Ordinanza n. 186 del 2024

ORDINANZA N. 186

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 628, primo e secondo comma, del codice penale, promossi dal Tribunale ordinario di Modena, sezione penale, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di E. B., con ordinanza del 14 dicembre 2023 e dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bologna, nel procedimento penale a carico di S.A. P., con ordinanza del 31 gennaio 2024, iscritte rispettivamente ai numeri 28 e 55 del registro ordinanze 2024 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 11 e 15, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024.

Ritenuto che, con ordinanza del 14 dicembre 2023, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 2024, il Tribunale ordinario di Modena, sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, primo e secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena dallo stesso comminata possa essere diminuita, in misura non eccedente un terzo, quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità;

che il rimettente espone di dover giudicare su un’imputazione per rapina impropria, consistita nello spintonamento operato ai danni del titolare di un negozio da un soggetto che, sottratti due pezzi di formaggio dagli scaffali dell’esercizio commerciale, si era poi, con tale azione violenta, garantito il possesso della merce e l’impunità;

che, ad avviso del giudice a quo, il minimo di pena detentiva stabilito dalla norma censurata per la rapina impropria è di notevole asprezza, sì da risultare, ove il fatto concreto sia di lieve entità, irragionevole in termini sia intrinseci, sia comparativi, e altresì lesivo dei principi di individualizzazione e finalismo rieducativo della pena, onde la necessità di temperarne il rigore mediante l’introduzione di un’attenuante ad effetto comune per i fatti-reato di lieve entità, già decisa da questa Corte nella sentenza n. 120 del 2023 per il reato di estorsione;

che, con ordinanza del 31 gennaio 2024, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 2024, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., in riferimento agli stessi parametri e con argomentazioni analoghe;

che il rimettente espone di dover giudicare nelle forme del rito abbreviato dell’imputazione di rapina impropria consistita nella sottrazione di una bottiglia di vino dai banchi di un negozio e nella conseguente azione violenta in danno di un dipendente dell’esercizio – un calcio all’addome e un tentativo di colpo alla testa – messa in opera dall’autore del reato per assicurarsi il possesso della cosa sottratta;

che anche il GUP del Tribunale di Bologna chiede l’addizione di un’attenuante ad effetto comune per lieve entità del fatto, in estensione della ratio decidendi di cui alla menzionata sentenza n. 120 del 2023;

che, nel giudizio promosso da tale seconda ordinanza, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto dichiararsi la questione non fondata;

che, a parere dell’interveniente, il trattamento sanzionatorio disposto dalla norma censurata non sarebbe irragionevole, né sproporzionato, «in quanto tende ad attuare una forma di prevenzione generale rispetto ad una condotta che genera particolare allarme sociale»; d’altronde, già vi sarebbero nell’ordinamento «disposizioni che permettono di adeguare la sanzione all’entità del fatto concreto»;

che, nel medesimo giudizio, l’Unione camere penali italiane (UCPI) ha presentato in data 24 aprile 2024 opinione scritta quale amicus curiae – ammessa con decreto presidenziale del 9 settembre 2024 –, argomentando in senso adesivo alle censure del rimettente.

Considerato che, con le ordinanze indicate in epigrafe, il Tribunale di Modena e il GUP del Tribunale di Bologna hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale, rispettivamente, dell’art. 628, primo e secondo comma, cod. pen. e dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena comminata per il reato di rapina impropria possa essere diminuita, in misura non eccedente un terzo, quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità;

che, ad avviso dei rimettenti, tale omessa previsione violerebbe gli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., poiché, non consentendo al giudice di moderare il severo minimo edittale di cinque anni di reclusione in rapporto alla concreta offensività del fatto-reato, porrebbe il trattamento sanzionatorio della rapina impropria in contrasto con i principi di ragionevolezza, individualizzazione e finalismo rieducativo della pena;

che i giudizi vanno riuniti e definiti con unica decisione, poiché le ordinanze di rimessione sollevano un’identica questione;

che, successivamente a tali ordinanze, questa Corte, con la sentenza n. 86 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 628 cod. pen., attinente alla rapina impropria – e, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale del suo primo comma, inerente alla rapina propria – nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità;

che tale sentenza ha esteso al reato di rapina – propria o impropria – la ratio decidendi espressa dalla sentenza di questa Corte n. 120 del 2023 concernente il reato di estorsione, in quanto «la descrizione tipica operata dall’art. 628 cod. pen. evidenzia una latitudine oggettiva e una varietà di condotte materiali non meno ampia di quella del delitto di estorsione, poiché, anche nella rapina, la violenza o minaccia può essere di modesta portata e l’utilità perseguita, ovvero il danno cagionato, di valore infimo», e perché d’altronde, «[p]er l’estorsione come per la rapina, il notevole innalzamento del minimo edittale – a un livello che rende sostanzialmente inaccessibile il beneficio della sospensione condizionale della pena – è stato realizzato senza introdurre una "valvola di sicurezza”, che permetta al giudice di temperare la sanzione quando l’offensività concreta del fatto di reato non ne giustifichi una punizione così severa»;

che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, in accoglimento di una questione sovrapponibile all’odierna, rende quest’ultima ormai priva di oggetto, e quindi, per giurisprudenza costante, ne determina la manifesta inammissibilità (da ultimo, tra molte, ordinanze n. 24 e n. 11 del 2024, n. 213 e n. 86 del 2023).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 628, primo e secondo comma, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Modena, sezione penale, in composizione monocratica, e dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bologna, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 ottobre 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2024