Ordinanza n. 92 del 2024

ORDINANZA N. 92

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2 e 3; 2, commi 1, 2 e 3, e 3, comma 2, della legge della Regione Puglia 7 novembre 2022, n. 28 (Norme in materia di incentivazione alla transizione energetica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3 gennaio 2023, depositato in cancelleria il 3 gennaio 2023, iscritto al n. 1 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2024 il Giudice relatore Franco Modugno;

deliberato nella camera di consiglio del 16 aprile 2024.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 3 gennaio 2023 (reg. ric. n. 1 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di diverse disposizioni della legge della Regione Puglia 7 novembre 2022, n. 28 (Norme in materia di incentivazione alla transizione energetica);

che un primo gruppo di censure concerne l’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge regionale impugnata, dei quali si assume la riconducibilità alla materia di potestà legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione;

che, in primo luogo, si contesta l’obbligatorietà delle misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale previste dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1 della legge reg. Puglia n. 28 del 2022, con riguardo «a strutture esistenti» e «in attività alimentate con combustibili di natura fossile», in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia); quest’ultima disposizione, infatti, prevede la possibilità per le regioni, gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati di stipulare accordi che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale solamente per nuove infrastrutture energetiche o per il potenziamento e la trasformazione delle infrastrutture esistenti;

che, in secondo luogo, il ricorrente ritiene che il contrasto fra l’impugnato art. 1, comma 2, ed il menzionato art. 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004 si verificherebbe pure in relazione all’ambito soggettivo di applicazione della disciplina regionale, riferendosi quest’ultima ad una molteplicità di soggetti (proponenti, produttori, vettori, gestori di impianti e infrastrutture energetiche), mentre la disposizione statale si rivolge ai soli «proponenti»;

che, in terzo luogo, si contesta la non piena corrispondenza fra gli obiettivi ai quali la legge reg. Puglia n. 28 del 2022 finalizza gli accordi recanti misure di compensazione e di riequilibrio ambientale – di cui all’impugnato art. 1, comma 3 – e quelli generali di politica energetica nazionale, previsti dall’art. 1, comma 3, lettere da a) ad m), della legge n. 239 del 2004. In particolare, ciò interessa gli obiettivi previsti dalla legge regionale di realizzazione di «interventi di forestazione in ambito urbano e periurbano» (art. 1, comma 3, lettera d, della legge reg. Puglia n. 28 del 2022) e di garanzia del «miglioramento della sostenibilità ambientale di immobili e infrastrutture pubbliche» (art. 1, comma 3, lettera b, della legge reg. Puglia n. 28 del 2022), i quali non sarebbero contemplati dalla legge statale che pone gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, cui gli accordi devono essere coerenti;

che, con specifico riferimento agli impianti alimentati da fonti rinnovabili, si lamenta che gli obiettivi indicati dalla legge regionale non sarebbero coerenti neppure con l’Allegato 2, punto 2), del decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), sia perché quest’ultimo fa riferimento a «interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi», sia perché esso prevede che tali misure debbano essere orientate a favore dei comuni;

che il ricorrente contesta inoltre l’attribuzione alla Giunta regionale, da parte dell’art. 1, comma 3, della legge regionale impugnata, del potere di stipulare accordi con i soggetti interessati: l’assegnazione di tale compito ad un organo politico, infatti, contrasterebbe con l’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e con il punto 2, lettera f), dell’Allegato 2 al d.m. 10 settembre 2010 (i quali contemplano un procedimento di natura amministrativa di autorizzazione e di definizione delle misure compensative, richiedendo in particolare, per quest’ultima, che essa avvenga in sede di conferenza di servizi, sentiti i comuni interessati, anche sulla base di quanto stabilito da eventuali provvedimenti regionali), nonché con l’art. 34, comma 16, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, il quale dispone che «[g]li accordi di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono stipulati nei modi stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata»;

che, a tale ultimo proposito, il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte che ha rinvenuto, nella disciplina statale delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, principi che «non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale, in quanto espressione della competenza legislativa concorrente in materia di energia» (sentenza n. 99 del 2012);

che, con particolare riferimento all’art. 1, comma 3, lettera e), della legge reg. Puglia n. 28 del 2022, ossia alla previsione, tra gli obiettivi da perseguire mediante le misure di compensazione, di un possibile «indennizzo anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale», il ricorrente rinviene un ulteriore contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004 e con il punto 2, lettera e), dell’Allegato 2 al d.m. 10 settembre 2010, escludendosi in quest’ultima disposizione, in particolare, che le misure di compensazione possano avere carattere meramente patrimoniale o indennitario;

che un secondo gruppo di censure concerne l’art. 2, commi 1 e 2, della legge regionale impugnata, i quali introducono un’ulteriore misura di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale, relativa agli impianti e alle infrastrutture di gas «presenti, anche in esercizio, sul territorio pugliese», nella misura del 3 per cento del valore commerciale del volume di gas prodotto, trasportato o importato in Italia – a carico, anche in questo caso, di una platea di soggetti più ampia rispetto ai soli proponenti –, volta al fine di contenere il costo del gas sostenuto dalle famiglie pugliesi tramite il meccanismo dello sconto in fattura alle utenze domestiche;

che il ricorrente ritiene, in particolare, che il comma 1 dell’art. 2, prescindendo dalla verifica della sussistenza di concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture a elevato impatto territoriale, entrerebbe in contrasto con l’art. 1, comma 4, lettera f), della legge n. 239 del 2004, il quale invece rinviene in questo presupposto il fondamento del potere di intervenire con misure compensative, così indirettamente violando l’art. 117, terzo comma, Cost.;

che il comma 2 dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 28 del 2022, prevedendo che i proponenti, i produttori, i vettori ed i gestori di impianti e infrastrutture di gas presenti, anche in esercizio, sul territorio pugliese cedano il gas ai gestori della rete di trasporto locale e, da questi, ai distributori locali e, infine, alle società di vendita, al prezzo decurtato dell’ammontare della compensazione, affinché il corrispettivo sia detratto a titolo di sconto in fattura alle utenze domestiche delle famiglie pugliesi, introdurrebbe un meccanismo che «non si concilia con il funzionamento della filiera del gas naturale», la quale prevede una cessione alle società di vendita e, da queste, ai clienti finali, non contemplando in questi passaggi i gestori della rete di trasporto ed i distributori locali, deputati piuttosto al trasporto e alla consegna del gas ai clienti finali. L’attività dei distributori, a norma dell’art. 21 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), e dell’art. 23 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), in attuazione di principi sovranazionali, sarebbe invece oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas, oltre a costituire – ai sensi dell’art. 2, lettera c), della legge n. 239 del 2004, un servizio pubblico, attribuito dallo Stato in concessione secondo le disposizioni di legge. Per tali ragioni, ad avviso del ricorrente, il contrasto della disposizione regionale con la menzionata normativa statale ridonderebbe in una contestuale violazione dei commi primo e terzo dell’art. 117 Cost.;

che il ricorrente lamenta, altresì, che il meccanismo dell’impugnato art. 2 della legge reg. Puglia n. 28 del 2022, interferirebbe con la competenza attribuita dall’art. 3 della legge 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, con riguardo alla composizione della bolletta e ai relativi oneri imposti agli operatori, non precisando le modalità tramite le quali il meccanismo incida sulla medesima bolletta, introducendo potenziali costi aggiuntivi a carico degli operatori e attribuendo alla Giunta regionale competenze regolatorie non ammesse dalla legislazione statale di principio;

che un ultimo gruppo di censure concerne l’art. 3, comma 2, dell’impugnata legge reg. Puglia n. 28 del 2022, il quale, nel prevedere che la Giunta regionale possa modificare le modalità di erogazione e attribuzione delle misure di compensazione di cui all’art. 2, comma 1, della medesima legge al fine di favorire anche le utenze produttive, oltre a quelle civili, introdurrebbe una disciplina con potenziali effetti distorsivi della concorrenza a favore delle utenze produttive pugliesi, in violazione della competenza egislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.; competenza, peraltro, esercitata dallo Stato, in relazione alla fattispecie de quo, tramite l’art. 16 del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17 (Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali), convertito, con modificazioni, in legge 27 aprile 2022, n. 34;

che, con atto depositato il 10 febbraio 2023, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, eccependo l’inammissibilità e la non fondatezza del ricorso, evidenziando, fra le altre cose, che l’art. 33 della legge della Regione Puglia 29 dicembre 2022, n. 32, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2023)» – non impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri – apporta modifiche alla legge regionale impugnata, le quali sarebbero rivolte proprio al fine di superare le criticità evidenziate, ancor prima del ricorso avverso la legge regionale qui in esame, dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica;

che, in data 31 luglio 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato istanza di rinvio, in considerazione di un impegno, formulato dalla Regione, ad intervenire nuovamente sulle disposizioni oggetto, con modifiche concordate nel corso di numerose riunioni tecniche tenutesi con le Amministrazioni statali interessate;

che, con decreti della Presidente di questa Corte del 5 agosto 2023 e del 22 gennaio 2024, prima è stata rinviata a nuovo ruolo la discussione del giudizio e poi è stata fissata all’udienza pubblica del 16 aprile 2024;

che, in seguito, la legge della Regione Puglia 10 novembre 2023, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2022, n. 28 (Norme in materia di incentivazione alla transizione energetica)» ha ulteriormente modificato, tra gli altri, con disposizioni non impugnate in via principale, gli artt. 1, commi 2 e 3, e 2, commi 1 e 3, della legge reg. Puglia n. 28 del 2022;

che, a seguito di tale ultimo intervento normativo, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 10 aprile 2024, ha depositato atto di rinuncia al ricorso, in ragione della mancata applicazione medio tempore delle norme impugnate e del ritenuto carattere satisfattivo delle modifiche, con riferimento a «tutte le questioni prospettate nel ricorso avverso la legge regionale n. 28 del 2022», pur rimanendo fermo l’interesse a coltivare l’autonomo ricorso promosso nei confronti dell’art. 2, comma 1, lettera c), della legge reg. Puglia n. 27 del 2023, con il quale è stato modificato il comma 4 dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 28 del 2022, non oggetto del presente ricorso;

che, il 15 aprile 2024, su conforme deliberazione della Giunta resa in pari data, la Regione Puglia ha depositato atto di accettazione della predetta rinuncia al ricorso;

che, in seguito alla rinuncia del ricorrente, il Presidente di questa Corte, con decreto del 10 aprile 2024, ha fissato la trattazione del ricorso alla camera di consiglio del 16 aprile 2024.

Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso indicato in epigrafe, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

che la rinuncia è stata accettata dalla Regione Puglia;

che la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte costituita, determina, ai sensi dell’art. 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo.

Visti l’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gli artt. 24, comma 1, e 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Franco MODUGNO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2024