SENTENZA N. 27
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta CARTABIA;
Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n. 43 (Disciplina degli interventi regionali in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo e cyber bullismo), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 1°-6 febbraio 2019, depositato in cancelleria il successivo 13 febbraio, iscritto al n. 23 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2020 il Giudice relatore Giuliano Amato;
udito l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 29 gennaio 2020.
1.– Con ricorso notificato il 1°-6 febbraio 2019, depositato in cancelleria il successivo 13 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n. 43 (Disciplina degli interventi regionali in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo e cyber bullismo).
La disposizione impugnata individua, tra i beneficiari dei finanziamenti regionali di appositi programmi finalizzati alla prevenzione e al contrasto del bullismo e del cyberbullismo, le «Associazioni con certificata esperienza che operano nel campo del disagio sociale ed in particolare nell’area minori iscritte nel registro regionale del volontariato e/o della promozione sociale».
Ad avviso della parte ricorrente, questa disposizione violerebbe l’art. 3 della Costituzione, poiché introdurrebbe una discriminazione nei confronti delle associazioni di promozione sociale, aventi analoghe finalità, iscritte nel registro nazionale.
2.– L’Avvocatura generale dello Stato premette che, in base all’art. 6, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), per le organizzazioni di volontariato «[l]’iscrizione ai registri [all’epoca, solo regionali] è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici».
Gli artt. 7 e 8 della successiva legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale) stabiliscono che ai registri nazionali possono iscriversi anche le articolazioni territoriali e i circoli affiliati delle associazioni a carattere nazionale. In base a questa disciplina, le associazioni di promozione sociale possono usufruire dei benefici finanziari previsti dalla legislazione statale o regionale, sia qualora siano iscritte ai registri regionali, sia qualora siano iscritte ai registri nazionali.
Ancorché abrogate dall’art. 102, comma 4, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore a norma dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», queste disposizioni continuano ad applicarsi, ai sensi dell’art. 101, comma 2, dello stesso d.lgs., fino all’operatività del registro unico nazionale del terzo settore, introdotto dall’art. 53 del medesimo decreto legislativo. Tutti i previgenti registri, quindi, continuano ad operare in via transitoria, in attesa del registro unico.
Ad avviso della parte ricorrente, la disposizione regionale censurata violerebbe i principi di uguaglianza e di non discriminazione dettati dall’art. 3 Cost, poiché introdurrebbe una discriminazione tra le associazioni di promozione sociale operanti nella Regione Basilicata iscritte nel registro regionale e quelle, aventi le medesime finalità, iscritte nel registro nazionale.
3.– La Regione Basilicata non si è costituita in giudizio.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n. 43 (Disciplina degli interventi regionali in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo e cyber bullismo).
La disposizione impugnata individua, tra i beneficiari dei finanziamenti regionali di appositi programmi finalizzati alla prevenzione e al contrasto del bullismo e del cyberbullismo, le «Associazioni con certificata esperienza che operano nel campo del disagio sociale ed in particolare nell’area minori iscritte nel registro regionale del volontariato e/o della promozione sociale».
Ad avviso della parte ricorrente, questa disposizione violerebbe l’art. 3 della Costituzione, poiché introdurrebbe una discriminazione nei confronti delle associazioni di promozione sociale, aventi analoghe finalità, iscritte nel registro nazionale.
2.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Basilicata n. 43 del 2018 non è fondata.
2.1.– Con questo intervento normativo il legislatore regionale ha inteso promuovere e sostenere «azioni di prevenzione, individuazione ed emersione, contrasto e repressione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, volte a: a) implementare e favorire la diffusione della cultura del rispetto delle regole e della dignità della persona, facendo salva ogni diversità legata alla razza, al sesso, alla religione, alle condizioni economiche o ogni altra condizione, sia che si riferisca al minore stesso, sia alla sua famiglia; b) tutelare l’integrità psico-fisica dei fanciulli e degli adolescenti con particolare riguardo all’ambiente scolastico ed all’utilizzo dei social-media e della rete internet» (art. 2 della legge regionale citata).
A tali fini, la disposizione censurata delimita la platea dei destinatari dei finanziamenti regionali, individuandoli in quelle «Associazioni con certificata esperienza che operano nel campo del disagio sociale ed in particolare nell’area minori iscritte nel registro regionale del volontariato e/o della promozione sociale».
Le censure della parte ricorrente si appuntano sul carattere discriminatorio di questa delimitazione, che precluderebbe l’accesso ai finanziamenti regionali alle associazioni di promozione sociale, operanti nel medesimo settore, iscritte nel registro nazionale. Ancorché possiedano la medesima natura, perseguano le medesime finalità e gli stessi scopi sociali, esse sarebbero discriminate rispetto alle associazioni iscritte nel registro tenuto dalla Regione Basilicata.
2.2.– Va rilevato, in linea generale, che per le organizzazioni di volontariato l’iscrizione nei registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici, nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali (art. 6, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266, recante «Legge-quadro sul volontariato»).
Nel riorganizzare il sistema di registrazione degli enti secondo criteri di semplificazione, il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», ha istituito il registro unico nazionale del terzo settore, intorno al quale ruota il sistema pubblicitario degli enti che ne fanno parte. Peraltro, in attesa che il registro unico diventi operativo, continuano ad applicarsi le norme previgenti. Il requisito dell’iscrizione è soddisfatto attraverso l’iscrizione degli enti del terzo settore ad uno dei registri attualmente previsti (art. 101 del d.l.gs. n. 117 del 2017).
2.3.– Pertanto, in via transitoria, alle associazioni di promozione sociale è tuttora applicabile l’art. 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), che ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, un registro nazionale al quale possono iscriversi le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale costituite ed operanti da almeno un anno. La medesima disposizione stabilisce, al comma 2, che per associazioni di promozione sociale a carattere nazionale si intendono quelle che svolgono attività in almeno cinque Regioni e almeno venti Province del territorio nazionale.
Il medesimo art. 7, al successivo comma 3, stabilisce un collegamento automatico tra l’iscrizione nei registri regionali e provinciali e quella nel registro nazionale. Per effetto di questo collegamento, i livelli di organizzazione territoriale e i circoli affiliati alle associazioni iscritte nel registro nazionale hanno anch’essi, per tale qualità, il diritto di automatica iscrizione nel medesimo registro.
Ne consegue che, tra i destinatari dei finanziamenti previsti dalla disposizione regionale censurata, oltre alle associazioni iscritte nei (soli) registri regionali, sono ricomprese anche le associazioni iscritte nel registro nazionale, che siano dotate di articolazioni locali o circoli affiliati nel territorio regionale.
Pertanto, dalla platea dei beneficiari non sono escluse le associazioni nazionali, come sostenuto dalla parte ricorrente, ma soltanto quelle che non svolgano alcuna attività istituzionale, neppure attraverso articolazioni locali o circoli affiliati, nel territorio della Regione Basilicata.
2.4.– Così ricostruito l’ambito applicativo della disposizione regionale censurata, la delimitazione che essa stabilisce non si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e non discriminazione di cui all’art. 3 Cost. Essa trova, infatti, giustificazione nella ratio del complessivo intervento legislativo regionale, volto a prevenire ed affrontare a livello locale il fenomeno del cyberbullismo.
Del tutto coerente con queste finalità risulta la preferenza accordata dal legislatore regionale alle associazioni che – anche quali articolazioni territoriali o circoli affiliati alle associazioni nazionali – abbiano maturato nel territorio regionale quella «certificata esperienza […] nel campo del disagio sociale ed in particolare nell’area minori», che costituisce il requisito qualificante per l’accesso ai finanziamenti.
Si tratta di una scelta non irragionevole, che valorizza la specifica esperienza maturata nel contesto locale di riferimento, in funzione di una maggiore efficacia dell’intervento legislativo regionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018, n. 43 (Disciplina degli interventi regionali in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo e cyber bullismo), promossa, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2020.