Sentenza n. 44 del 2021

 

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SENTENZA N. 44

ANNO 2021

 

Commenti alla decisione di

 

  1. Valeria De Santis. Il ricalcolo dei vitalizi in Sicilia e quello che il thema decidendum non consente di dire: considerazioni sulla sent. n. 44 del 2021, per g.c. del Forum di Quaderni costituzionali
  2. Luciano Ciafardini, La sentenza n. 44 del 2021 della Corte costituzionale sui vitalizi dei Consiglieri regionali siciliani: una decisione in prudente attesa di nuove questioni, per g.c. di Giustizia Insieme

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 12 e 13, della legge della Regione Siciliana 28 novembre 2019, n. 19 (Disposizioni per la rideterminazione degli assegni vitalizi), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 gennaio-3 febbraio 2020, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2020, iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2021 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

udito l’avvocato dello Stato Giammario Rocchetta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 29 gennaio-3 febbraio 2020 e depositato il 6 febbraio 2020 (reg. ric. n. 14 del 2020), ha impugnato l’art. 1, commi 12 e 13, della legge della Regione Siciliana 28 novembre 2019, n. 19 (Disposizioni per la rideterminazione degli assegni vitalizi), ritenuto in contrasto con gli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché con gli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 1, commi da 965 a 967, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), e con il principio di leale collaborazione.

2.– Il ricorrente ricostruisce il complessivo quadro normativo entro il quale sono articolate le censure.

2.1.– Richiama, a tal fine, le pertinenti disposizioni di legge statale, ricordando che l’art. 1, comma 965, della legge n. 145 del 2018, come successivamente modificato dall’art. 45, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, in legge 28 giugno 2019, n. 58, dispone: «[a]i fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dall’anno 2019, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con le modalità previste dal proprio ordinamento, entro il 30 maggio 2019, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge qualora occorra procedere a modifiche statutarie, provvedono a rideterminare, ai sensi del comma 966, la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale. Qualora gli enti di cui al primo periodo non vi provvedano entro i termini previsti, ad essi non è erogata una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali a loro favore diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle regioni nelle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, si debbano svolgere le consultazioni elettorali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni di cui al terzo periodo adottano le disposizioni di cui al primo periodo entro tre mesi dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale ovvero, qualora occorra procedere a modifiche statutarie, entro sei mesi dalla medesima data».

Il successivo comma 966 prevede: «[i] criteri e i parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi di cui al comma 965 sono deliberati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 marzo 2019, con intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, al fine di favorire l’armonizzazione delle rispettive normative. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il 31 marzo 2019 le regioni e le province autonome provvedono in ogni caso a rideterminare i trattamenti previdenziali e i vitalizi di cui al comma 965 entro i termini previsti dal medesimo comma, secondo il metodo di calcolo contributivo».

Infine, il comma 967 così prescrive: «[g]li enti interessati documentano il rispetto delle condizioni di cui al comma 965, secondo i criteri di cui al comma 966, mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, entro il quindicesimo giorno successivo all’adempimento. Il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, entro il quindicesimo giorno successivo al ricevimento della comunicazione, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze l’attestazione relativa al rispetto degli adempimenti. Entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini stabiliti dal comma 965, il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze l’elenco delle regioni e delle province autonome che non hanno inviato la comunicazione prescritta dal presente comma, ai fini dell’esecuzione della riduzione lineare dei trasferimenti prevista dal comma 965. I trasferimenti sono riconosciuti per intero a partire dall’esercizio in cui la regione abbia adempiuto».

Il ricorrente espone che l’intesa contemplata dalla normativa statale è stata adottata il 3 aprile 2019 e che con essa sono stati fissati i criteri e i parametri per la rideterminazione degli assegni vitalizi.

In primo luogo, l’intesa prevede che la rideterminazione si applichi agli assegni vitalizi comunque denominati, diretti, indiretti o di reversibilità, considerando il loro importo lordo, senza tenere conto delle riduzioni temporanee disposte dalla normativa vigente.

In secondo luogo, stabilisce che la rideterminazione riguardi gli assegni vitalizi in corso di erogazione e quelli non ancora erogati, con esclusione dei trattamenti previdenziali il cui ammontare è stato definito esclusivamente sulla base del sistema di calcolo contributivo.

L’intesa prevede che «a seguito della rideterminazione, la spesa per gli assegni vitalizi, in erogazione, in ciascuna Regione non può superare, al momento dell’applicazione della nuova disciplina, la spesa necessaria all’erogazione dei medesimi assegni ricalcolati con il metodo di calcolo contributivo sulla base della nota metodologica allegata alla presente intesa incrementata fino a 26 per cento e, comunque, di un importo pari a quello necessario a garantire che, per effetto della rideterminazione, ciascun assegno vitalizio di importo pari o superiore a due volte il trattamento minimo INPS non sia inferiore a tale importo; in ogni caso, la spesa non può essere superiore a quella sostenuta sulla base della normativa vigente».

Ancora, è stabilito che l’ammontare dell’assegno vitalizio, a seguito della rideterminazione, non può comunque superare l’importo erogato ai sensi della normativa vigente.

L’intesa concede la possibilità di differire l’applicazione delle disposizioni che prevedono la rideterminazione degli assegni vitalizi a non oltre il sesto mese successivo alla loro entrata in vigore, al solo scopo di consentire di completare gli adempimenti amministrativi necessari.

Si prevede, poi, che «[a] decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione cessano di avere efficacia le eventuali disposizioni che prevedono riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere».

Ricorda, ancora, il ricorrente che gli importi degli assegni vitalizi derivanti dalla rideterminazione sono soggetti a rivalutazione automatica annuale, sulla base dell’indice ISTAT di variazione dei prezzi al consumo.

Infine, evidenzia che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano ha approvato, sempre il 3 aprile 2019, uno specifico documento volto ad armonizzare le normative regionali, prevedendo l’applicazione, in sede di rideterminazione degli assegni vitalizi, di specifiche clausole di salvaguardia, al fine di tutelare i principi di proporzionalità, ragionevolezza e di tutela dell’affidamento.

In base al «combinato disposto dell’Intesa della Conferenza Stato-Regione e del documento d’indirizzo della Conferenza delle Regioni», in conclusione, la spesa per gli assegni vitalizi rideterminati non può, a giudizio del ricorrente, superare la spesa che ciascuna Regione avrebbe sostenuto per l’erogazione dei medesimi assegni ricalcolati sulla base del metodo contributivo sancito dalla nota metodologica allegata all’intesa, incrementata fino al ventisei per cento.

2.2.– In attuazione delle disposizioni della legge statale indicata è stata, dunque, emanata la legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, il cui art. 1 (rubricato «Ricalcolo assegni vitalizi»), al comma 12, dispone: «[g]li effetti di risparmio discendenti dalle modalità di calcolo contributivo previste dal presente articolo alla data di entrata in vigore della presente legge sono rapportati in percentuale rispetto alla spesa complessiva consolidata alla stessa data per assegni vitalizi diretti in corso di erogazione. Tale percentuale, diminuita del 26 per cento, costituirà il valore di riduzione individuale degli assegni vitalizi diretti e di reversibilità per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge».

Il medesimo articolo, al successivo comma 13, stabilisce: «[l]a percentuale di riduzione individuale degli assegni vitalizi diretti derivante dall’applicazione del comma 12 è incrementata di una quota aggiuntiva del 5 per cento per la parte eccedente l’importo di 37.000 euro lordi annui e di un’ulteriore quota aggiuntiva del 5 per cento per la parte eccedente l’importo di 62.000 euro lordi annui, per il medesimo periodo di cinque anni di cui al comma 12».

2.3.– A parere del ricorrente, i commi 12 e 13 dell’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019 violano gli evocati parametri costituzionali e statutari.

Quanto a questi ultimi, in particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia come essi dispongano che la Regione può emanare leggi «[e]ntro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato» (art. 17), e come le attribuiscano una potestà legislativa esclusiva «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato» (art. 14).

Le disposizioni impugnate, inoltre, sarebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., che ripartisce tra Stato e Regioni il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», imponendo alle seconde il rispetto dei principi fondamentali in materia.

All’obbligo di rispetto di tali principi di coordinamento della finanza pubblica – ricorda ancora il ricorrente, richiamando a sostegno la sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2015 – non sfuggono le Regioni a statuto speciale e le Province autonome.

Ad avviso del ricorrente, i commi 12 e 13 dell’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019 non rispetterebbero né le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 965 e 966, della legge statale n. 145 del 2018, né l’intesa del 3 aprile 2019.

Le disposizioni regionali, infatti, si porrebbero in contrasto con quelle statali, nella parte in cui introducono una disciplina «testualmente limitata nella sua applicazione a un periodo di tempo determinato (cinque anni), senza che analoga previsione sia contenuta nelle citate disposizioni», considerate espressione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

Sarebbero stati, altresì, violati i criteri e i parametri contenuti nell’intesa sancita in data 3 aprile 2019 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che pure concorrerebbe «alla determinazione dei principi di coordinamento nella specifica fattispecie prevista dall’art. 1, commi 965, 966 e 967 della legge n. 145/2018».

L’intesa, infatti, autorizza esclusivamente il differimento dell’applicazione delle disposizioni che prevedono la rideterminazione degli assegni vitalizi a non oltre il sesto mese successivo alla loro entrata in vigore, e al solo scopo di «consentire di completare gli adempimenti amministrativi necessari».

Inoltre, essa sancisce che «[a] decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione cessano di avere efficacia le eventuali disposizioni che prevedono riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere».

Da ciò si evincerebbe, a giudizio del ricorrente, che l’intesa, pur concedendo la possibilità di differire per un massimo di sei mesi (e per uno scopo ben determinato) l’inizio dell’applicazione della normativa sulla rideterminazione degli assegni vitalizi, non autorizzerebbe affatto l’apposizione ad essa di un termine finale.

Le disposizioni impugnate, invece, prevedono che la nuova disciplina introdotta dalla legge regionale sia limitata nella sua applicazione ad un periodo di tempo determinato (cinque anni) e non costituisca, pertanto, una norma a regime, «venendo così a mutare la natura dell’intervento previsto dalla normativa statale in una misura temporalmente contingente».

In tal modo, le disposizioni impugnate violerebbero anche «i principi di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 della Cost., introducendo una deroga alla normativa statale armonizzata a livello nazionale in sede d’Intesa», e dunque un trattamento ingiustificatamente differenziato rispetto a quello previsto da tutte le altre Regioni.

Sarebbe, infine, leso anche il principio di leale collaborazione.

A giudizio del ricorrente – che, sul punto, evoca la sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 2007 – l’introduzione di una deroga ad una intesa raggiunta, qualora venga disposta «senza l’attivazione di ulteriori meccanismi di cooperazione necessari per superare l’intesa già raggiunta, determina una lesione del principio di leale collaborazione».

3.– La Regione Siciliana non si è costituita in giudizio.

4.– Con atto depositato telematicamente il 6 maggio 2020 – oltre il termine di cui all’art. 4-ter, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale – l’Associazione tra i deputati regionali della Sicilia cessati dal mandato ha presentato un’opinione scritta in qualità di amicus curiae, integrandola con successivo atto inviato per posta elettronica certificata in data 15 gennaio 2021.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’art. 1, commi 12 e 13, della legge della Regione Siciliana 28 novembre 2019, n. 19 (Disposizioni per la rideterminazione degli assegni vitalizi), ritenuto in contrasto con gli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché con gli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione all’art. 1, commi da 965 a 967, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), evocati quali principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica – e con il principio di leale collaborazione.

In base alle disposizioni statali indicate come parametro interposto, entro il 30 maggio 2019 le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano dovevano provvedere a rideterminare, secondo il metodo di calcolo contributivo, gli importi dei vitalizi già in essere in favore di coloro che avessero ricoperto la carica di Presidente della Regione, di consigliere o di assessore regionale.

Le medesime disposizioni rimettevano la definizione dei criteri e dei parametri per la suddetta rideterminazione ad un’intesa da sancire (ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 recante «Disposizioni per l’adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3») in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, «al fine di favorire l’armonizzazione delle rispettive normative».

L’intesa contemplata dalla normativa statale è stata adottata il 3 aprile 2019 e fissa i criteri e i parametri per la rideterminazione degli assegni vitalizi.

Essa concede, altresì, la possibilità di differire l’applicazione delle disposizioni regionali attuative del ricalcolo a non oltre il sesto mese successivo alla loro entrata in vigore, al solo scopo di consentire di completare gli adempimenti amministrativi necessari.

L’intesa stessa prevede, poi, che «[a] decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione cessano di avere efficacia le eventuali disposizioni che prevedono riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere».

Nella Regione Siciliana l’attuazione dell’intesa è stata affidata alla legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, il cui art. 1 (rubricato «Ricalcolo assegni vitalizi»), al comma 12, dispone: «[g]li effetti di risparmio discendenti dalle modalità di calcolo contributivo previste dal presente articolo alla data di entrata in vigore della presente legge sono rapportati in percentuale rispetto alla spesa complessiva consolidata alla stessa data per assegni vitalizi diretti in corso di erogazione. Tale percentuale, diminuita del 26 per cento, costituirà il valore di riduzione individuale degli assegni vitalizi diretti e di reversibilità per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge».

Il medesimo articolo, al successivo comma 13, stabilisce: «[l]a percentuale di riduzione individuale degli assegni vitalizi diretti derivante dall’applicazione del comma 12 è incrementata di una quota aggiuntiva del 5 per cento per la parte eccedente l’importo di 37.000 euro lordi annui e di un’ulteriore quota aggiuntiva del 5 per cento per la parte eccedente l’importo di 62.000 euro lordi annui, per il medesimo periodo di cinque anni di cui al comma 12».

A parere del ricorrente, l’art. 1, commi 12 e 13, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019 violerebbe i parametri costituzionali e statutari evocati.

Le disposizioni impugnate sarebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., che ripartisce tra Stato e Regioni il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», imponendo a tutte le Regioni – ivi incluse quelle ad autonomia speciale – il rispetto dei principi fondamentali contenuti dalle leggi statali.

In particolare, le disposizioni regionali impugnate si porrebbero in contrasto con le previsioni statali – che appunto detterebbero principi fondamentali nella materia – nella parte in cui la nuova disciplina è «testualmente limitata nella sua applicazione a un periodo di tempo determinato (cinque anni)», mentre le disposizioni statali invocate quali parametri interposti disegnerebbero una disciplina a regime e senza limiti temporali.

Sarebbero, altresì, violati alcuni criteri e parametri contenuti nell’intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 3 aprile 2019, che pure concorrerebbe alla determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica.

L’intesa, infatti, concederebbe la sola possibilità di differire per un massimo di sei mesi (e per uno scopo ben determinato, consistente nella necessità di completare gli adempimenti amministrativi necessari) l’applicazione della normativa sulla rideterminazione degli assegni vitalizi, senza autorizzare l’apposizione ad essa di un termine finale.

Per tale ragione, ad avviso del ricorrente, sarebbe leso anche il principio di leale collaborazione, in presenza di una deroga ad una intesa, realizzata con legge regionale, disposta perciò unilateralmente e senza l’attivazione di ulteriori meccanismi di cooperazione.

Le disposizioni impugnate, infine, violerebbero anche «i principi di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost., introducendo una deroga alla normativa statale armonizzata a livello nazionale in sede d’Intesa», e dunque un trattamento ingiustificatamente differenziato rispetto a quello previsto da tutte le altre Regioni.

2.– Va preliminarmente precisato il thema decidendum posto dal ricorso in esame.

Come emerge dal complesso della disciplina illustrata, le disposizioni statali richiamate a parametro interposto – integrate dall’intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – richiedono che le leggi regionali stabiliscano una riduzione, permanente e perciò a regime, del trattamento previdenziale già goduto da ex Presidenti, assessori e consiglieri regionali, determinando effetti definitivi, generalmente sfavorevoli, su tale trattamento. Non si tratta, quindi, di disposizioni che prevedono interventi limitati nel tempo, come accade per i cosiddetti contributi di solidarietà, o per i provvedimenti di blocco della perequazione automatica, variamente indirizzati a imporre un prelievo una tantum sulle pensioni o a raffreddarne temporaneamente la rivalutazione.

Come si è visto, del resto, la stessa intesa ha cura di precisare che, a decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione, cessano di avere efficacia le eventuali disposizioni che, in ciascuna Regione, prevedano riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere.

Da un lato, quindi, non viene in questa sede in considerazione la giurisprudenza costituzionale relativa alle previsioni che introducono cosiddetti contributi di solidarietà o stabiliscono il blocco o la limitazione dei meccanismi di rivalutazione delle pensioni. (da ultimo, sentenze n. 234 del 2020, n. 213 del 2017, n. 173 del 2016 e n. 316 del 2010).

Dall’altro, e soprattutto, il ricorso statale non chiede a questa Corte di verificare la legittimità costituzionale né dei criteri previsti dall’intesa per il ricalcolo dei vitalizi, né di quelli in concreto utilizzati dalla legge della Regione Siciliana.

Nel presente giudizio si fa questione del solo profilo relativo alla competenza legislativa regionale a stabilire la temporaneità del ricalcolo, essendo impugnati unicamente gli ultimi periodi dei commi 12 e 13 dell’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, che appunto limitano a cinque anni il periodo di efficacia della rideterminazione dei vitalizi già in essere.

In discussione, in definitiva, è unicamente se tali previsioni, nello stabilire il citato limite temporale, eccedano dalla sfera di competenza regionale, alla luce sia degli invocati principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, sia del principio di uguaglianza, sia, infine, del principio di leale collaborazione, nonché delle norme statutarie pure evocate.

3.– Così definito il perimetro delle questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in esame, esse si rivelano fondate, con riferimento al primo tra i parametri costituzionali appena evocati, con assorbimento di ogni altro.

4.– Il comma 965 dell’art. 1 della legge statale di bilancio per il 2019 si apre con una dichiarazione del seguente tenore: «Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica […]».

Ben vero, come è noto, che «l’autoqualificazione non ha carattere precettivo e vincolante», poiché la natura della norma cui essa si riferisce va comunque verificata con riguardo «“all’oggetto, alla ratio e alla finalità” (sentenza n. 164 del 2019) che ne costituiscono l’effettiva sostanza» (così, tra le ultime, sentenza n. 78 del 2020).

Tuttavia, la presenza di una serie di indici – già elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte – consente di ritenere che le disposizioni statali, indicate in ricorso come parametri interposti, siano effettivamente qualificabili alla stregua di principi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica.

Il legislatore statale ha, innanzitutto, operato una “scelta di fondo”: estendere anche ai vitalizi maturati anteriormente al 2012 un meccanismo di quantificazione legato all’ammontare dei contributi versati, equiparando, così, la posizione degli ex consiglieri, presidenti ed assessori – cessati dalla carica prima del 2012 – a quella di coloro che abbiano acquisito il diritto successivamente a tale data. La presenza di una scelta normativa di natura strutturale è usualmente considerato carattere significativo, ai fini della qualificazione della norma in termini di principio fondamentale della materia (sentenze n. 153 del 2015, n. 23 del 2014 e n. 151 del 2012).

Il legislatore persegue quindi l’obiettivo di un risparmio – funzionale anche al contenimento della spesa del settore pubblico allargato (sentenze n. 16 del 2010 e n. 237 del 2009) – tramite la riduzione dei costi di funzionamento degli organi elettivi e delle indennità spettanti agli ex consiglieri, presidenti ed assessori regionali (sentenze n. 23 del 2014 e n. 151 del 2012). Si è, del resto, in presenza di una tecnica normativa non nuova, già utilizzata dal legislatore statale proprio nella prospettiva della riduzione dei “costi della politica” (fattispecie analoghe sono scrutinate nelle sentenze n. 99 e n. 23 del 2014, n. 198 e n. 151 del 2012) e che si differenzia anche da altre tipiche ipotesi di tagli lineari della spesa, per le quali questa Corte ha richiesto il requisito della temporaneità (tra le tante, sentenze n. 103 del 2018 e n. 154 del 2017).

Lo scopo, inoltre, è realizzato assicurando uniformità normativa su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 26 del 2013), carattere che pare connaturato alla logica della riforma (analogamente, sentenza n. 88 del 2014) e che non consente differenziazioni tra Regioni, per l’evidente necessità di evitare discriminazioni.

È peraltro da osservare che le disposizioni statali, in prima battuta, si sono limitate a fissare il principio del ricalcolo dei vitalizi, ponendo dunque un obiettivo (sentenza n. 88 del 2006), ma non hanno previsto le modalità per il suo perseguimento. Tali modalità sono state espressamente deferite alla sede della concertazione, cioè all’intesa da raggiungere nella citata Conferenza permanente, cui è spettata la individuazione dei criteri e dei parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi. Solo per il caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il 31 marzo 2019, era previsto che le Regioni e le Province autonome provvedessero comunque a rideterminare i trattamenti previdenziali e i vitalizi secondo il metodo di calcolo contributivo.

In tal modo, è stata lasciata alle Regioni «la possibilità di scegliere in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenza n. 156 del 2010; in senso analogo, sentenze n. 236 del 2013 e n. 157 del 2007), e sono stati dunque loro concessi adeguati spazi di manovra (sentenza n. 16 del 2010).

Con tale procedura, è disegnato un meccanismo normativo in cui il principio fondamentale trova attuazione anche attraverso un coordinamento, realizzato in sede di intesa.

Così, il principio fondamentale viene alla fine integrato da una disciplina concertata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ciò valorizza la condivisione tra Stato e autonomie regionali nella complessiva definizione della disciplina di riforma dei trattamenti post-mandato.

Al tempo stesso, sono previste sanzioni per garantire il raggiungimento dell’obiettivo dell’omogeneità delle regole (sentenza n. 77 del 2019). Lo scopo finale, infatti, è perseguito mediante la predisposizione di un meccanismo che subordina l’integralità dei trasferimenti erariali all’introduzione effettiva, a livello regionale, del ricalcolo dei vitalizi secondo il metodo contributivo. È altresì introdotto un sistema di controllo della tempestività dell’adempimento.

Con queste complessive caratteristiche, la normativa statale richiamata a parametro interposto si pone in linea con la giurisprudenza costituzionale, che, nel riconoscere un carattere finalistico al coordinamento della finanza pubblica, impone altresì di rendere effettivo l’esercizio di tale funzione: e anche da questo punto di vista la procedura disegnata dalla disposizione impugnata appare idonea a garantire, sia i necessari spazi all’autonomia regionale, sia l’effettività della funzione di coordinamento (sentenza n. 65 del 2016).

In definitiva, per tutte le caratteristiche descritte, ai commi da 965 a 967 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018, richiamati quali norme interposte, deve essere riconosciuta la natura di principi di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 137 del 2018), impregiudicata peraltro restando, come già ricordato, ogni altra valutazione sul contenuto e sull’attuazione – in sede di effettiva rideterminazione dei vitalizi già in essere – di tali principi.

5.– Ciò premesso, è dunque agevole concludere che non compete ad una legge regionale declinare nelle forme di una riduzione di durata temporanea il ricalcolo imposto a regime dai principi fondamentali della normativa statale.

La circostanza che la rideterminazione secondo il sistema contributivo sia prevista a regime è resa palese dalla locuzione «a decorrere dall’anno 2019» che, nel comma 965 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019, precede immediatamente la prescrizione di «rideterminare, ai sensi del comma 966, la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere», senza essere seguita da alcuna previsione di un termine di durata.

Se così è, la disciplina regionale impugnata si pone in evidente contrasto con la normativa statale, in quanto introduce una non consentita limitazione temporale all’operatività del meccanismo di riduzione dei vitalizi già maturati.

Nulla sposta, nel presente caso, l’essere la Regione Siciliana a statuto speciale.

In disparte la circostanza che alla materia «coordinamento della finanza pubblica», cui sono da ricondurre la disciplina statale nonché quella prevista dalla intesa, sono estranee competenze statutarie (con cui, pure, il ricorrente si confronta espressamente), per giurisprudenza costituzionale ormai costante i principi fondamentali di tale materia vincolano anche le autonomie speciali, «poiché essi sono funzionali “a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (sentenza n. 82 del 2015, nonché, ex multis, sentenza n. 62 del 2017)” (sentenza n. 151 del 2017; con specifico riferimento alla Regione Siciliana, sentenza n. 159 del 2018)» (sentenza n. 130 del 2020; nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 241, n. 172 e n. 103 del 2018, n. 154 del 2017).

Del resto, anche la finanza delle Regioni a statuto speciale è considerata parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 231 del 2017).

Per queste ragioni, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 12 e 13, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019 sono fondate, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Restano assorbite le ulteriori censure.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 12, della legge della Regione Siciliana 28 novembre 2019, n. 19 (Disposizioni per la rideterminazione degli assegni vitalizi), limitatamente alle parole «per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge»;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 13, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, limitatamente alle parole «, per il medesimo periodo di cinque anni di cui al comma 12».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2021.