ORDINANZA N. 96
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 126, 128, 129 e 130 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, nel procedimento vertente tra F. B. G. ed altri e il Comune di Milano ed altri, con ordinanza del 28 aprile 2016, iscritta al n. 112 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 aprile 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che – nel corso di un giudizio amministrativo avente ad oggetto l’impugnazione del «verbale dell’Ufficio Elettorale del 29 settembre 2014 contenente la proclamazione degli eletti e gli atti prodromici del procedimento elettorale per l’elezione del Consiglio metropolitano della Città Metropolitana di Milano» − l’adito Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, premessane la rilevanza, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 126, 128, 129 e 130 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo);
che, secondo il rimettente, le disposizioni denunciate, nel loro combinato contesto − con il riferire il nuovo introdotto rito speciale elettorale alla elezione dei soli organi di comuni, province e regioni, e non anche di quelli delle città metropolitane, alla impugnazione delle cui elezioni resterebbe così riservato un «trattamento processuale diverso» − violerebbero l’art. 24, in relazione agli artt. 3 e 114 della Costituzione, in quanto l’ordinamento offrirebbe, in tal modo, tutele ingiustificatamente differenti per situazioni sostanzialmente equiparabili;
che il Presidente del Consiglio dei ministri − intervenuto in questo giudizio per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato − ha eccepito l’inammissibilità della questione sollevata (per carente motivazione sulla rilevanza ed omessa previa verifica di una possibile interpretazione adeguatrice delle norme censurate) e, in subordine, ne ha contestato la fondatezza, per la «non esatta sovrapponibilità delle situazioni che il giudice remittente reputa invece essere analoghe».
Considerato che, nelle more dell’odierno giudizio, è intervenuto il decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 (Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa), convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197 (entrata in vigore il 30 ottobre successivo);
che il suddetto decreto − al comma 8-quater del suo art. 7 (aggiunto in sede di conversione) − testualmente ora prevede che «Le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo […] si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane»;
che la novella del 2016 − applicabile anche ai procedimenti (come quello a quo) pendenti alla data della sua entrata in vigore − incide direttamente su tutte le disposizioni qui denunciate, rendendole applicabili anche alle elezioni delle città metropolitane;
che, pertanto, a fronte di tale ius superveniens, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza e non manifesta infondatezza della questione sollevata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2017.