SENTENZA N. 129
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 10, comma 1, lettera c), della legge della Regione Puglia 5 luglio 2019, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 agosto-2 settembre 2019, depositato in cancelleria il 3 settembre 2019, iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Udita nell’udienza pubblica del 25 maggio 2021 la Giudice relatrice Daria de Pretis;
udito l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2021.
1.– Con ricorso notificato il 28 agosto-2 settembre 2019, depositato il 3 settembre 2019 e iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2 e 10 della legge della Regione Puglia 5 luglio 2019, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente)».
1.1.– L’art. 2 sostituisce il comma 2 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente) con il seguente: «[l]e imprese in possesso dell’autorizzazione rilasciata in un’altra Regione o da un altro Stato membro della Unione europea, che esercitano il servizio in Puglia attraverso una stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), devono possedere i requisiti indicati all’articolo 2. A tal fine, prima dell’avvio dell’attività in Puglia, le imprese devono presentare apposita segnalazione certificata di inizio attività allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio l’impresa ha sede legale o la principale organizzazione aziendale».
Nel prescrivere la preventiva segnalazione certificata di inizio attività al SUAP del comune nel cui territorio l’impresa ha la sede legale o la principale organizzazione aziendale, tale disposizione contrasterebbe con l’art. 5, commi 1 e 3, della legge 11 agosto 2003, n. 218 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente), alla cui stregua l’autorizzazione della regione (o degli enti locali a ciò delegati) allo svolgimento dell’attività di noleggio di autobus con conducente non è soggetta a limiti territoriali, sicché a carico delle imprese già autorizzate in un’altra regione non potrebbero essere imposti ulteriori oneri autorizzativi per esercitare la stessa attività nel territorio pugliese.
Quanto alle imprese autorizzate in un altro Stato membro dell’Unione europea, la medesima disposizione contrasterebbe con gli artt. 3 e 15 del regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006, alla cui stregua tali imprese possono esercitare liberamente l’attività di noleggio di autobus con conducente in altri Stati membri mediante «trasporti di cabotaggio», avendo a bordo solo la copia certificata della licenza comunitaria e un foglio di viaggio.
Sarebbe dunque violata la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in quanto l’onere aggiuntivo imposto dal legislatore regionale renderebbe più difficoltoso l’avvio di nuove attività in Puglia, rappresentando una barriera all’ingresso limitativa della libertà di concorrenza, in contrasto «con lo spirito della norma primaria che ha limitato la necessità di nuove autorizzazioni (all’art. 5 della Legge 218/2003)», oltre che «fortemente limitativa della libera iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.».
Sarebbero violati anche l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli indicati parametri interposti di diritto dell’Unione europea, e l’art. 3 Cost., in considerazione del «trattamento differenziato e discriminatorio tra i vari operatori economici».
1.2.– L’art. 10 della legge reg. Puglia n. 27 del 2019 è impugnato nella parte in cui, alla lettera c) del comma 1, sostituisce il comma 4 dell’art. 12 della legge reg. Puglia n. 39 del 2018 con il seguente: «[l]’esercizio dell’attività di noleggio in assenza di SCIA di cui all’articolo 5 ovvero in presenza di un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività, nonché l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 9, costituiscono violazione delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, ai sensi del comma 1, lettera b), e sono soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200,00 a euro 1.500,00».
Il legislatore regionale avrebbe così creato una fattispecie “sovrapposta” a quella di esercizio abusivo dell’attività di noleggio prevista all’art. 85, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), che assoggetta «[c]hiunque adibisce a noleggio con conducente un veicolo non destinato a tale uso […] alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 a euro 694 e, se si tratta di autobus, da euro 430 ad euro 1.731», oltre alla «sospensione della carta di circolazione per un periodo da due a otto mesi».
La disposizione impugnata violerebbe così la competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. in materia di ordine pubblico e sicurezza, alla quale si dovrebbero ricondurre la «circolazione stradale» e la relativa disciplina sanzionatoria. Sarebbe violata, altresì, la competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione e ordinamento civile e penale di cui alla lettera l) dello stesso secondo comma dell’art. 117 Cost.
2.– La Regione Puglia non si è costituita in giudizio.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2019, ha impugnato gli artt. 2 e 10 della legge della Regione Puglia 5 luglio 2019, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente)», in riferimento agli artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lettere e), h) ed l) della Costituzione.
La menzionata legge reg. Puglia è diretta a eliminare i profili di illegittimità costituzionale rilevati dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 64 del registro ricorsi 2018 in riferimento alla disciplina sul noleggio di autobus con conducente di cui agli artt. 5, commi 1, 2, 5 e 6, 11, comma 1, 12, comma 2, 13, comma 1, e 14 della legge della Regione Puglia 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente). Tale giudizio è stato definito con ordinanza n. 226 del 2020, che ha dichiarato l’estinzione del processo a seguito della rinuncia al ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.
Le censure mosse all’art. 2 investono una disposizione che ne sostituisce un’altra della sopra richiamata legge reg. Puglia n. 39 del 2018 – l’art. 4, comma 2 – non impugnata con il precedente ricorso, mentre quelle mosse all’art. 10 – incentrate sul comma 1, lettera c), di tale disposizione – contestano la modifica della previsione sanzionatoria dell’art. 12 della stessa legge regionale, che viene censurata per ragioni e con riferimento a parametri diversi da quelli già fatti valere in occasione dell’impugnazione della norma modificata.
2.– L’art. 2 della legge reg. Puglia n. 27 del 2019 sostituisce il comma 2 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, prevedendo, in particolare, che «[l]e imprese in possesso dell’autorizzazione rilasciata in un’altra Regione o da un altro Stato membro della Unione europea, che esercitano il servizio in Puglia attraverso una stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi)», devono presentare, «prima dell’avvio dell’attività in Puglia, [...] apposita segnalazione certificata di inizio attività allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio l’impresa ha sede legale o la principale organizzazione aziendale».
Tale disposizione contrasterebbe con l’art. 5, commi 1 e 3, della legge 11 agosto 2003, n. 218 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente), alla cui stregua l’autorizzazione della regione (o degli enti locali a ciò delegati) allo svolgimento dell’attività di noleggio di autobus con conducente non è soggetta a limiti territoriali. Inoltre, quanto alle imprese autorizzate in un altro Stato membro dell’Unione europea, contrasterebbe con gli artt. 3 e 15 del regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006, alla cui stregua tali imprese possono esercitare liberamente l’attività di noleggio di autobus con conducente in altri Stati membri mediante «trasporti di cabotaggio», avendo a bordo solo la copia certificata della licenza comunitaria e un foglio di viaggio.
Sarebbe dunque violata la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto l’onere aggiuntivo imposto dal legislatore regionale, consistente nella presentazione di un’ulteriore segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), renderebbe più difficoltoso l’avvio di nuove attività in Puglia, rappresentando una barriera all’ingresso limitativa della libertà di concorrenza, e sarebbe inoltre «fortemente limitativ[o] della libera iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.». Sarebbero violati anche l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli indicati parametri interposti di diritto dell’Unione europea, e l’art. 3 Cost., in quanto la norma regionale introdurrebbe un «trattamento differenziato e discriminatorio tra i vari operatori economici».
2.1.– Preliminarmente, va escluso che il richiamo all’art. 41 Cost. contenuto nel corpo del ricorso introduca un’autonoma questione di legittimità costituzionale. Esaminata nel contesto in cui si colloca, e in assenza di specifiche considerazioni al riguardo, la deduzione costituisce piuttosto un argomento a sostegno della censura di violazione della competenza statale in materia di concorrenza, nella cui ampia nozione rientra, come si vedrà, ogni scelta legislativa che impone un limite alla liberta` di iniziativa economica individuale e incide sulla competizione tra operatori economici nel relativo mercato.
Sempre in via preliminare, devono essere considerate inammissibili le questioni proposte ex artt. 3 e 117, primo comma, Cost., in quanto riferite a parametri non indicati nella relazione ministeriale richiamata nella delibera del Consiglio dei ministri che ha autorizzato l’impugnazione (ex plurimis, sentenze n. 199 del 2020, n. 83 del 2018, n. 265 e n. 1 del 2016, n. 250 e n. 153 del 2015).
2.2.– Nel merito, la questione proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. è fondata.
La lamentata violazione si concreterebbe nel contrasto della disposizione impugnata con i parametri interposti dei commi 1 e 3 dell’art. 5 della legge n. 218 del 2003, sicché occorre verificare se tale normativa costituisce espressione dell’invocato titolo di competenza statale esclusiva.
La legge n. 218 del 2003 detta, come indica il suo titolo, la «[d]isciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente», e stabilisce, innanzitutto, che «[l]’esercizio dell’attività di trasporto di viaggiatori su strada rientra nella sfera della libertà di iniziativa economica ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, cui possono essere imposti esclusivamente vincoli per esigenze di carattere sociale o prescrizioni finalizzate alla tutela della concorrenza secondo quanto previsto dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287» (art. 1, comma 1).
La stessa legge n. 218 del 2003 individua «i princìpi e le norme generali a tutela della concorrenza nell’àmbito dell’attività di trasporto effettuata mediante servizi di noleggio di autobus con conducente, nel rispetto dei princìpi e dei contenuti normativi fissati dall’ordinamento comunitario» (art. 1, comma 2), con il fine di «garantire […]: a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di accesso delle imprese al mercato, nonché il libero esercizio dell’attività in riferimento alla libera circolazione delle persone; b) la sicurezza dei viaggiatori trasportati, l’omogeneità dei requisiti professionali, la tutela delle condizioni di lavoro» (comma 4).
L’art. 5, che viene qui in specifico rilievo, prevede, sotto la rubrica «[a]ccesso al mercato», che «[l]’attività di noleggio di autobus con conducente è subordinata al rilascio, alle imprese in possesso dei requisiti relativi alla professione di trasportatore su strada di viaggiatori, di apposita autorizzazione da parte delle regioni o degli enti locali allo scopo delegati in cui dette imprese hanno la sede legale o la principale organizzazione aziendale» (comma 1), e che tale autorizzazione «[...] consente lo svolgimento professionale dell’attività di noleggio di autobus con conducente e l’immatricolazione degli autobus da destinare all’esercizio» (comma 2). Il comma 3 precisa poi che la medesima autorizzazione «non è soggetta a limiti territoriali» e che «[l]’esercizio dei servizi internazionali è, peraltro, subordinato al possesso, da parte del titolare, del legale rappresentante o di chi dirige, in maniera continuativa ed effettiva, l’attività di trasporto, dell’attestato di idoneità professionale esteso all’attività internazionale».
Questa Corte ha già avuto modo di identificare l’ambito materiale in cui si colloca la disciplina dettata dalla legge n. 218 del 2003.
Scrutinando una disposizione regionale piemontese che vietava agli esercenti l’attività di noleggio di autobus con conducente di utilizzare veicoli usati qualora intendessero incrementare il parco autobus, la sentenza n. 30 del 2016 ha affermato che, «[c]on la legge n. 218 del 2003, il legislatore statale ha [...] inteso definire il punto di equilibrio fra il libero esercizio dell’attività di trasporto e gli interessi pubblici interferenti con tale libertà (art. 1, comma 4, della legge n. 218 del 2003). Il bilanciamento così operato – fra la libertà di iniziativa economica e gli altri interessi costituzionali –, costituendo espressione della potestà legislativa statale nella materia della “tutela della concorrenza”, definisce un assetto degli interessi che il legislatore regionale non è legittimato ad alterare (sentenza n. 80 del 2006)». Nella stessa sentenza questa Corte ha conseguentemente ritenuto che la censurata previsione regionale, in quanto non contemplata dalla normativa statale, si risolvesse in una restrizione ai danni degli operatori economici della Regione Piemonte, eccedendo «i limiti entro i quali il legislatore regionale può disciplinare la materia, di sua competenza residuale, del trasporto pubblico locale, dato che fra tali limiti vi è quello del rispetto del bilanciamento operato dal legislatore statale nella materia trasversale e prevalente, ad esso affidata in via esclusiva, della “tutela della concorrenza”».
Successivamente, scrutinando un’analoga norma regionale che vietava alle imprese del settore «l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri [...]», questa Corte ha precisato che «[l]a legge n. 218 del 2003 costituisce [...] esercizio delle competenze esclusive statali in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e di sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.) e concilia i due interessi, potenzialmente confliggenti, al libero esercizio dell’attività di NCC e alla sicurezza del trasporto» (sentenza n. 5 del 2019). Nella medesima sentenza si è poi affermato che «[l]a sintesi fra questi interessi viene definita in una disciplina uniforme in materia di sicurezza, finalizzata a garantire condizioni omogenee di mercato e l’assenza di distorsioni della concorrenza su base territoriale», e che tale disciplina statale uniforme, prescrivendo «[...] espressamente alle regioni di adottare atti normativi “rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge” (art. 4, comma 1, della legge n. 218 del 2003), condiziona la competenza legislativa residuale regionale in materia di servizio pubblico di trasporto (nel caso di specie, non di linea)».
Principi simili sono stati affermati anche in relazione alla disciplina degli autoservizi pubblici non di linea di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), che si applica ai servizi di taxi e a quelli di noleggio con conducente (NCC) diversi dal noleggio di autobus. Occupandosi di una legge regionale che definiva il novero dei soggetti abilitati a operare nel settore dei trasporti di persone con le nuove modalità consentite dai supporti informatici e riservava in via esclusiva tali attivita` alle categorie abilitate a prestare i servizi di taxi e di NCC, questa Corte ha ribadito, richiamando la sentenza n. 30 del 2016, che «rientra nella competenza legislativa esclusiva statale per la tutela della concorrenza definire i punti di equilibrio fra il libero esercizio d[elle] attivita` [economiche] e gli interessi pubblici con esso interferenti», aggiungendo che «[d]efinire quali soggetti siano abilitati a offrire talune tipologie di servizi e` decisivo ai fini della configurazione di un determinato settore di attivita` economica: si tratta di una scelta che impone un limite alla liberta` di iniziativa economica individuale e incide sulla competizione tra operatori economici nel relativo mercato», sicche´ «tale profilo rientra a pieno titolo nell’ampia nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost.» (sentenza n. 265 del 2016).
Negli stessi termini, sempre con specifico riguardo alla disciplina del servizio di NCC dettata dalla legge n. 21 del 1992, si è espressa la sentenza n. 56 del 2020, alla cui stregua la sintesi fra tutti gli interessi in gioco nel definire l’assetto di un mercato «richiede invero una disciplina uniforme, finalizzata a garantire condizioni omogenee di mercato e assenza di distorsioni della concorrenza su base territoriale, che si potrebbero verificare qualora le condizioni di svolgimento del servizio di NCC variassero da regione a regione, salva restando la possibilita` di regimi differenziati per situazioni particolari, la cui valutazione rientra nelle medesime attribuzioni statali».
2.2.1.– L’art. 4, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, come sostituito dall’art. 2 della legge reg. Puglia n. 27 del 2019, impone la presentazione della SCIA allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) comunale anche alle imprese che intendano esercitare il servizio in Puglia attraverso una «stabile organizzazione» e siano già in possesso di autorizzazione rilasciata in un’altra regione o da un altro Stato membro dell’Unione europea.
La disposizione impugnata rinvia alla nozione di «stabile organizzazione» propria della disciplina tributaria, fornita in particolare dall’art. 162 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), secondo cui tale espressione «designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato» (comma 1). Il legislatore tributario circoscrive tale nozione alle imprese non residenti in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e sulle attività produttive.
Nella disposizione regionale in esame la «stabile organizzazione» è richiesta a fini del tutto estranei alla materia tributaria, e riguarda, oltre che le imprese non residenti in Italia autorizzate da un altro Stato membro dell’Unione europea all’attività di noleggio di autobus con conducente, anche quelle residenti in Italia che hanno ottenuto analoga autorizzazione in una regione diversa dalla Puglia.
In entrambi i casi, il contenuto precettivo della norma è chiaro: gli imprenditori appartenenti alle descritte categorie, se intendono svolgere il servizio in Puglia mediante una «stabile organizzazione», sono tenuti a munirsi di un ulteriore titolo autorizzatorio sotto forma di SCIA da presentare al SUAP comunale.
Alla luce dei principi esposti in precedenza, la previsione vìola la competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza», ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
La richiesta di un’autorizzazione supplementare contrasta, infatti, con il divieto di porre limiti territoriali all’autorizzazione originaria, espressamente stabilito all’art. 5, comma 3, della legge n. 218 del 2003, norma, quest’ultima, che costituisce espressione della potestà legislativa statale nella materia della tutela della concorrenza, in quanto concorre a definire l’assetto di interessi inerenti al mercato del noleggio di autobus con conducente, che il legislatore regionale non è legittimato ad alterare.
D’altro canto, è agevole osservare che, anche in assenza di una previsione espressa come quella appena citata, la richiesta di un’apposita SCIA, per poter svolgere l’attività in Regione tramite un’organizzazione stabile ivi insediata, rappresenterebbe comunque un ostacolo effettivo alla libera concorrenza, poiché, in applicazione della norma censurata, per gli imprenditori autorizzati altrove che intendano insediarsi nel territorio pugliese sono previsti maggiori oneri rispetto a quelli cui sono soggetti coloro che già svolgono il servizio nello stesso territorio in base a un’autorizzazione rilasciata nella stessa Regione Puglia.
È stata così introdotta una barriera all’ingresso nel mercato pugliese dei noleggiatori di autobus con conducente. Né muta tale conclusione il presupposto applicativo consistente nella condizione della «stabile organizzazione» in Regione dei nuovi operatori. Non solo infatti la circostanza dell’insediamento territoriale è, di per sé, inidonea a giustificare l’aggravio autorizzativo imposto dal legislatore regionale, ma la sua previsione rafforza l’effetto anticompetitivo della norma, in quanto discrimina le imprese già autorizzate in altre regioni o in altri Stati membri dell’Unione europea che intendono accedere al mercato pugliese non occasionalmente ma con un’organizzazione aziendale fissa.
Infine, la disposizione impugnata si pone in contrasto anche con il più generale divieto per il legislatore regionale – costantemente affermato da questa Corte in applicazione degli artt. 3, 41, 117, primo comma, e 120 Cost., ma derivante anche dalla riserva alla competenza statale esclusiva della «tutela della concorrenza» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – di frapporre ostacoli di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale, nonché, in base ai principi europei sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi Paese dell’Unione europea (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2020, n. 83 del 2018, n. 264 del 2013, n. 124 del 2010, n. 64 del 2007 e n. 440 del 2006).
Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 27 del 2019, nella parte in cui sostituisce l’art. 4, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2018.
3.– L’art. 10 della legge reg. Puglia n. 27 del 2019 ha modificato l’art. 12 della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, che reca la rubrica «Tipologie di infrazioni e sanzioni amministrative pecuniarie».
Ancorché il ricorso investa letteralmente l’intero art. 10, dal tenore delle censure si evince con chiarezza che la disposizione è impugnata solo nella parte in cui, alla lettera c) del comma 1, sostituisce il comma 4 dell’art. 12 della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, prevedendo che «[l]’esercizio dell’attività di noleggio in assenza di SCIA di cui all’articolo 5 ovvero in presenza di un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività, nonché l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 9, costituiscono violazione delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, ai sensi del comma 1, lettera b), e sono soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200,00 a euro 1.500,00».
Secondo il ricorrente, il legislatore regionale avrebbe così creato una fattispecie “sovrapposta” a quella prevista all’art. 85, comma 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), che assoggetta «[c]hiunque adibisce a noleggio con conducente un veicolo non destinato a tale uso […] alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma [...], se si tratta di autobus, da euro 430 ad euro 1.731» (così aggiornati i precedenti importi «da euro 431 ad euro 1.734», a decorrere dal 1° gennaio 2021, con il decreto del Ministro della giustizia 31 dicembre 2020, recante «Aggiornamento degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni al codice della strada»), oltre alla «sospensione della carta di circolazione per un periodo da due a otto mesi».
La disposizione impugnata violerebbe pertanto la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza ex art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., alla quale si dovrebbe ricondurre la «circolazione stradale» e la relativa disciplina sanzionatoria. Sarebbe violata, altresì, la competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione e ordinamento civile e penale di cui alla lettera l) dello stesso secondo comma dell’art. 117 Cost.
3.1.– La questione è fondata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., nei limiti di seguito precisati.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina della circolazione stradale rientra nella competenza esclusiva statale, inerendo a varie materie ad essa riservate in base all’art. 117, secondo comma, Cost.: sicurezza, ordinamento civile, ambiente (sentenze n. 77 del 2013, n. 223 del 2010 e n. 428 del 2004).
In linea generale, questa Corte ha osservato che «[...] l’esigenza, connessa alla strutturale pericolosità dei veicoli a motore, di assicurare l’incolumità personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) certamente pone problemi di sicurezza, e così rimanda alla lettera h) del secondo comma dell’art. 117, che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”», e che «[d]el tutto correttamente, quindi, l’art. 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, nell’individuare i “principi generali” della disciplina, esplicitamente dichiara che “la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato”» (sentenza n. 428 del 2004).
L’invocato art. 85, comma 4, del d.lgs. n. 285 del 1992 (d'ora in avanti: cod. strada), che nella sua prima parte sanziona l’esercizio “abusivo” dell’attività di noleggio di autobus con conducente, si deve pertanto considerare espressione della competenza esclusiva statale in materia di sicurezza, con conseguente impossibilità per il legislatore regionale di disciplinare diversamente la sanzione per lo stesso comportamento già sanzionato dalla legge statale. La disposizione regionale impugnata, pertanto, prevedendo una difforme disciplina sanzionatoria in un ambito riservato alla competenza esclusiva dello Stato, ha violato l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
La pronuncia di illegittimità costituzionale non investe, tuttavia, il trattamento sanzionatorio dettato per l’inosservanza dell’art. 9 della legge reg. Puglia n. 39 del 2019, per il quale non opera il limite costituito dall’art. 85, comma 4, cod. strada.
Il citato art. 9 prevede, infatti, sotto la rubrica «[d]ocumenti di viaggio», l’obbligo di apporre nella parte anteriore di ogni autobus immatricolato per l’attività di noleggio uno speciale «contrassegno» recante l’indicazione del numero di targa, in modo tale che esso sia «[...] agevolmente visibile dall’esterno» (commi 1 e 2), e prescrive inoltre che «[a] bordo di ogni autobus immatricolato per l’attività di noleggio [sia] conservata copia conforme della SCIA» (comma 3). La violazione di tale obbligo, dunque, riguarda prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente al servizio, sanzionate dal novellato comma 4 dell’art. 12 della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, e non ricade nell’ambito delle violazioni sostanziali coperte dalla sanzione prevista dall’art. 85, comma 4, cod. strada.
Si deve dunque dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera c), della legge reg. Puglia n. 27 del 2019, nella parte in cui, nel sostituire l’art. 12, comma 4, della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, ha previsto che anche «[l]’esercizio dell’attività di noleggio in assenza di SCIA di cui all’articolo 5 ovvero in presenza di un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività» costituisce «violazione delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, ai sensi del comma 1, lettera b)», ed è soggetto «alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200,00 a euro 1.500,00».
L’ulteriore questione relativa all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. resta assorbita per la parte della disposizione colpita dalla pronuncia di illegittimità costituzionale, mentre è infondata per quella relativa al trattamento sanzionatorio previsto per l’inosservanza dell’art. 9 della legge reg. Puglia n. 39 del 2019. Per questa parte, infatti, la disposizione costituisce espressione della potestà regionale di determinare la misura delle sanzioni pecuniarie per la mancata osservanza delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione, nel rispetto dei limiti definiti, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 218 del 2003, dall’art. 1, comma 5, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 marzo 2004, recante «Parametri di riferimento per la determinazione da parte delle singole regioni della misura delle sanzioni pecuniarie in relazione alla gravità delle infrazioni commesse nonché dei casi in cui è consentito procedere alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione, in attuazione dell’art. 3, della L. 11 agosto 2003, n. 218».
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Puglia 5 luglio 2019, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente)», nella parte in cui sostituisce l’art. 4, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 luglio 2018, n. 39 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera c), della legge reg. Puglia n. 27 del 2019, nella parte in cui, nel sostituire l’art. 12, comma 4, della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, ha previsto che anche «[l]’esercizio dell’attività di noleggio in assenza di SCIA di cui all’articolo 5 ovvero in presenza di un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività» costituisce «violazione delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, ai sensi del comma 1, lettera b)», ed è soggetto «alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200,00 a euro 1.500,00»;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera c), della legge reg. Puglia n. 27 del 2019, nella parte in cui, nel sostituire l’art. 12, comma 4, della legge reg. Puglia n. 39 del 2018, ha previsto che anche «l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 9» costituisce «violazione delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, ai sensi del comma 1, lettera b)», ed è soggetta «alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200,00 a euro 1.500,00», promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Daria de PRETIS, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2021.