ANNO 2017
Commento alla decisione di
Valentina Carlino
per g.c. di Federalismi.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Tribunale ordinario di Palermo, nel procedimento vertente tra M. F. e il Ministero dell’interno e altra, con ordinanza del 17 novembre 2016, iscritta al n. 29 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2017.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI);
udito nella camera di consiglio dell’8 novembre 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 17 novembre 2016 (r.o. n. 29 del 2017), il Tribunale ordinario di Palermo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), in riferimento agli artt. 10, secondo comma, 13, secondo e terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare).
La disposizione censurata prevede una duplice ipotesi di respingimento con accompagnamento alla frontiera dello straniero, disposto in entrambi i casi con provvedimento del questore.
In base all’art. 10, comma 2, lettera a), sono respinti gli stranieri «che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo»; in base alla lettera b) della medesima disposizione, sono respinti gli stranieri che, entrati nel territorio dello Stato senza avere i requisiti richiesti, «sono […] temporaneamente ammessi […] per necessità di pubblico soccorso».
Il Tribunale rimettente conosce di un provvedimento di respingimento del quale il ricorrente ha eccepito l’illegittimità anche sulla base della dedotta illegittimità costituzionale della disposizione censurata.
A quanto riferisce il giudice a quo, il ricorrente in seguito al suo ingresso nel territorio dello Stato aveva formato oggetto di un provvedimento di respingimento cosiddetto differito, con accompagnamento “coercitivo” alla frontiera, e al tempo stesso anche di «un distinto ordine di lasciare il territorio dello Stato ai sensi dell’art. 14, c. 5-bis», del d.lgs. n. 286 del 1998, che lo straniero doveva spontaneamente eseguire entro sette giorni.
Il giudice a quo premette che il provvedimento di respingimento è sempre connotato dall’accompagnamento alla frontiera, cioè da una misura restrittiva della libertà personale tutelata dall’art. 13 Cost.
Conseguentemente il giudice rimettente in primo luogo dubita della violazione della riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13, secondo comma, Cost., posto che il potere di respingimento è attribuito in via ordinaria al questore, anziché all’autorità giudiziaria, cui invece la Costituzione lo riserva, salvo casi eccezionali di necessità ed urgenza.
In secondo luogo rileva che, in contrasto con l’art. 13, terzo comma, Cost., la disposizione censurata non prevede neppure che il provvedimento del questore sia comunicato entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e si intenda revocato se quest’ultima non lo convalida entro le successive quarantotto ore.
In terzo luogo sarebbe violata la riserva di legge prevista dall’art. 13, secondo comma, Cost., che ammette restrizioni della libertà personale nei soli casi e modi previsti dalla legge, e dall’art. 10, secondo comma, Cost. in tema di condizione giuridica dello straniero. Il rimettente ritiene che la previsione del respingimento nei confronti di chi sia stato fermato «subito dopo» l’ingresso nel territorio dello Stato sia priva di una formula lessicale sufficientemente tassativa, a causa della «evidente genericità» dell’espressione impiegata. Perciò la scelta tra il respingimento differito e l’espulsione dello straniero irregolare sarebbe affidata interamente alla discrezionalità dell’amministrazione.
Infine il giudice a quo deduce la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., perché «la normativa nazionale in materia di respingimenti» sarebbe in contrasto con l’art. 4, paragrafo 4, della direttiva n. 2008/115/CE.
Quest’ultima non si applica, se così decide lo Stato membro, ai respingimenti alla frontiera regolati dall’art. 2, paragrafo 2, della medesima direttiva. Tuttavia anche in tali casi l’art. 4, paragrafo 4, obbliga gli Stati membri a offrire un livello di protezione non meno favorevole di quello previsto nei casi di applicazione della direttiva, quanto alle garanzie contenute nei successivi artt. 8, paragrafi 4 e 5; 9, paragrafo 2, lettera a); 14, paragrafo 1, lettere b) e d); 16 e 17.
Ciò posto, il rimettente lamenta che non sia «prevista alcuna norma nazionale» che assicuri allo straniero, in caso di respingimento, un livello di protezione non meno favorevole di quello garantito dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva n. 2008/115/CE.
In conclusione, il giudice a quo sottolinea che la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata non comporterebbe alcuna violazione degli obblighi internazionali gravanti sull’Italia quanto al controllo delle frontiere, perché lo straniero potrebbe sempre essere espulso ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 286 del 1998.
2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate.
Le questioni sarebbero inammissibili perché il rimettente non avrebbe descritto adeguatamente la fattispecie, né chiarito se le «modalità esecutive» del respingimento abbiano davvero compromesso la libertà personale dello straniero. Inoltre l’applicazione dell’art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 avrebbe privato le questioni di rilevanza.
Nel merito, l’Avvocatura dello Stato ritiene che le condizioni «del tutto contingenti» legate al respingimento giustificherebbero la scelta del legislatore di non prevedere un meccanismo di convalida giudiziale del provvedimento.
Tale meccanismo sarebbe comunque operante quando il respingimento è preceduto dal trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998.
Infine, in questa materia dovrebbe essere riconosciuta al legislatore la più ampia discrezionalità nel regolamentare i flussi migratori.
3.– È intervenuta nel giudizio incidentale l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), che non è parte del giudizio a quo, e ha chiesto l’accoglimento delle questioni, deducendo di essere legittimata a intervenire «in quanto ente esponenziale altamente qualificato e riconosciuto come ente di tutela dei diritti fondamentali delle persone migranti», ciò che radicherebbe «un interesse immediatamente inerente all’oggetto dell[e] question[i] di legittimità costituzionale».
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Palermo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), in riferimento agli artt. 10, secondo comma, 13, secondo e terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare).
La disposizione censurata disciplina due ipotesi di respingimento, cosiddetto differito, dello straniero, entrambe con accompagnamento coattivo alla frontiera. Essa prevede che il questore adotti tale provvedimento nei confronti degli stranieri che, «entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo» (lettera a) e degli stranieri che, presentatisi ai valichi di frontiera senza avere i requisiti legali per l’ingresso nel territorio dello Stato, vi sono temporaneamente ammessi per necessità di pubblico soccorso (lettera b).
Davanti al giudice a quo è impugnato un provvedimento di respingimento adottato in base a tale disposizione.
Il rimettente ritiene che l’accompagnamento coattivo alla frontiera comporti una restrizione della libertà personale e che sotto più aspetti la disposizione censurata violi l’art. 13 Cost.
In primo luogo essa sarebbe in contrasto con il secondo comma dell’art. 13 Cost., perché attribuisce la potestà di provvedere all’autorità di pubblica sicurezza, anziché all’autorità giudiziaria, senza che ricorra un caso eccezionale di necessità ed urgenza.
In secondo luogo la norma, nel consentire l’esercizio del potere «subito dopo» l’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, impiegherebbe un’espressione indeterminata, in violazione delle riserve di legge poste dall’art. 13, secondo comma, Cost., sui casi e modi di restrizione della libertà personale, e dall’art. 10, secondo comma, Cost., sulla condizione giuridica dello straniero.
Inoltre sarebbe leso l’art. 13, terzo comma, Cost., perché non è prevista la convalida del provvedimento del questore da parte dell’autorità giudiziaria.
Infine, il rimettente denuncia la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., «non essendo prevista alcuna norma nazionale» che assicuri allo straniero, in caso di respingimento, un livello di protezione non meno favorevole di quello garantito dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva n. 2008/115/CE.
2.– È intervenuta nel giudizio incidentale l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) e ha chiesto l’accoglimento delle questioni.
L’intervento è inammissibile, perché l’ASGI non è parte del giudizio a quo, né è titolare di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, che la legittimi a intervenire. L’ASGI non vanta infatti una posizione giuridica individuale suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale (ex plurimis, ordinanza n. 227 del 2016).
3.– Il giudice a quo riferisce che lo straniero ricorrente nel processo principale, dopo essere stato raggiunto dal provvedimento di respingimento differito lì impugnato, ha ricevuto dal questore l’ordine di lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni, in base all’art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998.
L’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate perché quest’ultima circostanza impedirebbe di portare ad esecuzione il respingimento mediante accompagnamento alla frontiera e priverebbe perciò tali questioni di rilevanza.
L’eccezione è fondata, nei termini che ora si diranno.
L’art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 prevede che il questore, dopo aver disposto il respingimento con accompagnamento alla frontiera, per «porre fine al soggiorno illegale», può ordinare allo straniero «di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni».
Al contrario di quanto ritiene il giudice rimettente questo provvedimento non affianca il precedente, per quanto concerne l’accompagnamento coattivo, ma lo supera, sostituendo tale forma esecutiva con l’ordine di lasciare entro un breve termine il territorio dello Stato. In questo modo viene ugualmente perseguito lo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero, senza però operare una restrizione della sua libertà personale.
L’accompagnamento coattivo e l’ordine di lasciare il territorio dello Stato sono chiaramente alternativi, e non può ritenersi che per effetto del secondo provvedimento il primo, in attesa del volontario allontanamento dello straniero, rimanga temporaneamente sospeso, per riprendere poi vigore ed essere eseguito a discrezione dell’autorità di polizia.
Un ordine di accompagnamento coattivo alla frontiera da eseguire non immediatamente, ma in un momento successivo, dopo l’emissione dell’ordine di lasciare il territorio dello Stato, avrebbe un’incidenza priva di attualità, e solo eventuale, sulla libertà personale, e in questo caso la convalida produrrebbe l’anomalo effetto di dare all’autorità di polizia, sulla base di proprie valutazioni, anche a distanza di tempo dall’ingresso nel territorio dello Stato, la facoltà di eseguire l’accompagnamento senza alcun ulteriore controllo da parte dell’autorità giudiziaria.
L’ordine di accompagnamento coattivo, che assiste il respingimento, deve invece, per la sua natura di atto urgente, essere eseguito con immediatezza, e per questa ragione fondatamente il giudice rimettente ha ritenuto che il provvedimento dia luogo, con la sua emissione, a una restrizione della libertà personale dello straniero, tutelata dall’art. 13 Cost.
Il giudice rimettente però non ha considerato che nel caso in esame già al tempo dell’adozione dell’ordinanza di rimessione era venuta meno l’efficacia coercitiva dell’atto impugnato nel giudizio principale, e che, di conseguenza, con riferimento all’accompagnamento coattivo alla frontiera, la disposizione censurata non avrebbe più potuto avere applicazione.
Errando nel valutare tale profilo e asserendo invece che il censurato art. 10, comma 2, avrebbe continuato a regolare interamente la fattispecie, anche con riferimento all’«effetto obbligatorio e inderogabile» dell’accompagnamento alla frontiera, il giudice a quo non ha tenuto conto del difetto di rilevanza che rende le questioni inammissibili.
4.– L’inammissibilità delle questioni non può esimere la Corte dal riconoscere la necessità che il legislatore intervenga sul regime giuridico del respingimento differito con accompagnamento alla frontiera, considerando che tale modalità esecutiva restringe la libertà personale (sentenze n. 222 del 2004 e n. 105 del 2001) e richiede di conseguenza di essere disciplinata in conformità all’art. 13, terzo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevate, in riferimento agli artt. 10, secondo comma, 13, secondo e terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare), dal Tribunale ordinario di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2017.