi per la Regione Calabria e gli avvocati dello Stato Cecilia De Nicola e Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025.
Ritenuto in fatto
1.– La Regione Calabria, con il ricorso iscritto al n. 1 del reg. confl. enti 2024, ha proposto conflitto di attribuzione fra enti, in relazione all’ordinanza della Corte di cassazione, prima sezione civile, 30 maggio 2024, n. 15159, chiedendo che si dichiari che non spetta allo Stato e, per esso, al giudice ordinario, il potere di disapplicare leggi regionali e, nello specifico, la legge della Regione Calabria 18 maggio 2017, n. 18 (Disposizioni per l’organizzazione del servizio idrico integrato).
Nel dedurre la lesione delle proprie funzioni legislative riconosciute dagli artt. 101, 102, 117, 121 e 134 della Costituzione, nonché dall’art. 16 della legge della Regione Calabria 19 ottobre 2004, n. 25 (Statuto della Regione Calabria), la ricorrente chiede anche l’annullamento della richiamata ordinanza della Corte di cassazione e degli «atti e provvedimenti consequenziali o comunque a essa connessi».
La Regione richiama l’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 e osserva che con tale disposizione il legislatore regionale ha scelto i tempi, le modalità e i limiti di subentro dell’Autorità idrica della Calabria (AIC) nei rapporti giuridici, attivi e passivi, delle autorità d’ambito territoriali ottimali (ATO). In particolare, la disposizione avrebbe chiarito «oltre ogni dubbio» che il precedente «subentro ponte» della Regione in tali rapporti giuridici, previsto dall’art. 47, comma 1, della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, recante «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011). Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002», era subordinato a una ricognizione da effettuare con delibera della giunta regionale, in ottemperanza a quanto previsto dal comma 3 dello stesso art. 47.
La Regione fa presente di aver esposto questa tesi con ricorso innanzi alla Corte di cassazione avverso la sentenza 8 febbraio 2017, n. 185 della Corte d’appello di Catanzaro, che non aveva accolto la tesi regionale.
La ricorrente sostiene che la Corte di cassazione, nel confermare sul punto la sentenza di appello, avrebbe disapplicato totalmente «la norma regionale del 2017».
2.– Così esposti i fatti che hanno condotto all’adozione dell’indicata ordinanza della Corte di cassazione, ritenuta lesiva della sfera di attribuzioni legislative che le spettano, la Regione fa presente che non intende contestare un errore di giudizio, né il modo con il quale il potere giurisdizionale è stato esercitato, ma esclusivamente «la sussistenza di un potere giurisdizionale che consentisse la disapplicazione/mancata applicazione di norma regionale». Sostiene, quindi, che vi sarebbero le condizioni per la proposizione di un conflitto su atti di natura giurisdizionale, venendo in rilievo, «da un lato, la radicale insussistenza del potere giurisdizionale che la Corte di Cassazione ha preteso di affermare ed esercitare in concreto, disapplicando/non applicando specifica previsione legislativa regionale; dall’altro, la conseguente palese interferenza che da una simile statuizione deriva nei confronti delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Regione ricorrente».
La Corte di cassazione, aggiunge la Regione Calabria, «non avendo il potere di disapplicare/non applicare tale previsione normativa», avrebbe esercitato un potere che ad essa non compete, in quanto non riconducibile alla giurisdizione. La denunciata disapplicazione inciderebbe sulla competenza legislativa garantita alle regioni dall’art. 117 Cost., nonché sul principio di cui all’art. 101, secondo comma, Cost., secondo il quale il giudice è soggetto soltanto alla legge e non può, pertanto, rifiutarsi di applicarla.
3.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
La difesa statale, in primo luogo, ripercorre in sintesi lo svolgimento del giudizio civile da cui ha avuto origine il conflitto, avviato il 20 maggio 2005 da Smeco srl che, in forza di un contratto di appalto del 28 settembre 2000, stipulato con il Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, aveva gestito il servizio integrato di conduzione, manutenzione, controllo e custodia degli impianti di depurazione e degli impianti di sollevamento delle reti fognarie in alcune aree della Regione Calabria. Smeco srl conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale ordinario di Catanzaro, l’Ufficio del suddetto Commissario e l’Ente d’ambito territoriale ottimale n. 1 della Calabria («ATO 1»), chiedendo, tra l’altro, il pagamento di talune somme. Il 22 dicembre 2011, Smeco srl notificava alla Regione Calabria un atto di citazione in riassunzione del processo in discorso, estendendo nei suoi confronti le domande già formulate contro l’Ufficio del Commissario e l’ATO 1. Ciò in quanto, nelle more del giudizio, era intervenuto l’art. 47, comma 1, della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, che aveva stabilito – in attuazione dell’art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», che ha soppresso le autorità d’ambito territoriali – che le funzioni di dette autorità , a decorrere dal 1° luglio 2011, fossero esercitate «senza necessità di atti amministrativi di conferimento» dalla Regione Calabria. La sentenza del Tribunale di Catanzaro del 21 febbraio 2013, confermata dalla Corte d’appello di Catanzaro con la sentenza n. 185 del 2017, dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio del Commissario delegato e condannava, in solido, la Regione Calabria e l’ATO 1 al pagamento delle somme richieste da Smeco srl.
Aggiunge la difesa statale che la Regione Calabria, nel ricorrere innanzi alla Corte di cassazione, aveva sostenuto, tra l’altro, che, come si evincerebbe anche dalla disciplina introdotta dalla legge reg. Calabria n. 18 del 2017, il subentro della Regione nei rapporti giuridici attivi e passivi di una ATO doveva intendersi subordinato al previo "filtro” di un atto amministrativo, ossia di una delibera di individuazione di detti rapporti, non intervenuta quanto a quelli oggetto di giudizio.
La Corte di cassazione confermava, sul punto, l’esito dei giudizi di merito, affermando in particolare che «[l]a normativa statale, in principalità , ma anche quella regionale sono chiare […] nel disporre il subentro della Regione in tutti i rapporti già facenti capo all’ATO e nell’escludere il permanere di una qualsiasi ulteriore competenza di quest’ultimo, trattandosi di ipotesi di successione a titolo universale. L’individuazione dei rapporti – dal momento che il subentro nelle intere funzioni di autorità d’ambito avviene senza alcun atto amministrativo di conferimento – ha, pertanto, un carattere di mera ricognizione ed elencazione, soprattutto a beneficio e tutela dei terzi».
L’Avvocatura generale illustra, quindi, le principali disposizioni della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 (quasi interamente abrogata dall’art. 19, comma 1, lettera b, della legge della Regione Calabria 20 aprile 2022, n. 10, recante «Organizzazione dei servizi pubblici locali dell’ambiente»), che ha disciplinato l’organizzazione del servizio idrico integrato, istituendo l’AIC. La difesa statale sostiene che nessuna delle disposizioni della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 avrebbe rimesso alla Giunta regionale l’individuazione degli specifici rapporti giuridici facenti capo alle ATO, nei quali la Regione Calabria avrebbe dovuto succedere. Evidenzia, in proposito, l’incoerenza della ricorrente «nel lamentare la disapplicazione di una legge regionale, la n. 18 del 2017, che ha abrogato (all’evidenza pro futuro) proprio quella disciplina – nello specifico contenuta nel comma 1 dell’art. 47 della legge regionale n. 34 del 2010 – su cui si è fondata, nel giudizio civile, la tesi della necessaria subordinazione del subentro alla delibera della Giunta regionale».
Il Presidente del Consiglio dei ministri richiama, poi, la giurisprudenza costituzionale riguardante i conflitti di attribuzione aventi a oggetto gli atti giurisdizionali ed eccepisce l’inammissibilità del ricorso, in quanto la Regione si limiterebbe a censurare presunti errores in iudicando nei quali sarebbe incorsa l’ordinanza della Corte di cassazione, prospettando un percorso logico-giuridico alternativo al fine di riformarla. La Corte di cassazione non avrebbe disapplicato la legge reg. Calabria n. 18 del 2017, oltrepassando i limiti del proprio potere giurisdizionale, bensì avrebbe interpretato la normativa statale e regionale vigente.
Nel merito, la difesa statale fa presente che nel ricorso innanzi alla Corte di cassazione la Regione non aveva lamentato la violazione e falsa applicazione della legge reg. Calabria n. 18 del 2017, ma aveva evocato quanto in essa disposto «in funzione meramente interpretativa della disciplina previgente», vale a dire della legge reg. Calabria n. 34 del 2010. Correttamente, peraltro, secondo la difesa statale, la Corte di cassazione non aveva posto a fondamento della sua decisione la legge reg. Calabria n. 18 del 2017, non essendo questa applicabile ratione temporis ai fatti di causa. In ogni caso il tenore letterale dell’art. 19, comma 2, della legge reg. Calabria n. 18 del 2017, di cui la ricorrente lamenta la disapplicazione, non indurrebbe a ritenere che fosse necessaria una delibera della Giunta regionale per individuare i rapporti giuridici oggetto di successione tra ATO e Regione Calabria.
4.– In vista dell’udienza, la ricorrente ha presentato una memoria difensiva, replicando – quanto alla eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa statale – che la Regione non intende contestare l’attività interpretativa della Corte di cassazione in relazione alla legge reg. Calabria n. 34 del 2010, ma «l’assenza di qualsivoglia interpretazione» della legge reg. Calabria n. 18 del 2017, in conseguenza della sua disapplicazione.
Nel merito, la ricorrente ribadisce che, in base al tenore testuale dell’art. 19, comma 2, della legge reg. Calabria n. 18 del 2017, il subentro della Regione doveva ritenersi limitato ai rapporti giuridici attivi e passivi indicati in una delibera della Giunta regionale, da assumere all’esito di idonea ricognizione ai sensi dell’art. 47, comma 3, della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 (disposizione, questa, non abrogata dalla legge reg. Calabria n. 18 del 2017). Ritiene, inoltre, che la difesa statale avrebbe tentato di integrare la motivazione della ordinanza della Corte di cassazione mentre, nel caso in esame, da tale motivazione emergerebbe «solo la disapplicazione/non applicazione dell’art. 19 della L.R. 18/17». Da ultimo, la Regione sostiene che anche un passaggio della motivazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro confermerebbe, in punto di fatto, che sin dal 2010 era demandata alla delibera della Giunta regionale l’individuazione dei rapporti oggetto di subentro. Il che, quindi, ribadirebbe l’erroneità della lettura data dalla difesa erariale all’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017.
Considerato in diritto
1.‒ La Regione Calabria ha proposto conflitto di attribuzione fra enti, in relazione all’ordinanza della Corte di cassazione, prima sezione civile, n. 15159 del 2024 chiedendo che si dichiari che non spetta allo Stato e, per esso, al giudice ordinario, il potere di disapplicare leggi regionali e, nello specifico, la legge reg. Calabria n. 18 del 2017, in materia di servizio idrico integrato. La ricorrente lamenta la lesione delle proprie funzioni legislative riconosciute dagli artt. 101, 102, 117, 121 e 134 Cost., nonché dall’art. 16 dello statuto regionale.
La denunciata disapplicazione inciderebbe sulla competenza legislativa garantita alle regioni dall’art. 117 Cost., nonché sul principio di cui all’art. 101, secondo comma, Cost., secondo il quale il giudice è soggetto soltanto alla legge e non può, pertanto, rifiutarsi di applicarla.
2.– In via preliminare, va affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in ragione dell’uso improprio dello strumento del conflitto tra enti. Secondo la difesa dello Stato, la Regione Calabria avrebbe censurato non già una carenza di giurisdizione, bensì asseriti errores in iudicando in cui sarebbe incorsa la Corte di cassazione con l’ordinanza impugnata e, segnatamente, l’attività interpretativa da questa svolta.
L’eccezione non può essere accolta, in quanto la Regione Calabria incentra le sue censure sulla presunta disapplicazione dell’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 da parte della Corte di cassazione: ciò che comporterebbe, nella prospettazione della ricorrente, una lesione della sua potestà legislativa e, dunque, delle sue attribuzioni costituzionalmente garantite.
3.– Passando al merito del conflitto, ai fini di una migliore comprensione dell’oggetto del conflitto è utile una breve ricostruzione della disciplina riguardante il trasferimento delle funzioni delle ATO che operavano nella Regione Calabria.
L’art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009 ha disposto, a livello nazionale, la soppressione delle ATO decorso un anno dalla data di entrata in vigore della legge, nonché la nullità di ogni atto da esse compiuto oltre tale termine. La legge statale ha anche previsto che, nel termine di un anno, «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità ».
L’art. 47, comma 1, della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, in espressa attuazione della citata disciplina statale, ha previsto che le funzioni delle ATO fossero «esercitate, senza necessità di atti amministrativi di conferimento, dalla Regione Calabria, che subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi individuati con deliberazione della Giunta regionale sulla base della situazione economica e finanziaria delle attuali Autorità d’Ambito».
Il comma 3 del medesimo art. 47 ha stabilito, tra l’altro, che le amministrazioni provinciali, con il supporto di un commissario liquidatore, procedessero all’elaborazione di un «piano di ricognizione» della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle ATO. Il successivo comma 4 ha imposto alla giunta regionale, sulla base del piano di ricognizione di cui al comma 3, di fornire «senza ritardo al Dipartimento "Infrastrutture e Lavori pubblici” appropriate linee d’indirizzo per l’organizzazione della gestione del servizio idrico integrato».
La legge reg. Calabria n. 18 del 2017 ha, poi, istituito l’AIC, ente pubblico non economico che, ai sensi dell’art. 19, comma 1, di tale legge regionale, dalla data di effettivo insediamento degli organi, subentra in tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, alle ATO soppresse. Per il successivo comma 2, «[a] seguito della ricognizione effettuata in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 47, comma 3, della L.R. n. 34/2010, con delibera di Giunta regionale, su proposta del dipartimento competente in materia di servizio idrico, è compiutamente disciplinata la successione nei rapporti giuridici attivi e passivi dei soppressi enti».
L’art. 24 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 ha altresì abrogato, a decorrere dall’entrata in vigore della medesima legge regionale, alcune disposizioni, tra cui, con il comma 1, lettera b), i primi due commi dell’art. 47 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010.
Da ultimo, la legge reg. Calabria n. 10 del 2022 ha previsto il trasferimento all’Autorità rifiuti e risorse idriche della Calabria delle funzioni già svolte dall’AIC e ha abrogato varie disposizioni della legge reg. Calabria n. 18 del 2017, compresi gli artt. 19 e 24.
4.– Nell’ambito di tale quadro normativo, la Regione Calabria ha proposto l’odierno conflitto, sostenendo che la Corte di cassazione non avrebbe potuto disapplicare l’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017. Aggiunge di avere espressamente richiamato nel ricorso per cassazione tale articolo, perché esso confermerebbe la necessità di una delibera di giunta regionale per il subentro nei rapporti giuridici delle ATO.
5.– Così chiarito il senso delle contestazioni della ricorrente, va in primo luogo rilevato che le censure mosse nel ricorso in riferimento agli artt. 102, 121 e 134 Cost., nonché all’art. 16 dello statuto della Regione Calabria vanno ritenute inammissibili, in quanto tali parametri vengono evocati senza alcuna motivazione specifica a supporto.
6.– Residuano, dunque, le censure riguardanti l’interferenza nel potere legislativo della Regione Calabria (art. 117 Cost.) e l’esercizio da parte della Corte di cassazione di un potere estraneo all’esercizio della funzione giurisdizionale, a causa della asserita disapplicazione dell’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 (art. 101, secondo comma, Cost.).
Tali censure non sono fondate, per la dirimente ragione che l’art. 19 non era applicabile, ratione temporis, alla fattispecie dedotta in giudizio.
Infatti, la Corte di cassazione era stata chiamata a decidere se fosse o meno corretta l’interpretazione, fornita dalla Corte d’appello di Catanzaro, dell’art. 47 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010. Il giudice di appello aveva sostenuto che l’art. 47 prevedesse l’immediato subentro della Regione Calabria nei rapporti giuridici delle ATO, senza necessità del "filtro” di una delibera della giunta regionale. Il giudice di legittimità , nel confermare la decisione d’appello, ha espressamente statuito che, poiché il subentro nelle funzioni di autorità d’ambito avviene «senza alcun atto amministrativo di conferimento», l’individuazione, con delibera della giunta regionale, dei rapporti ricadenti in detto subentro ha «un carattere di mera ricognizione ed elencazione, soprattutto a beneficio e tutela dei terzi».
Dunque, il thema decidendum sottoposto alla Corte di cassazione consisteva nello stabilire se la Regione Calabria fosse soggetto passivo del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, in quanto subentrata all’ATO 1 in attuazione dell’art. 47 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, l’unico applicabile alla controversia. Rispetto a tale questione, è inconferente il richiamo operato dalla Regione all’art. 19 della legge reg. Calabria n. 18 del 2017 che, peraltro, non è una norma di interpretazione autentica dell’art. 47 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, ma ha unicamente regolato, pro futuro, il subentro dell’istituenda AIC alle soppresse ATO.
In conclusione, la Corte di cassazione, con l’impugnata ordinanza n. 15159 del 2024, non ha disapplicato alcuna disposizione regionale, ma si è limitata a interpretare la normativa applicabile alla vicenda controversa, vale a dire l’art. 47 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010. Ne discende che la Corte di cassazione non ha esercitato un potere estraneo a quello giurisdizionale e che, quindi, non vi è stata alcuna interferenza dello Stato e, per esso, del giudice ordinario, nella potestà legislativa spettante alla Regione Calabria.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spettava allo Stato e, per esso, alla Corte di cassazione, prima sezione civile, adottare l’ordinanza 30 maggio 2024, n. 15159, con la quale, nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ha interpretato l’art. 47 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, recante «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011). Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Valeria EMMA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2025