ORDINANZA N. 185
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi da 1 a 6; 4, comma 2; 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1), b2), e 3; 11; 12, comma 4; 13, comma l, lettera h); 15, comma l, lettera a), e 17, comma l, della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, recante «Disciplina delle modalità e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), come modificato dall’articolo 11 quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica Amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’8-12 giugno 2020, depositato in cancelleria il 12 giugno 2020, iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti l’atto di costituzione della Regione Lombardia, nonché gli atti di intervento di Enel Produzione spa e Enel Green Power Italia srl;
udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2022 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
deliberato nella camera di consiglio del 6 luglio 2022.
Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2, commi da 1 a 6; 4, comma 2; 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1), b2), e 3; 11; 12, comma 4; 13, comma l, lettera h); 15, comma l, lettera a), e 17, comma l, della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, recante «Disciplina delle modalità e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), come modificato dall’articolo 11 quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica Amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», in riferimento agli artt. 9, 42, 43 e 117, secondo comma, lettere l) e s), e terzo comma, della Costituzione, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»;
che, l’art. 2, commi da 1 al 6 della legge regionale impugnata, nel disciplinare la proprietà ed il godimento dei beni indicati all’art. 25 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici), pertinenti a grandi derivazioni idroelettriche, stabilisce l’appartenenza al patrimonio regionale delle cosiddette “opere bagnate” e regola inoltre l’acquisizione regionale di diversi beni, necessari per l’assegnazione della relativa concessione;
che, in tal modo, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, sarebbero violati l’art. 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79 del 1999 e l’art. 25 del r.d. n. 1775 del 1933, secondo cui il legislatore regionale può, rispettivamente, disciplinare le sole modalità e procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico e prevedere il passaggio di proprietà alla Regione senza diritto al compenso per una serie più limitata di beni;
che da ciò deriverebbe, secondo il ricorrente, una violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.;
che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge regionale oggetto di ricorso, resta a carico del concessionario uscente, senza che gli sia riconosciuto alcun indennizzo, la realizzazione di interventi di manutenzione, necessari per la sicurezza, fino alla scadenza del termine per il subentro del nuovo concessionario;
che, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, questa previsione si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999 e all’art. 26 del r.d. n. 1775 del 1933, giacché le suddette norme, da un lato, non prevedono che tali oneri possano essere addossati agli operatori, e, dall’altro, stabiliscono che la manutenzione straordinaria posta in essere dal concessionario nell’ultimo quinquiennio sia a carico dello Stato;
che, pertanto, la Regione avrebbe esorbitato dai limiti fissati dalle norme statali interposte inerenti alla materia, di competenza legislativa concorrente, «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con conseguente lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost.;
che la Regione avrebbe altresì posto in essere una violazione degli artt. 42 e 43 Cost., in forza dei quali la legge deve riconoscere un indennizzo ai privati che subiscano, anche attraverso l’imposizione di obblighi, limitazioni nella disponibilità o nell’utilizzo di beni di loro proprietà o comunque necessari per lo svolgimento di una attività di impresa;
che l’art. 10, comma 1, della legge regionale impugnata demanda ad un regolamento regionale la disciplina della procedura per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, compresa quella del procedimento unico per la valutazione dei progetti presentati;
che, secondo il principio stabilito dall’art. 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79 del 1999, le Regioni sono chiamate a regolare con legge le modalità e le procedure per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni;
che, ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, la descritta disposizione si porrebbe dunque in contrasto con la riserva di legge posta dal legislatore statale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con ulteriore pregiudizio all’art. 117, terzo comma, Cost.;
che l’art. 10, commi 1, 2, lettere b), b1) e b2) e 3, della legge regionale investita dal ricorso, prevedendo che il procedimento unico per la valutazione dei progetti presentati si articola in più fasi, separa quella in cui è collocata la proposta progettuale dalla successiva di verifica di impatto ambientale e di incidenza su siti di rilevanza comunitaria del progetto selezionato;
che, in base a questa disposizione, solo la seconda delle fasi indicate si svolge tramite conferenza dei servizi, con conseguente esclusione dalla procedura di scelta del progetto di ogni amministrazione centrale o locale interessata;
che, secondo il ricorrente, tale disciplina si porrebbe in contrasto con il principio del procedimento unico stabilito dall’art. 12, comma 1-ter, lettera m) del d.lgs. n. 79 del 1999 e col disposto dell’art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12;
che la Regione avrebbe dunque posto in essere una violazione dei principi fondamentali fissati con legge statale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», la cui disciplina è riservata allo Stato dall’art. 117, terzo comma, Cost.;
che gli artt. 4, comma 2, 6, 10, comma 3, 12, comma 4 e 15, comma 1, lettera a) della legge regionale impugnata – senza definire precise ed adeguate direttive per il relativo adempimento – rimettono alla Giunta regionale i compiti di stipulare intese per le derivazioni di rilievo interregionale (art. 4, comma 2), di approntare con regolamento regionale la disciplina delle procedure di valutazione dell’interesse pubblico al diverso uso delle acque (art. 6), di disciplinare la partecipazione dello Stato alla conferenza dei servizi finalizzata alle autorizzazioni necessarie per il progetto di concessione (art. 10, comma 3), di introdurre nei bandi requisiti aggiuntivi per i soggetti partecipanti alla procedura (art. 12, comma 4), di deliberare in merito a specifici obblighi e vincoli inerenti alla sicurezza delle persone e del territorio (art. 15, comma 1, lettera a);
che, anche in tal caso, secondo l’art. 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79 del 1999, le Regioni sono chiamate a regolare con legge le modalità e le procedure per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni;
che, ad avviso del ricorrente, risulterebbero pertanto violati l’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui demanda allo Stato, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», la determinazione dei principi fondamentali, tra cui la previsione di una riserva di legge regionale, nonché gli artt. 14 e 28 della legge statutaria 30 agosto 2008, n. 1 (Statuto d’autonomia della Lombardia), che individuano la Giunta regionale quale organo esecutivo ed affidano la potestà legislativa della Regione esclusivamente al Consiglio regionale;
che gli artt. 6, 11, 13, comma 1, lettera h) e 17, comma 1, della legge regionale impugnata rimettono alla Giunta regionale il compito di definire gli obiettivi minimi da perseguire mediante interventi di conservazione e miglioramento ambientale, secondo quanto previsto dal piano regionale di tutela delle acque, dal piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po, ovvero dalla pianificazione di bacino provinciale più specifica, ove esistente, non prescrivendo anche la considerazione del piano paesaggistico, pur in presenza di norme statali che stabiliscono la rilevanza ope legis quali beni di interesse paesaggistico dei bacini e dei corsi d’acqua;
che, pertanto, secondo il ricorrente, sarebbero di nuovo violati il principio stabilito dall’art. 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79 del 1999, secondo cui le Regioni sono tenute a regolare con legge le modalità e le procedure per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni, nonché i principi di cui agli artt. 132 (recte: 135), 142, comma 1, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), in tema di piano paesaggistico;
che, in base alla prospettazione del ricorrente, tali disposizioni regionali si porrebbero in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.;
che le disposizioni regionali impugnate si porrebbero altresì in contrasto con l’art. 9 Cost., che impone la tutela del paesaggio, nonché con gli artt. 42 e 43 Cost.;
che, con atto depositato il 20 luglio 2020, si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo che venga dichiarata la inammissibilità e non fondatezza delle questioni;
cha il 21 luglio 2020 hanno depositato unico atto di intervento Enel Produzione spa e Enel Green Power Italia srl, che hanno chiesto di dichiarare ammissibile l’intervento e, aderendo alla richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri, di dichiarare costituzionalmente illegittime le norme impugnate;
che Elettricità Futura - Unione delle imprese elettriche italiane e Utilitalia, in qualità di amici curiae, hanno presentato un’opinione scritta, ammessa con decreto presidenziale ai sensi dell’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi da 1 a 6; 4, comma 2; 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1), b2), e 3; 11; 12, comma 4; 13, comma l, lettera h); 15, comma l, lettera a), e 17, comma l, della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, recante «Disciplina delle modalità e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), come modificato dall’articolo 11 quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica Amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», in riferimento agli artt. 9, 42, 43 e 117, secondo comma, lettere l) e s), e terzo comma della Costituzione, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»;
che, previa delibera del Consiglio dei ministri, il ricorrente, con atto depositato in data 12 gennaio 2022, ha rinunciato al ricorso;
che la Regione Lombardia, con atto depositato in data 4 febbraio 2022, ha accettato tale rinuncia;
che, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis, nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, la rinuncia al ricorso, qualora accettata dalla parte costituita, determina l’estinzione del processo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2022.