ORDINANZA N. 47
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 829 e 830, primo periodo, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), promosso dalla Regione Siciliana, con ricorso notificato il 27 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 6 marzo 2018, iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 febbraio 2019 il Presidente Giorgio Lattanzi, il quale, sentiti il Giudice relatore Giuliano Amato e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri, dispone che sia omessa la relazione.
Ritenuto che la Regione Siciliana, con ricorso notificato il 27 febbraio 2018 e depositato in cancelleria il 6 marzo 2018 (reg. ric. n. 24 del 2018) ha promosso – in riferimento agli artt. 3, 5, 116, 117, terzo comma, 119, primo e quarto comma, e 120 della Costituzione, all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), agli artt. 20 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e al principio di leale collaborazione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 829 e 830, primo periodo, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020);
che, in primo luogo, la ricorrente censura l’art. 1, comma 829, della legge n. 205 del 2017, ove si prevede che «[s]ono esclusi dal computo della riduzione della spesa corrente del 3 per cento annuo, di cui all’articolo l, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, gli oneri, a carico del bilancio della Regione siciliana destinati ai liberi consorzi del relativo territorio, di almeno 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo 2016, di cui al punto 4 dell’Accordo fra il Governo e la Regione siciliana sottoscritto in data 12 luglio 2017. Sono, altresì, escluse dal predetto computo le spese sostenute dalla Regione per l’assistenza ai disabili gravi e gravissimi e in generale non autosufficienti, ad integrazione delle risorse erogate per tale finalità dallo Stato. Sono inoltre escluse le maggiori spese per il servizio del debito sostenute nel 2017 rispetto all’anno 2016 derivanti dalla rimodulazione dei mutui effettuata nel 2015, nonché le spese per le quote interessi delle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64»;
che tali disposizioni violerebbero, in particolare, l’art. 43 dello statuto reg. Siciliana e il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., poiché, escludendo taluni oneri dalla riduzione della spesa prevista dall’art. l, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), ne ribadirebbero la prescrizione a carico del bilancio regionale del 2018, senza alcuna verifica di sostenibilità e senza procedere alla revisione complessiva della disciplina di attuazione dell’autonomia finanziaria regionale, determinando altresì, per la parte in cui si confermerebbero oneri divenuti insostenibili a carico della finanza regionale e di quella degli enti locali siciliani di area vasta, l’illegittimità sopravvenuta dell’art. 1, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», che impone a tutti gli enti intermedi un contributo aggiuntivo in 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, in 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e in 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017;
che, in secondo luogo, la Regione Siciliana impugna l’art. 1, comma 830, primo periodo, della legge n. 205 del 2017, secondo cui «[d]al 2018 al 2022 la Regione siciliana si impegna a riqualificare la propria spesa attraverso il progressivo aumento degli investimenti incrementando gli impegni complessivi per gli investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno rispetto all’anno precedente».
che la disposizione impugnata sarebbe lesiva dell’art. 43 dello statuto reg. Siciliana, degli artt. 117, terzo comma, e 119, primo e quarto comma, Cost. – anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 – nonché del principio di leale collaborazione, in quanto non detterebbe un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma imporrebbe unilateralmente alla Regione un vincolo in materia finanziaria, al di fuori della procedura prevista dallo statuto regionale e comunque in assenza di accordo fra Stato e Regione, relativamente alle spese per investimenti, come indicato anche dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione);
che sarebbe altresì violato l’art. 3 Cost., da un lato in relazione all’art. 116 Cost. – perché la disposizione censurata avrebbe quale unica destinataria la Regione Siciliana, ledendo così il principio di uguaglianza, tenuto conto che la Costituzione riconosce l’autonomia differenziata di tutte le Regioni a statuto speciale, non solo di alcune di esse – dall’altro lato poiché verrebbe pregiudicato il legittimo affidamento della Regione sulla stabilità dell’assetto dei rapporti con lo Stato in materia finanziaria, quale risultante dagli accordi in vigore;
che, da ultimo, verrebbe leso l’art. 20 dello statuto reg. Siciliana, in virtù della limitazione che l’illegittima compressione dell’autonomia di spesa comporterebbe sullo svolgimento delle funzioni amministrative da parte della Regione;
che si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato;
che, con atto depositato il 13 febbraio 2019, in conformità alle deliberazioni della Giunta regionale 17 gennaio 2019, n. 27 e 29 gennaio 2019, n. 52, la Regione Siciliana ha rinunciato al ricorso, in adempimento di quanto previsto dall’accordo in materia di finanza pubblica, sottoscritto il 19 dicembre 2018, tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione Siciliana, a cui lo Stato ha dato attuazione con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021);
che, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2019, con atto depositato il 18 febbraio 2019 il Presidente del Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia al ricorso.
Considerato che la Regione Siciliana ha rinunciato al ricorso indicato in epigrafe;
che detta rinuncia è stata accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri;
che la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte costituita, determina, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2019.