Allegata alla sentenza n. 210 del 2021
ORDINANZA 22 SETTEMBRE 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Visti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25-undecies del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2018, n. 136, e dell'art. 31, commi 49-bis, 49-ter e 49-quater, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), come modificato dal citato art. 25-undecies del d.l. n. 119 del 2018, promosso dall'Arbitro unico di Roma con ordinanza dell'11 settembre 2020, iscritta al n. 196 del registro ordinanze del 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2021.
Rilevato che nel giudizio è intervenuto ad opponendum il Comitato "Venditori 18135";
che l'interveniente espone di essersi costituito a seguito della sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite, 16 settembre 2015, n. 18135, allo scopo, enunciato nell'art. 2 del proprio atto costitutivo, di «tutelare i diritti dei venditori ubicati nei c.d. piani di zona i quali, negli anni con totale buona fede hanno venduto a prezzi di mercato i loro immobili giuste indicazioni dei Notai, Banche, Intermediari, Enti pubblici e Giurisprudenza», e di promuovere «la difesa dei diritti e lo sviluppo giuridico e culturale dei suoi membri attraverso iniziative di carattere giuridico, mediatico e politico»;
che il comitato deduce, altresì, che le disposizioni censurate, la cui introduzione si deve anche alle proprie sollecitazioni, rappresentano la ragione stessa della propria esistenza e tanto varrebbe a fondare un interesse qualificato e diretto all'esito del giudizio di legittimità costituzionale.
Considerato che l'art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale stabilisce che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio»;
che tale disposizione recepisce la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2019 e n. 237 del 2013; ordinanze allegate alle sentenze n. 206 del 2019, n. 16 del 2017, n. 82 del 2013, n. 272 del 2012, n. 349 del 2007, n. 279 del 2006 e n. 291 del 2001), secondo cui la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative);
che in questo ambito è ammesso esclusivamente l'intervento di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (tra le tante, sentenza n. 46 del 2021);
che, pertanto, l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente deve derivare non già, come per tutte le altre situazioni sostanziali disciplinate dalla disposizione denunciata, dalla pronuncia di questa Corte sulla legittimità costituzionale della legge censurata, ma dall'immediato effetto che detta pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ex multis, sentenze n. 46 del 2021, n. 98 del 2019 e n. 345 del 2005; ordinanza allegata alla sentenza n. 180 del 2021);
che, alla luce di tali premesse, il Comitato interveniente, quale organismo rappresentativo di soggetti titolari di rapporti giuridici assoggettati alle disposizioni censurate, non può ritenersi portatore di un interesse specifico direttamente riconducibile all'oggetto del giudizio principale, bensì di un interesse soltanto riflesso, perché connesso ai generici scopi statutari di tutela e di promozione delle ragioni degli iscritti;
che, in difetto di un nesso qualificato con lo specifico rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo, non può essere valorizzato neanche il generico interesse del Comitato alla conservazione delle disposizioni censurate in quanto favorevoli alla posizione giuridica dei suoi membri;
che, come già da questa Corte evidenziato (ordinanze n. 202 e n. 37 del 2020), le considerazioni che precedono valgono a fortiori alla luce dell'art. 4-ter delle Norme integrative, aggiunto dalla delibera in sede non giurisdizionale di questa Corte dell'8 gennaio 2020, che consente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di legittimità costituzionale di presentare alla Corte un'opinione scritta in qualità di amici curiae;
che, pertanto, l'intervento del Comitato "Venditori 18135" deve essere dichiarato inammissibile;
che le argomentazioni spese dall'interveniente non possono essere considerate neanche alla stregua di opinione riconducibile alla figura degli amici curiae, in quanto, in disparte ogni altra ragione, l'interesse a ottenere, sia pure in via subordinata, tale qualificazione risulta tardivamente esplicitato soltanto nella memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento del Comitato "Venditori 18135".
F.to: Giancarlo Coraggio, Presidente