ORDINANZA N. 78
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 44 e 45, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», promosso dal Tribunale ordinario di Cagliari, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra F. C. e altri e il Ministero dell’istruzione e del merito, con ordinanza del 30 ottobre 2023, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 9 aprile 2024.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell’11 aprile 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema;
deliberato nella camera di consiglio dell’11 aprile 2024.
Ritenuto che, con ordinanza del 30 ottobre 2023 (reg. ord. n. 160 del 2023), il Tribunale ordinario di Cagliari, sezione lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 44 e 45, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», in riferimento agli artt. 3, 36 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, nella parte in cui prevedono che, a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, agli assistenti amministrativi incaricati di svolgere le mansioni superiori di direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA) spetti un trattamento economico in misura pari alla differenza tra quello previsto per il DSGA al livello iniziale della progressione economica e quello complessivamente goduto dall’assistente amministrativo incaricato tenendo conto della sua retribuzione in ragione della sua anzianità di servizio in quest’ultima qualifica;
che il rimettente riferisce di essere chiamato a pronunciarsi in merito a una causa in materia di lavoro promossa contro il Ministero dell’istruzione e del merito da una serie di lavoratori del comparto scuola, i quali avevano agito in giudizio per far accertare il loro diritto al riconoscimento del trattamento retributivo per lo svolgimento delle superiori mansioni svolte di DSGA;
che in seguito all’entrata in vigore delle disposizioni censurate, il compenso dovuto per lo svolgimento delle mansioni superiori proprie del DSGA sarebbe sensibilmente diminuito rispetto alla previsione precedente (art. 52, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»), che parametrava l’indennità di funzioni superiori alla differenza tra il livello iniziale di inquadramento del DSGA e il livello iniziale di inquadramento dell’assistente amministrativo, e ciò in quanto, nel caso di assistenti amministrativi con una elevata anzianità di servizio, si determinerebbe una diminuzione significativa o perfino l’azzeramento dell’indennità prevista per lo svolgimento delle mansioni superiori;
che, dunque, le questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti, posto che il loro accoglimento comporterebbe la reviviscenza della citata e più favorevole disposizione previgente;
che, secondo il giudice a quo, la questione sarebbe non manifestamente infondata innanzitutto per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost, perché comporterebbe, nello svolgimento delle mansioni superiori, una progressiva riduzione del trattamento economico in relazione all’anzianità di servizio maturata in qualità di assistente amministrativo;
che, inoltre, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto con l’art. 36 Cost., in quanto il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato imporrebbe l’integrale e aggiuntiva corresponsione del trattamento economico previsto per lo svolgimento delle mansioni superiori;
che, infine, sarebbe ravvisabile una violazione dell’art. 117 Cost., avuto riguardo agli artt. 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE (che vietano una discriminazione dei lavoratori in ragione dell’età), in quanto i lavoratori con maggiore anzianità verrebbero discriminati rispetto a quelli con minore anzianità, dal momento che questi ultimi percepirebbero, in relazione alle mansioni superiori, un trattamento economico aggiuntivo maggiore dei primi;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, osservando che la stessa questione è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 71 del 2021 di questa Corte e che la riproposizione di una questione già dichiarata non fondata, in mancanza, come in questo caso, di argomenti nuovi, ne determina la manifesta non fondatezza;
che le disposizioni censurate non si porrebbero in contrasto neppure con gli artt. 117 Cost. e 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE in tema di divieto di discriminazioni dei lavoratori in ragione dell’età degli stessi, in quanto il trattamento discriminatorio denunciato non dipenderebbe dall’età del lavoratore bensì dall’anzianità di servizio e, in ogni caso, il legislatore avrebbe garantito la proporzionalità della retribuzione globalmente considerata.
Considerato che questa Corte con la sentenza n. 71 del 2021 ha già ritenuto non fondate questioni identiche a quelle sollevate nel presente giudizio;
che, con riferimento al profilo della denunciata presunta violazione dell’art. 3 Cost. per irragionevolezza, questa Corte si è ripetutamente pronunciata sulla necessità di una valutazione complessiva della retribuzione, ai fini del giudizio sulla sufficienza e proporzionalità della stessa rispetto al lavoro prestato;
che, inoltre, per quanto riguarda la denunciata violazione dell’art. 36 Cost., il riconoscimento di una progressione economica indubbiamente valorizza – e, quindi, già in parte remunera – la maggior esperienza e professionalità maturata dal dipendente nel corso degli anni di lavoro, cosicché non è irragionevole che, nel caso di conferimento dell’incarico di DSGA, l’ordinamento preveda una retribuzione complessiva parametrata alle funzioni svolte pur con una retribuzione aggiuntiva decrescente per il dipendente più anziano; diversamente opinando, difatti, si giungerebbe ad affermare che, a parità di mansioni svolte, sia costituzionalmente necessario riconoscere all’assistente amministrativo con un’anzianità maggiore ai 21 anni un compenso più elevato di quello previsto per il DSGA a livello iniziale, sebbene quest’ultimo «sia titolare di quelle funzioni appartenendo ad un ruolo diverso ed essendo stata oggettivamente accertata con apposita selezione concorsuale la maggiore qualificazione professionale, significativa di una più elevata qualità del lavoro prestato» (sentenza n. 71 del 2021, che richiama le sentenze n. 115 del 2003 e n. 273 del 1997);
che, infine, quanto alla doglianza formulata in riferimento all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE, che nulla ha a che vedere con il maggiore o minore periodo di servizio lavorativo, le considerazioni svolte giustificano la diversità di trattamento riservata all’assistente amministrativo dotato di minore anzianità e quindi destinato a beneficiare concretamente di un incremento retributivo in correlazione allo svolgimento delle mansioni superiori di DSGA rispetto a quello che ne ha maturata una superiore, proprio perché diversamente si atteggia la valutazione complessiva della retribuzione da essi altrimenti goduta;
che le censure in esame, non apportando nuovi argomenti rispetto a quelli già vagliati da questa Corte nella citata sentenza n. 71 del 2021, né aggiungendo profili nuovi rispetto a quelli già esaminati, vanno pertanto dichiarate manifestamente non fondate (ex multis, ordinanze n. 214 del 2023, n. 220 del 2022, n. 165 e n. 111 del 2021).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 44 e 45, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», sollevate, in riferimento agli artt. 3, 36 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, dal Tribunale ordinario di Cagliari, sezione lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 aprile 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2024