ORDINANZA N. 182
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), promosso dalla Corte d’appello di Palermo nel procedimento penale a carico di R.V., con ordinanza del 22 maggio 2015, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2016 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che, nel corso di una procedura di esecuzione penale attivata su istanza di un condannato per delitti in materia di traffico di stupefacenti, il quale, avendo già scontato la pena principale detentiva, chiedeva revocarsi la pena accessoria, contestualmente inflittagli, del ritiro della patente di guida – la Corte d’Appello di Palermo, a tal fine adita, premesso che «Il condannato istante deduce di avere assoluta necessità del documento di guida, avendo intrapreso un percorso di reinserimento sociale attraverso la costituzione di una società cooperativa operante nel settore dei trasporti e del soccorso stradale, nell’ambito della quale è chiamato ad esercitare le mansioni di autista» – ha ritenuto, di conseguenza, rilevante, ed ha perciò sollevato con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell’art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione;
che, secondo la rimettente, la disposizione denunciata violerebbe, appunto, gli evocati parametri costituzionali, «nella parte in cui, consente l’irrogazione della pena accessoria del ritiro della patente di guida sino ad anni tre, da eseguirsi, ai sensi dell’art. 139 del codice penale, solo dopo l’espiazione della pena principale detentiva […] laddove, espiata la pena principale l’esecuzione della medesima pena accessoria si pone in irragionevole contrasto con le finalità rieducative proprie della pena stessa»;
che l’Avvocatura generale dello Stato, per conto dell’intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri, ha eccepito l’inammissibilità, per aberratio ictus e, in subordine, la non fondatezza di tale questione.
Considerato che, nella diffusa, ma non del tutto chiara, motivazione dell’ordinanza di rimessione, il Collegio a quo – pur prospettando l’«esigenza» che al giudice dell’esecuzione, «competente a decidere […] in ordine alle pene accessorie» ai sensi dell’art. 676 del codice di procedura penale, sia riconosciuto «un potere generale in senso “manipolatore”» (più ampio di quello, limitato alla emendabilità della pena illegittima, già ammesso dal diritto vivente), tale da consentirgli una valutazione discrezionale in ordine alla compatibilità (nel caso concreto) della pena accessoria (da eseguire) con le finalità rieducative assolte dalla pena principale (già espiata) – non coerentemente traduce tale petitum in una denuncia di illegittimità costituzionale (non già del predetto art. 676, cod. proc. pen., bensì) dell’art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione all’art. 139 del codice penale. E ciò ancorché non contesti né l’applicabilità (ex ante) della pena accessoria del ritiro della patente di guida (congiuntamente a quella detentiva), in caso di condanna per reati in materia di uso o traffico di stupefacenti, quale, appunto, prevista dall’art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, né la sua operatività ex post (e cioè solo dopo l’espiazione della pena principale), riconducibile al disposto dell’art. 139 cod. pen.;
che la questione così sollevata – a prescindere dalla estrema genericità ed assenza di contenuto obbligato dell’auspicato intervento additivo – è, dunque, manifestamente inammissibile per aberratio ictus.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Palermo, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Carmelinda MORANO, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2016.