ORDINANZA N. 255
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, 3, comma 9, 4, comma 2, 5, commi 2 e 5, lettere a) e d), e 10, comma 1, della legge della Regione Lazio 4 aprile 2014, n. 5 (Tutela, governo e gestione pubblica delle acque), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 6-10 giugno 2014, depositato in cancelleria l’11 giugno 2014 ed iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;
udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il Presidente Paolo Grossi, in luogo e con l’assenso del Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio.
Ritenuto che, con ricorso resistito dalla Regione Lazio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge di detta Regione 4 aprile 2014, n. 5 (Tutela, governo e gestione pubblica delle acque), relativamente alle disposizioni di cui ai suoi artt. 2, comma 7, 3, comma 9, 4, comma 2, 5, commi 2 e 5, lettere a) e d), e 10, comma 1, attinenti a profili vari di disciplina degli ambiti di bacino e di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, per contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettere e), l) ed s), della Costituzione, in relazione anche alle evocate norme interposte di cui, rispettivamente, agli artt. 147, comma 2, 150, commi 1 e 2, e 154, comma 14 (rectius: 4), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); all’art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica); all’art. 1 della legge 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità); all’art. 10, comma 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106; all’art. 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148; nonché all’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 (Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’articolo 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214);
che, con la successiva legge della Regione Lazio 28 ottobre 2015, n. 13, recante modifiche all’impugnata legge n. 5 del 2014, la stessa Regione ha, per altro, poi soppresso, nell’art. 5, comma 2, il periodo oggetto di censura; ha abrogato la lettera d) del comma 5 del predetto art. 5 ed il comma 1 dell’art. 10; ed ha modificato ogni altra disposizione, della su citata legge n. 5 del 2014, oggetto delle censure formulate dallo Stato ricorrente, per violazione delle sue competenze esclusive nelle materie «tutela della concorrenza», «ordinamento civile» e «tutela dell’ambiente».
Considerato che, con atto depositato il 7 novembre 2016, il ricorrente – premesso che «il mutamento normativo operato con la legge regionale n. 13 del 2015 è satisfattivo rispetto alle censure inizialmente poste e che […] la documentazione depositata dalla Regione Lazio a sostegno della mancata attuazione della normativa regionale è sufficiente ad escludere che le norme regionali impugnate abbiano avuto attuazione medio tempore» – ha conseguentemente rinunziato al ricorso;
che, all’odierna udienza, la Regione resistente ha accettato la rinunzia;
che ciò comporta l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2016.