ORDINANZA N. 194
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico) e dell’art. 93, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 7 agosto 2006, n. 5 (Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino), promossi dal Tribunale ordinario di Trento, con due ordinanze del 3 dicembre 2013, iscritte ai nn. 32 e 34 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione di L.C. ed altre, della Provincia autonoma di Trento, del CODACONS ed altra, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Sergio Galleano e Vincenzo De Michele per L.C. ed altre, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi promossi, con separati ricorsi, da diversi docenti nei confronti della Provincia autonoma di Trento il Tribunale ordinario di Trento, ha sollevato, con due ordinanze di contenuto analogo – in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio (Direttiva del Consiglio relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), e dell’art. 93, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 7 agosto 2006, n. 5 (Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino) «nella parte in cui […] consentono la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze − annuali secondo l’art. 4, comma 2, della legge n. 124/1999, annuali e rinnovabili per un massimo di due anni o di durata massima triennale secondo l’art. 93, comma 2, L. P. 5/2006 − in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo, così da configurare la possibilità dell’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato senza che a detta possibilità si accompagni la previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi»;
che secondo il giudice rimettente:
− sussiste la rilevanza della questione perché i ricorrenti, che hanno stipulato, con il dirigente del servizio provinciale competente (sovrintendenza scolastica provinciale) o con il dirigente della singola istituzione scolastica, contratti di lavoro a tempo determinato, in un primo tempo in base all’art. 4 della legge n. 124 del 1999 e, successivamente, in base alla disciplina di cui all’art. 93 della legge prov. Trento n. 5 del 2006, hanno proposto anche domanda di risarcimento del danno ex art. 36, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), quale conseguenza della nullità delle clausole appositive del termine finale contenute nei singoli contratti di lavoro determinato;
− le norme impugnate consentono di coprire cattedre e posti di insegnamento nelle scuole mediante il conferimento di supplenze annuali in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali, in tal modo determinando l’utilizzo, da parte dell’amministrazione, di una successione di contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato in contrasto con la normativa europea;
− ai fini della rilevanza dell’odierna questione, la domanda giudiziale avanzata dai ricorrenti, anche sotto il profilo del risarcimento del danno, alla luce della normativa vigente in tema di contratti di lavoro del personale docente, dovrebbe essere respinta, in quanto i contratti di cui si controverte sono stati stipulati nel rispetto delle disposizioni oggi rimesse all’esame di questa Corte;
− tanto l’art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999, quanto la censurata disposizione provinciale consentono, infatti, la copertura delle cattedre disponibili entro la data del 31 dicembre, che rimangano scoperte per l’intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali;
− d’altra parte, al personale docente della scuola non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante «Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES», com’è stato confermato dall’intervento legislativo di cui all’art. 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, il quale ha aggiunto il comma 4-bis all’art. 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES);
− tale norma prevede espressamente che sono esclusi dall’applicazione del decreto «i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato»;
− quanto alla non manifesta infondatezza della questione, ricorda che i ricorrenti hanno eccepito la difformità della disciplina del reclutamento del personale docente a tempo determinato rispetto a quanto stabilito dalla direttiva 28 giugno 1999 n. 1999/70/CE;
− la direttiva, infatti, dopo aver imposto (clausola 1) la creazione di un sistema di norme finalizzate a prevenire gli abusi derivanti dalla successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, dispone (clausola 5) che gli Stati membri, per prevenire tali abusi, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti, una o più misure che prevedano ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti, ovvero la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, ovvero il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti;
− in virtù del primato del diritto dell’Unione europea rispetto ai singoli diritti nazionali, il giudice deve disapplicare la norma interna che sia in contrasto con quella del diritto dell’Unione europea ove questa sia direttamente applicabile;
− diversamente, la disciplina da applicare rimane quella interna, salvo il rinvio alla Corte costituzionale per illegittimità della norma interna, rispetto alla quale quella sovranazionale assume il rango di parametro interposto;
− la Corte di giustizia dell’UE, dopo aver spiegato che la menzionata direttiva si applica anche ai contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi dalle pubbliche amministrazioni, ha pure ribadito, in più sentenze, che la citata clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro non è sufficientemente precisa e non può, quindi, essere direttamente invocata davanti ad un giudice nazionale (sentenza 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact; sentenza 23 aprile 2009, nelle cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki ed altri);
− si pone dunque la necessità di valutare se la normativa italiana sia in grado di soddisfare almeno uno dei requisiti di cui alla clausola 5 sopra richiamata;
− sotto questo profilo, sarebbe palese che nell’ordinamento interno non vi siano né misure che prevedano la durata massima totale dei rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, né indicazioni sul numero dei rinnovi di tali rapporti da considerare ammissibile;
− infatti, benché solo la disciplina statale di cui all’art. 4 della legge n. 124 del 1999, preveda espressamente che il conferimento delle supplenze annuali, ai fini della copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, avvenga «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo», tuttavia il riferimento ai «posti vacanti disponibili entro la data del 31 ottobre e che rimangono tali per l’intero anno scolastico», contenuto nel combinato disposto dell’art. 93, comma 2, della legge provinciale n. 5 del 2006 e dell’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Provincia 24 giugno 2008, n. 23-130/Leg (Regolamento concernente incarichi a tempo determinato e supplenze temporanee nelle istituzioni scolastiche provinciali a carattere statale − articolo 93 della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5), renderebbe evidente che la loro copertura mediante contratti a tempo determinato avviene in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione del personale docente di ruolo, il solo in grado di occupare stabilmente i posti vacanti e disponibili;
− inoltre, le previsioni contenute nella sola legislazione provinciale, di un numero massimo di (due) rinnovi dei contratti a tempo determinato di durata annuale e di una durata massima (tre anni) dei contratti a tempo determinato, sembrano riguardare esclusivamente «la medesima cattedra o posto», come risulta dalla lettera dell’art. 93, comma 2, della legge provinciale n. 5 del 2006, e non impediscono la stipulazione con la Provincia di ulteriori contratti a tempo determinato come si evince anche dalle carriere lavorative di alcuni ricorrenti;
che si è costituita in entrambi i giudizi, con atti in data del 7 aprile 2014 la Provincia autonoma di Trento, chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili ovvero infondate;
che con atti in data 8 aprile 2014 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo – con analoghe difese – che le questioni vengano dichiarate inammissibili o infondate, in quanto sussisterebbe l’inammissibilità delle questioni in relazione all’omessa descrizione, da parte del Tribunale ordinario di Trento, della concreta fattispecie sottoposta al giudizio;
− altro profilo di inammissibilità riguarderebbe la circostanza che le censure sono dedotte rispetto alla disciplina statale, mentre nella specie i rapporti di lavoro trovano precipua regolamentazione nella disciplina provinciale, non adeguatamente censurata;
− nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato, premette che con l’ordinanza n. 207 del 2013 questa Corte ha disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e afferma che la questione sarebbe infondata atteso che la scelta del legislatore statale di procedere alla copertura delle cattedre e dei posti vacanti e disponibili mediante conferimento delle supplenze annuali è sottesa alla necessità di contenimento della spesa pubblica, anche in base agli impegni derivanti dai vincoli posti dall’Unione europea, e che il rapporto di lavoro temporaneo trova giustificazione nella necessità di garantire, comunque, il servizio pubblico dell’istruzione allo scopo di tutelare, in favore di tutti i cittadini, il diritto universale all’istruzione di cui agli artt. 33 e 34 Cost., organizzando un apparato che permetta di assicurare sempre e comunque una continuità nell’erogazione delle prestazioni che costituiscono il cardine fondamentale del servizio stesso, in ragione delle peculiarità di settore;
che si sono costituite (reg. ord. n. 32 del 2014) C.L., D.L. e S.B., ricorrenti nel giudizio a quo, chiedendo che la questione venga accolta;
che la Provincia autonoma di Trento ha depositato memoria il 26 maggio 2015, con la quale ha ricordato l’intervento della sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri, e, dopo aver ricordato la disciplina di settore, ha ribadito le conclusioni di inammissibilità e infondatezza della questione;
che l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria in data 28 maggio 2015, con la quale, dopo aver richiamato l’ordinanza n. 207 del 2013, e aver ripercorso il decisum della sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2014, ed il disegno di legge (Atto Camera n. 2294) sulla riforma del sistema nazionale di istruzione, ha ribadito le conclusioni già rassegnate;
che in data 1° giugno 2015, L.C. ed altre hanno depositato memoria (r.o. n. 32 del 2014), con la quale richiamano la sentenza Mascolo, e chiedono, altresì, di estendere il vaglio di costituzionalità all’ulteriore disciplina di settore;
che in prossimità dell’udienza pubblica fissata per il 23 giugno 2015, la trattazione delle questioni veniva rinviata e poi fissata all’odierna udienza del 17 maggio 2016;
che hanno depositato atto di costituzione in data 23 ottobre 2015 il CODACONS e l’Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola (reg. ord. n. 32 e n. 34 del 2014), assumendo a sostegno della propria legittimazione quanto previsto dai rispettivi statuti, e chiedendo che venga dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, come prospettato dai rimettenti;
che in data 26 aprile 2016 ha depositato memoria la Provincia autonoma di Trento (reg. ord. n. 32 e n. 34 del 2014), richiamando quanto già illustrato nella memoria del 26 maggio 2015, e deducendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza delle questioni di costituzionalità, atteso, altresì, che con delibera della Giunta provinciale n. 269 del 4 marzo 2016, è stato approvato il bando di concorso per la copertura di 367 cattedre e di 110 posti di sostegno (Bollettino Ufficiale, numero straordinario al n. 10/IV del 7 marzo 2016);
che il Presidente del Consiglio dei ministri con memoria unica, insiste nel rigetto delle questioni, ricordando che, dopo la sentenza della Corte di giustizia, è intervenuta la legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), che contempla una serie di misure volte a superare il ricorso alle supplenze, quali modalità di reclutamento in ambito scolastico, ed il conseguente abuso nella stipulazione dei contratti a termine.
Considerato che in ragione della identità della questione, i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;
che con ordinanza dibattimentale del 17 maggio 2016 è stato dichiarato tardivo l’intervento del CODACONS e dell’Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola, non parti nei giudizi a quibus e che risultano privi di un interesse qualificato;
che nelle more del giudizio incidentale, la Corte di giustizia, con la sentenza 26 novembre 2014 resa nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri, anche sul rinvio pregiudiziale effettuato dalla Corte costituzionale, ha statuito: «La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo»;
che la Corte di giustizia ha, di seguito, rilevato che «Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato»;
che, successivamente, la legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), ha modificato la disciplina del contratto a termine per il personale docente e per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario − ATA − della scuola;
che, secondo il costante orientamento di questa Corte, «i princìpi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimità costituzionale, si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno con il valore di ius superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo» (ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del 2012 e n. 216 del 2011);
che, nel caso di specie, questa Corte non ha disposto il rinvio pregiudiziale in ordine all’interpretazione del parametro comunitario con riguardo alla disciplina statale e provinciale, come letta in combinato disposto dal rimettente, ma alla sola disciplina statale, di cui all’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico);
che, pertanto, a fronte del richiamato ius superveniens, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza della questione, anche in ragione della normativa statale sopravvenuta.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Trento.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2016.