ORDINANZA N. 220
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Como nel procedimento vertente tra T.G. ed altro e S.S. ditta individuale, con ordinanza dell’8 aprile 2015, iscritta al n. 210 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 maggio 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.
Ritenuto che, con ordinanza dell’8 aprile 2015, il Tribunale ordinario di Como ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dalla data in cui l’ufficiale giudiziario, depositata la copia dell’atto da notificare nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi ed affisso un avviso dell’avvenuto deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento, anziché prevedere che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, con la quale lo si avvisa dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale, ovvero dalla data dell’effettivo ritiro della copia dell’atto, se anteriore, in modo analogo a quanto previsto dall’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), come modificato dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali);
che il giudice rimettente premette di essere chiamato a decidere sulla opposizione a un decreto ingiuntivo in cui la parte opposta ha eccepito, in via preliminare, l’improcedibilità dell’opposizione per tardività;
che, in relazione alla rilevanza della questione, il rimettente evidenzia che essa assume fondamentale rilievo in relazione al punto della tardività o meno della opposizione, incidendo sull’individuazione del dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza per l’opposizione previsto dall’art. 641 cod. proc. civ.;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente afferma che «deve ritenersi non manifestamente infondato il dubbio che l’art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, oltre che con l’art. 24 Cost., se non interpretato ed applicato in modo conforme all’art. 8 della legge n. 890 del 1982. Sembra infatti probabile, che laddove il destinatario di una notifica ex art. 140 non possa beneficiare dei dieci giorni di tempo (massimo) previsti dall’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, si manifesti una ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost., perché casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso»; che «il dubbio si pone anche in relazione all’art. 24 Cost. per la conseguente violazione del diritto di difesa che dalla detta diversa disciplina può conseguire»; e che la disposizione censurata «deve anche confrontarsi con il novellato testo dell’art. 111 Cost., comma I e II, nell’ottica della “giustizia” del processo, che costituzionalizza il “principio del contraddittorio” come elemento costitutivo di “ogni processo”»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha, in via principale, eccepito l’inammissibilità della questione e ne ha sollecitato, in subordine, la dichiarazione di non fondatezza.
Considerato che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., è manifestamente infondata in ragione di quanto statuito dalla sentenza n. 3 del 2010 di questa Corte;
che tale pronuncia ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevedeva che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione;
che, a fondamento di tale pronuncia, questa Corte ha avuto modo di sottolineare come la disposizione denunciata, così come interpretata dal diritto vivente, facendo decorrere i termini per la costituzione in giudizio del destinatario da un momento anteriore alla concreta conoscibilità dell’atto a lui notificato, si ponesse in contrasto con i parametri costituzionali invocati dal rimettente, per il non ragionevole bilanciamento tra gli interessi del notificante e quelli del destinatario, in una materia nella quale, invece, le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità; rilievi, questi, ai quali nella citata sentenza si coniugava anche la considerazione della «ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fattispecie, normativamente assimilabile, della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, disciplinata dall’art. 8 della legge n. 890 del 1982», disposizione sulla base della quale la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata informativa ovvero dalla data di ritiro del piego, se anteriore;
che la disciplina posta, attualmente, dall’art. 140 cod. proc. civ. e censurata dal ricorrente è frutto della decisione adottata da questa Corte con la richiamata pronuncia;
che, con riferimento al nucleo delle doglianze prospettate nell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo pone a raffronto fra loro situazioni eterogenee, in quanto, da un lato, l’art. 140 del cod. proc. civ., per come dichiarato costituzionalmente illegittimo, presuppone, per il perfezionamento del procedimento di notificazione, l’avvenuta ricezione, da parte del destinatario dell’atto, della raccomandata contenente l’avviso di deposito dell’atto stesso, in tal modo ponendo l’accipiens nelle condizioni di poter prendere prontamente contezza del contenuto del medesimo; mentre, dall’altro lato, la previsione di un termine di dieci giorni per il ritiro dell’atto presso l’ufficio postale, previsto dall’art. 8 della legge n. 890 del 1982 in tema di notificazione degli atti a mezzo del servizio postale, si collega non al momento di effettiva ricezione dell’avviso, ma alla spedizione dello stesso, ovvero alla data di ritiro dell’atto se anteriore, con l’ovvio epilogo di individuare una diversa e ragionevole modulazione del termine per il perfezionamento dell’iter notificatorio;
che, di conseguenza, non avrebbe alcun senso estendere il termine “di compiuta giacenza”, di cui al quarto comma dell’art. 8 della richiamata legge n. 890 del 1982, alla diversa ipotesi disciplinata dall’art. 140 cod. proc. civ., considerato che, in tal caso, la conoscenza legale dell’atto coincide con il momento in cui può essere conseguita anche la conoscenza;
che, pertanto, la lesione dell’art. 3 Cost. per ingiustificata disparità di trattamento, così come la correlata violazione degli artt. 24 e 111 Cost., non sussistono quando, in considerazione della diversità delle fattispecie poste a confronto, la diversa disciplina delle situazioni si giustifichi in termini di ragionevolezza (ex multis, sentenza n. 146 del 2016);
che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Como con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 2016.