Ordinanza n. 131 del 2021 istruttoria (sent. n. 22-2022)

CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 131

 

ANNO 2021

Commenti alla decisione di

1. Elisa Olivito, I poteri istruttori della Corte costituzionale: conoscenza della prassi applicativa della legge o preannuncio di un monito, in anticipo su Strasburgo? per g. c. dell’Osservatorio sulla Corte costituzionale di Nomos

2. Giuseppe Monaco, Una complessa ordinanza istruttoria della Consulta in tema di misure di sicurezza, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente:

 

Giancarlo CORAGGIO

 

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 206 e 222 del codice penale e dell’art. 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n. 9, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 30 maggio 2014, n. 81, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli nel procedimento penale a carico di P. G., con ordinanza dell’11 maggio 2020, iscritta al n. 110 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2020.

 

Udito nella camera di consiglio del 26 maggio 2021 il Giudice relatore Francesco Viganò;

 

deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2021.

 

Rilevato che, con ordinanza dell’11 maggio 2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 206 e 222 del codice penale e dell’art. 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n. 9, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 30 maggio 2014 n. 81;

 

che tali disposizioni violerebbero nel loro complesso, in primo luogo, gli artt. 27 e 110 della Costituzione, «nella parte in cui, attribuendo l’esecuzione del ricovero provvisorio presso una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) alle Regioni ed agli organi amministrativi da esse coordinati e vigilati, escludono la competenza del Ministro della Giustizia in relazione all’esecuzione della detta misura di sicurezza detentiva provvisoria»;

 

che, in secondo luogo, esse violerebbero gli artt. 2, 3, 25, 32 e 110 Cost., «nella parte in cui consentono l’adozione con atti amministrativi di disposizioni generali in materia di misure di sicurezza in violazione della riserva di legge in materia»;

 

che il giudice rimettente espone di aver disposto, nel giugno del 2019, l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero presso una REMS di P. G. – indagato, tra l’altro, per il delitto di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale – che il consulente tecnico nominato dal pubblico ministero aveva ritenuto affetto da infermità psichica e socialmente pericoloso, anche in correlazione al sistematico abuso di alcolici, e di avere altresì ordinato che – sin tanto che non fosse stato possibile collocarlo in una REMS – fosse provvisoriamente applicata nei suoi confronti la libertà vigilata presso una struttura residenziale psichiatrica per trattamenti terapeutico-riabilitativi a carattere estensivo (SRTR), da individuarsi a cura del centro di salute mentale (CSM) territorialmente competente;

 

che il pubblico ministero aveva quindi chiesto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della giustizia di indicare la REMS presso la quale potesse essere eseguito il ricovero;

 

che, con riferimento a tale richiesta, il DAP aveva comunicato un elenco di strutture, precisando però che, essendo la loro gestione affidata al servizio sanitario regionale (SSR), conformemente al decreto emanato il 1° ottobre 2012 dal Ministero della salute di concerto con il Ministero della giustizia, la responsabilità della presa in carico di P. G. competeva alla Regione Lazio e al relativo SSR, sicché lo stesso DAP rilevava di non avere alcuna possibilità – allo stato della legislazione vigente – di «incidere sulle manifestazioni di volontà di quelle REMS che […] rifiutavano di ricevere l’internando non dando esecuzione al provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria»;

 

che nel corso dei dieci mesi successivi il pubblico ministero aveva invano tentato di eseguire l’ordinanza di ricovero, ricevendo sempre dinieghi dalle locali aziende sanitarie a causa della indisponibilità di posti;

 

che, d’altra parte, la persona sottoposta a indagini si era nel frattempo sistematicamente sottratta a tutte le terapie e agli obblighi inerenti alla misura di sicurezza della libertà vigilata, disposta in via provvisoria in attesa della disponibilità di un posto in una REMS;

 

che nell’aprile del 2020 il pubblico ministero aveva trasmesso gli atti al giudice rimettente per i provvedimenti di competenza in ordine alle disposte misure di sicurezza, che erano risultate non eseguibili;

 

che il giudice a quo dà atto di avere disposto, con separata ordinanza in pari data rispetto all’ordinanza di rimessione, la revoca della misura di sicurezza della libertà vigilata, in ragione delle plurime e gravi trasgressioni degli obblighi relativi da parte dell’interessato;

 

che nell’ordinanza di rimessione il giudice dà atto della persistente necessità di disporre il suo ricovero in una REMS, che da quasi un anno era stato – tuttavia – impossibile eseguire;

 

che, ad avviso del rimettente, tale impossibilità trova le proprie cause nel vigente assetto normativo che disciplina l’assegnazione nelle REMS, dettagliatamente ricostruito dall’ordinanza di rimessione;

 

che la misura di sicurezza del ricovero in una REMS costituirebbe, «ai sensi degli artt. 2 e 25 comma terzo Cost., una forma di tutela da parte dello Stato dei diritti inviolabili dell’uomo alla vita e all’incolumità per proteggere i terzi dalle condotte violente che possono essere poste in essere dagli autori di reato non imputabili per incapacità di intendere e di volere, con l’espressa previsione della riserva di legge per la disciplina dei casi in cui è possibile sottoporre a misura di sicurezza una persona»;

 

che sussisterebbe, d’altra parte, una chiara differenza tra l’ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio ai sensi degli artt. 33 e seguenti della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), e quella di ricovero in una REMS, quest’ultima essendo subordinata alla previa commissione di un reato e a un giudizio di pericolosità sociale della persona affetta da infermità psichica;

 

che tale differenza sarebbe rispecchiata dal diverso ruolo assunto dall’autorità giudiziaria nelle due ipotesi: di mera convalida della decisione amministrativa che ordina il trattamento sanitario obbligatorio nella prima ipotesi, e di diretta adozione della misura, sulla base di un duplice accertamento relativo, da un lato, alla commissione di un reato, e, dall’altro, alla pericolosità sociale dell’interessato;

 

che pertanto, mentre il trattamento sanitario obbligatorio «trova giustificazione e fondamento costituzionale nell’esclusivo interesse alla tutela della salute della persona nei cui confronti detto trattamento viene applicato, secondo quanto previsto dall’art. 32 Cost., […] la limitazione della libertà personale derivante dalla misura di sicurezza detentiva provvisoria del ricovero in REMS trova giustificazione e fondamento costituzionale anche nella tutela dei diritti fondamentali alla vita ed all’incolumità personale dei terzi diversi dall’infermo di mente che vi è sottoposto, secondo quanto previsto dagli artt. 2 e 25 Cost., ferma restando la concorrente tutela della salute del detto infermo di mente ai sensi dell’art. 32 Cost.»;

 

che, conseguentemente, il ricovero in una REMS costituirebbe misura giudiziaria penale restrittiva della libertà personale necessariamente rientrante, per gli aspetti organizzativi, nella competenza dell’«organo che sovrintende l’Amministrazione penitenziaria, ossia il Ministro della Giustizia al quale spettano ai sensi dell’art. 110 Cost. l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia con le relative responsabilità»;

 

che, in particolare, tale attribuzione costituzionale implicherebbe, ad avviso del giudice a quo, «che spetti a quest’ultimo la competenza a provvedere in relazione all’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria per motivi di omogeneo, ordinato ed efficace trattamento degli internati nei cui confronti va eseguito il ricovero in REMS»;

 

che sarebbe per converso incompatibile con l’art. 110 Cost. la vigente disciplina in materia di REMS, la quale – imperniata sul principio dell’esclusiva gestione sanitaria di tali strutture – estrometterebbe completamente il Ministro della giustizia e i suoi organi amministrativi, come segnatamente il DAP, da qualsiasi funzione in materia di misure di sicurezza nei confronti degli infermi di mente;

 

che tale disciplina comporterebbe l’«impossibilità di fatto di porre in esecuzione il ricovero in REMS al di fuori della Regione e un complessivo incremento di rischi per l’incolumità dei cittadini e degli stessi infermi di mente, esposti a lunghi periodi nei quali è di fatto impossibile applicare misure di sicurezza a tutela anche della loro salute»;

 

che, per altro verso, la riserva di legge in materia di misure di sicurezza, ai sensi dell’art. 25 Cost., non avrebbe consentito la sostanziale delegificazione della materia attuata dalla normativa vigente, che avrebbe rimesso la regolazione di aspetti sostanziali della disciplina a fonti secondarie e ad accordi tra Governo e autonomie locali.

 

Considerato che le questioni promosse con l’ordinanza di rimessione in esame necessitano di apposita istruttoria, ai sensi dell’art. 12 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, finalizzata ad acquisire specifiche informazioni indispensabili ai fini della decisione.

 

Per Questi Motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata ogni altra decisione,

 

dispone che, entro novanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, il Ministro della giustizia, il Ministro della salute e il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nonché, limitatamente al quesito di cui alla lettera m), il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, tenuto conto anche di quanto illustrato nell’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe, da trasmettersi a cura della Cancelleria alle predette Autorità unitamente alla presente ordinanza, depositino una relazione, per quanto di rispettiva competenza, sui seguenti quesiti:

 

a) quante e quali siano, attualmente, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) attive sul territorio di ciascuna Regione e quanti pazienti siano effettivamente ospitati in ciascuna di esse;

 

b) quanti pazienti provenienti da Regioni diverse siano ospitati attualmente nelle REMS di ciascuna Regione, e come sia regolamentato il meccanismo di deroga al principio di territorialità dell’esecuzione della misura del ricovero in REMS, previsto dall’art. 3-ter, comma 3, lettera c), del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri), convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n. 9;

 

c) quante persone risultino attualmente collocate, in ciascuna Regione, nelle liste d’attesa per l’ammissione in una REMS e quanto sia il tempo medio di permanenza in tali liste;

 

d) quante siano, su scala nazionale, le persone destinatarie di un provvedimento di assegnazione a una REMS ancora non eseguito, adottato in via definitiva o provvisoria dal giudice;

 

e) quali siano, ovvero siano stati nel caso di persone definitivamente prosciolte per infermità di mente, i titoli di reato contestati alle persone di cui alla precedente lettera d);

 

f) quante di tali persone risultino allo stato collocate in una struttura penitenziaria sulla base di ordinanze di custodia cautelare, ovvero in reparti ospedalieri di medicina psichiatrica sulla base di ordinanze di custodia cautelare in luogo di cura (art. 286 del codice di procedura penale), o ancora siano sottoposte medio tempore alla misura di sicurezza della libertà vigilata, come nel caso oggetto del giudizio a quo;

 

g) quali siano le principali difficoltà di funzionamento dei luoghi di cura per la salute mentale esterni alle REMS per gli imputati e le persone prosciolte in via definitiva che siano risultati affetti da infermità mentale;

 

h) se esistano, e in caso affermativo come operino, forme di coordinamento tra il Ministero della giustizia, il Ministero della salute, le aziende sanitarie locali (ASL) e i Dipartimenti di salute mentale, volte ad assicurare la pronta ed effettiva esecuzione, su scala regionale o nazionale, dei provvedimenti di applicazione, in via provvisoria o definitiva, di misure di sicurezza basate su una duplice valutazione di infermità mentale e di pericolosità sociale dell’interessato;

 

i) quali specifiche competenze esercitino, in particolare, il Ministro della giustizia e il Ministro della salute rispetto a tale obiettivo;

 

j) se il ricovero nelle REMS, ove disposto dal giudice, nonché gli altri trattamenti per la salute mentale disposti sulla base di un provvedimento di libertà vigilata rientrino nei livelli essenziali di assistenza (LEA) che le Regioni sono tenute a garantire;

 

k) se sia attualmente effettuato dal Governo uno specifico monitoraggio sulla tempestiva esecuzione dei provvedimenti di applicazione delle misure di sicurezza in esame;

 

l) se sia prevista la possibilità dell’esercizio di poteri sostitutivi del Governo nel caso di riscontrata incapacità di assicurare la tempestiva esecuzione di tali provvedimenti nel territorio di specifiche Regioni;

 

m) se le riscontrate difficoltà siano dovute a ostacoli applicativi, all’inadeguatezza delle risorse finanziarie, ovvero ad altre ragioni;

 

n) se siano attualmente allo studio progetti di riforma legislativa, regolamentare od organizzativa per ovviare alle predette difficoltà e rendere complessivamente più efficiente il sistema di esecuzione delle misure di sicurezza applicate dal giudice nei confronti delle persone inferme di mente.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2021.

 

F.to:

 

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

 

Francesco VIGANÒ, Redattore

 

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

 

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2021.

 

.