Ordinanza n. 113 del 2024

ORDINANZA N. 113

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA

Giudici : Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, terzo comma, numero 3), del codice penale, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze, nel procedimento penale a carico di F. F., con ordinanza del 27 aprile 2023, iscritta al n. 104 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 4 giugno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2024 il Giudice relatore Francesco Viganò;

deliberato nella camera di consiglio del 5 giugno 2024.

Ritenuto che, con ordinanza del 27 aprile 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, terzo comma, numero 3), del codice penale, laddove prevede che in relazione al delitto di incendio boschivo colposo di cui all’art. 423-bis, secondo comma, cod. pen. il giudice non possa ritenere l’offesa di particolare tenuità, con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione;

che il rimettente espone di essere chiamato, in sede di udienza preliminare, a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti di F. F. per il delitto di incendio boschivo colposo asseritamente commesso, secondo quanto risulta dal capo di imputazione, il 15 aprile 2022;

che, ad avviso del giudice a quo, le fonti di prova raccolte nell’ambito delle indagini preliminari consentirebbero di ritenere sussistente il fatto di reato contestato, la cui commissione sarebbe stata del resto ammessa dall’imputato;

che, peraltro, sussisterebbero nel caso in esame i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen., dal momento che l’incendio avrebbe provocato soltanto danni minimi, anche in conseguenza della condotta dell’imputato, il quale si sarebbe attivato per chiamare soccorsi e per contenere il fuoco nell’attesa del loro arrivo;

che, d’altra parte, il reato è in astratto punito con pena minima inferiore a due anni di reclusione, ed in concreto risulta «estraneo a qualsivoglia realtà delinquenziale», nonché commesso da «persona, non più giovanissima, senza precedenti penali o giudiziari»;

che, tuttavia, l’applicazione di tale causa di non punibilità risulterebbe «espressamente esclusa da disposizione normativa che non consente al giudice di ritenere l’offesa di particolare tenuità»;

che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell’esclusione in parola, la quale si fonderebbe su di «una presunzione assoluta di presunzione di gravità dell’offesa», che non sarebbe «razionalmente giustificabile» e si porrebbe pertanto in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.;

che, in particolare, non si giustificherebbe il trattamento rigoroso di fatti colposi non riconducibili a fenomeni criminali e caratterizzati da un danno «sostanzialmente insussistente», oltre che da un grado di colpa modesto;

che, inoltre, apparirebbe «peculiare che fra i reati normativamente esclusi dall’applicazione della causa di non punibilità l’unico reato colposo sia proprio l’art. 423 bis comma II c.p. essendo gli altri reati esclusi tutti reati dolosi»;

che le figure criminose escluse sarebbero reati di danno, mentre l’incendio boschivo colposo costituirebbe «anche reato di pericolo»;

che, prosegue il rimettente, «[a]nche con riferimento ai delitti di “comune pericolo” l’unico delitto escluso dall’applicazione della causa di non punibilità è l’art. 423 bis comma 2 c.p. che è sostanzialmente trattato come se fosse un reato doloso atteso che tutti i reati di “comune pericolo colposi” non sono esclusi dall’applicazione dell’art. 131 bis c.p.», mentre «neppure il disastro ambientale colposo previsto dall’art. 452 quinquies c.p. è presuntivamente escluso»;

che, in definitiva, la «norma di esclusione» censurata imporrebbe «l’irrogazione di un trattamento sanzionatorio anche nei confronti di soggetti nei confronti dei quali la rimproverabilità è minima»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile o, comunque, manifestamente infondata;

che l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce anzitutto l’irrilevanza delle questioni, dal momento che la disposizione censurata non sarebbe applicabile al caso oggetto del procedimento a quo;

che, invero, l’esclusione del delitto di incendio boschivo colposo dall’ambito di applicazione della causa di non punibilità in esame si deve all’art. 1, comma 1, lettera c), numero 3), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari);

che dal capo d’imputazione risulterebbe che il reato in esame sia stato commesso in data 15 aprile 2022, e dunque prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022;

che da tale circostanza conseguirebbe «inequivocabilmente l’inapplicabilità, nel giudizio principale, della disposizione censurata, stante la natura sostanziale dell’istituto in questione» e, di conseguenza, l’applicabilità del principio di irretroattività sancito nell’art. 25, comma secondo, Cost., con la conseguenza che il giudice rimettente ben potrebbe applicare, come richiesto, la causa di non punibilità al fatto in esame;

che la questione sarebbe comunque, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, manifestamente infondata nel merito;

che la disposizione censurata apparirebbe, anzitutto, «proporzionale, congrua ed adeguata rispetto al fine perseguito dal legislatore e allo spiccato allarme sociale che la “piaga” degli incendi, soprattutto nel periodo estivo, ha assunto nel Paese»;

che, inoltre, «l’intrinseca ragionevolezza della disposizione censurata» non apparirebbe scalfita dal tertium comparationis individuato dal giudice rimettente, poiché con riguardo al disastro ambientale colposo osterebbe alla comparazione l’eterogeneità del bene giuridico tutelato.

Considerato che, dal capo d’imputazione riportato nell’ordinanza di rimessione, emerge effettivamente che il reato sarebbe stato commesso il 15 aprile 2022;

che, in tale data, la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto trovava applicazione rispetto ai reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, e dunque anche al delitto di incendio boschivo colposo di cui all’art. 423-bis, secondo comma, cod. pen., punito con la reclusione da uno a cinque anni;

che solo per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, l’art. 131-bis, terzo comma, numero 3), cod. pen. prevede ora una preclusione esplicita con riguardo al delitto di incendio boschivo previsto dall’art. 423-bis cod. pen.;

che, ai sensi dell’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di termini di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e di disposizioni relative a controversie della giustizia sportiva, nonché di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di attuazione del Piano nazionale contro una pandemia influenzale e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali), convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199, il d.lgs. n. 150 del 2022 è entrato in vigore il 30 dicembre 2022, e quindi successivamente alla data in cui sarebbe stato commesso il reato oggetto del giudizio a quo;

che è pacifico, tanto nella giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 120 del 2019, punto 3 del Considerato in diritto) quanto in quella della Corte di cassazione (sezioni unite penali, sentenza 25 febbraio-6 aprile 2016, n. 13681), che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto è un istituto di diritto penale sostanziale, soggetto come tale alle regole sulla successione delle leggi penali nel tempo di cui all’art. 2 cod. pen., e in particolare al principio – sancito a livello costituzionale dall’art. 25, secondo comma, Cost. – del divieto di applicazione retroattiva a sfavore dell’imputato;

che dunque nel caso oggetto del giudizio a quo non possono trovare applicazione le nuove preclusioni introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022, dovendo continuare ad applicarsi la più favorevole disciplina previgente;

che è pertanto fondata l’eccezione di irrilevanza formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, non dovendo il giudice a quo fare applicazione della disciplina censurata;

che, in conclusione, le questioni sono manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, terzo comma, numero 3), del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Francesco VIGANÒ, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2024