ORDINANZA N. 57
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra Cugnata Giovanni e il Comune di Chiavari con ordinanza del 22 gennaio 2014, iscritta al n. 105 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio amministrativo avente ad oggetto una domanda di risarcimento danni da illegittima esclusione da un bando comunale di gara per l’esecuzione di lavori pubblici, l’adito Tribunale amministrativo regionale per la Liguria − al fine del decidere sulla eccezione preliminare, formulata dalla resistente amministrazione, di inammissibilità della domanda, per intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) − ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale del predetto art. 30, comma 5, per sospetto contrasto con gli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, nonché con l’art. 117, primo comma Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU);
che, in punto di rilevanza, si argomenta nell’ordinanza di rimessione, che − pur ricollegandosi la proposta azione risarcitoria ad un provvedimento comunale, ed al successivo suo annullamento in esito a ricorso straordinario al Capo dello Stato, risalenti (entrambi) ad epoca precedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo − «il collegio dovrebbe dichiarare inammissibile il ricorso» in ragione, appunto, della denunciata disposizione di cui al comma 5 del menzionato art. 30 − applicabile, per la sua natura di norma processuale, anche ai giudizi in corso − con la quale il legislatore dal 2010 ha sostituito il previgente termine prescrizionale con il nuovo termine di decadenza (nel caso sub iudice in concreto non osservato), per effetto del quale l’azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi (connessa a quella di annullamento del provvedimento lesivo), ove non formulata nel corso dello stesso giudizio di annullamento, può essere proposta «sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza»;
che, ciò premesso, dubita, però, il rimettente che la riferita disposizione (la quale precluderebbe, nel giudizio a quo l’esame, nel merito, della domanda risarcitoria) sia compatibile con i parametri evocati, in relazione ai quali, dunque, sollecita a questa Corte lo scrutinio di legittimità costituzionale;
che, infatti, ad avviso di detto TAR, la non manifesta infondatezza della questione così sollevata «discende[rebbe], innanzi tutto, dal rilievo della irragionevole compressione del diritto di difesa in giudizio della parte danneggiata, con violazione degli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione», quale implicata dalla introduzione, senza un titolo legittimante e in assenza di un tertium comparationis, di un termine decadenziale in tema di azione risarcitoria, atteso che − come chiarito da «un ininterrotto e coerente insegnamento» − la decadenza ha per oggetto un “atto” (che per effetto di esso non può più essere compiuto), mentre ove si tratti, come nella specie, di “un rapporto”, la correlativa estinzione per inerzia del titolare del diritto non sarebbe altrimenti riconducibile che all’istituto della prescrizione;
che, a maggior ragione, irragionevole sarebbe, comunque, la previsione di decadenza dalla domanda risarcitoria, quale ricollegata dal censurato comma 5 dell’art. 30 in esame, non già alla contestuale impugnazione del provvedimento lesivo, bensì alla diversa fattispecie di già acquisita certezza della illegittimità del provvedimento stesso;
che risulterebbe, infine, violato, sempre secondo il rimettente, l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, in tema di “giusto processo”, «in quanto il legislatore nazionale, fissando il suddetto ristretto termine decadenziale, ha interferito nell’amministrazione della giustizia, attribuendo alla pubblica amministrazione una posizione di vantaggio in assenza di “motivi imperativi di interesse generale”, come enucleati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo»;
che, è intervenuto nel giudizio innanzi a questa Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o, in subordine, per la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria − nel presupporre che il denunciato art. 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 si applichi, in ragione della sua natura processuale, anche nel giudizio a quo, introdotto anteriormente alla sua entrata in vigore − non tiene adeguatamente conto della disposizione di cui all’art. 2 del Titolo II dell’Allegato 3 (Norme transitorie) del decreto stesso;
che, infatti, detta ultima disposizione − nel prevedere, (sotto la rubrica «Ultrattività della disciplina previgente») che «Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice [del processo amministrativo] continuano a trovare applicazione le norme previgenti» − non è altrimenti interpretabile che nel senso della sua riferibilità anche (e a maggior ragione) all’ipotesi di successione tra un termine sostanziale, qual è quello di prescrizione, ed un termine processuale precedentemente non previsto, quale appunto il termine di decadenza sub art. 30 citato, essendo una diversa lettura della predetta disposizione (nel senso, restrittivo, della sua riferibilità solo a termini processuali «in corso») innegabilmente contra Constitutionem, per la compromissione, che ne deriverebbe, non solo della tutela ma della esistenza stessa della situazione soggettiva (così, da ultimo, anche Consiglio di Stato, sezione terza, 22 gennaio 2014, n. 297);
che, pertanto, essendo vigente il regime di prescrizione quinquennale di diritto comune (art. 2947 cod. civ.) al momento della proposizione dell’azione risarcitoria di che trattasi, è a quel regime − e non alla sopravvenuta disciplina di cui al censurato art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 104 del 2010 − che il TAR avrebbe dovuto far riferimento ai fini della statuizione da adottare in ordine alla ammissibilità (rectius: tempestività) del ricorso;
che, per altro, anche agli effetti di detta (corretta) prospettiva decisoria (che, sia pur per altra via, conduce allo stesso risultato avuto di mira dall’ordinanza di rimessione), il TAR trascura, comunque, di precisare se il giudizio principale sia stato, o non, introdotto entro il quinquennio dall’adozione del provvedimento dell’amministrazione comunale da cui trae causa la domanda risarcitoria;
che, dunque, la motivazione sulla rilevanza della questione sollevata è, sotto duplice profilo, carente, dal che la manifesta inammissibilità della questione stessa.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, nonché all’art.117, comma primo, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2015.