ORDINANZA N. 275
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), e dell’art. 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile, promosso dalla Tribunale ordinario di Sondrio nel procedimento vertente tra B.M. e l’IPERAL spa, con ordinanza del 23 gennaio 2015, iscritta al n. 62 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio di impugnazione del licenziamento per giusta causa di un lavoratore dipendente, il Tribunale ordinario di Sondrio, in funzione di giudice del lavoro – adito, si sensi dell’art. 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), in sede di opposizione avverso il provvedimento di rigetto del ricorso del lavoratore, adottato da esso giudice, medesima persona fisica, nella pregressa fase sommaria di cui al comma 49 dello stesso art. 1 della legge n. 92 del 2012 – ha ritenuto rilevante (per essere stata respinta dal Presidente del Tribunale una sua domanda di astensione) e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 111, secondo comma, della Costituzione – ed ha perciò sollevato con l’ordinanza in epigrafe – questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, «nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del medesimo Giudice persona fisica a trattare sia la fase sommaria che quella di opposizione a cognizione piena» e dell’art. 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile, «nella parte in cui non prevede l’astensione obbligatoria del Giudice che ha trattato la fase sommaria del predetto giudizio rispetto alla trattazione della successiva fase di opposizione a cognizione piena»;
che, secondo il rimettente – stante l’identità delle valutazioni da compiersi nelle riferite due fasi, sommaria e di opposizione, del nuovo rito in materia di licenziamento (la seconda avente, a suo avviso, sostanziale carattere impugnatorio della prima) – la previsione, ascrivibile alla normativa denunciata, che in entrambe dette fasi a decidere possa essere il medesimo giudice persona fisica violerebbe, appunto, l’evocato parametro costituzionale, per lesione del diritto alla tutela giurisdizionale, in relazione al profilo della imparzialità del giudice;
che è intervenuto, in questo giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha, in via principale, eccepito l’inammissibilità della questione e ne ha sollecitato, in subordine, la dichiarazione di non fondatezza.
Considerato che, con sentenza n. 78 del 2015, questa Corte ha già dichiarato non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24, oltre che all’art. 111, della Costituzione, questione (sostanzialmente identica a quella nuovamente ora al suo esame) di legittimità costituzionale dei predetti artt. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012 e 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile;
che, in detta sentenza, si è, tra l’altro, sottolineato che il fatto che entrambe le fasi (sommaria e di opposizione) del (primo grado) del giudizio impugnatorio dei licenziamenti possano essere svolte dal medesimo magistrato «non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. E ciò a vantaggio anche, e soprattutto, del lavoratore, il quale, in virtù dell’effetto anticipatorio (potenzialmente idoneo anche ad acquisire carattere definitivo) dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere, tutela dei propri diritti, mentre la successiva, ed eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte dal contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante e completa»;
che il rimettente non adduce ora alcun argomento che non sia stato preso in considerazione, e motivatamente disatteso, nella precedente ricordata pronunzia n. 78 del 2015;
che l’odierna questione è, pertanto, manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita) e 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all’art. 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Sondrio, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 2 dicembre 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2015.