ORDINANZA N. 39
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 16, 33 e 35 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 14 febbraio 2014, n. 2 (Disciplina delle elezioni provinciali e modifica all’articolo 4 della legge regionale n. 3/2012 concernente le centrali di committenza), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia nel procedimento vertente tra Ciriani Alessandro e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ed altri, con ordinanza del 15 ottobre 2014, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione di Ciriani Alessandro e della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché l’atto di intervento dell’Unione delle Province del Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi gli avvocati Luigi Manzi per l’Unione delle Province del Friuli-Venezia Giulia, Luigi Manzi e Mario Bertolissi per Ciriani Alessandro e Massimo Luciani per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto che, con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia dubita della legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 16, 33 e 35 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 febbraio 2014, n. 2 (Disciplina delle elezioni provinciali e modifica all’articolo 4 della legge regionale n. 3/2012 concernente le centrali di committenza), che − dichiaratamente «in attesa della conclusione del procedimento di modificazione dello Statuto, finalizzato alla soppressione del livello ordinamentale delle province» − individua, tra l’altro, un nuovo sistema elettivo, di secondo grado, degli organi della Provincia, in particolare stabilendo (sub art. 5) che il Consiglio provinciale sia eletto dai sindaci e consiglieri comunali della Provincia e che il Consiglio, così eletto, elegga il suo Presidente;
che, quali parametri dello scrutinio di costituzionalità richiesto a questa Corte, lo stesso Tribunale indica gli artt. 1, 3, 5, 8, terzo comma (con successivo decreto corretto in art. 48, quarto comma), 113 (a sua volta poi corretto in art. 114), 117, 118 e 119 Cost., nonché gli artt. 4, comma 1-bis, 5 e 59, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
che la questione, così prospettata, è sollevata in un giudizio amministrativo, avente ad oggetto domanda di annullamento, previa sospensiva, del decreto assessoriale − di convocazione dei comizi per l’elezione, sulla base della predetta legge regionale n. 2 del 2014, del nuovo Consiglio della Provincia di Pordenone − del quale (decreto) si «duole […] il ricorrente», attuale Presidente di quella Provincia, «in quanto […] non sarebbe, nell’imminente tornata elettorale, più eleggibile e nemmeno elettore, non ricoprendo egli la carica di consigliere comunale, né di Sindaco di uno dei Comuni ricompresi nel territorio provinciale»;
che, nel giudizio innanzi a questa Corte, si sono costituite (ed hanno, successivamente, depositato memoria) sia la parte privata, ricorrente, sia la Regione, resistente, nel processo principale, concludendo, rispettivamente, la prima, per l’accoglimento e, la seconda, per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, per il rigetto della sollevata questione;
che, l’Unione delle Province del Friuli-Venezia Giulia ha depositato a sua volta atto di intervento, dichiarato poi, però, inammissibile con ordinanza dibattimentale, che qui si conferma.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia – pur dando espressamente atto che la legge denunciata costituisce espressione della potestà normativa esclusiva, in materia di ordinamento degli enti locali, riconosciuta alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallo Statuto di autonomia − ne censura poi genericamente, e in blocco, plurimi contenuti;
che, infatti, il rimettente contestualmente adombra che, per effetto delle disposizioni denunciate, risultino: violato il principio generale di autonomia degli enti locali territoriali; modificato surrettiziamente l’assetto istituzionale delle Province; vanificate le funzioni provinciali di indirizzo e coordinamento dell’attività dei Comuni (dato che da detti Comuni la Provincia trarrebbe ora la sua legittimazione); eluso il controllo democratico diretto delle popolazioni interessate sull’esercizio delle funzioni provinciali e sull’utilizzo dei tributi; non adeguatamente garantita la rappresentatività del nuovo organo denominato Assemblea dei sindaci; indebitamente limitato il diritto di elettorato attivo, di cui sono titolari tutti i cittadini; violato anche il principio di ragionevolezza, perché l’obiettivo del «taglio dei c.d. costi “della politica”», che si prefigge la normativa censurata, sarebbe stato più utilmente raggiungibile «rimodulando la rappresentanza e la stessa forma di governo provinciale»;
che una siffatta prospettazione impugnatoria − che coinvolge, in modo indifferenziato, plurime disposizioni di pur differente contenuto (talune, per di più, solo formalmente evocate) – per un verso, ostacola l’individuazione dell’effettivo oggetto delle questioni proposte (per la difficoltà di isolarle all’interno di un complessivo giudizio critico, che il Tribunale a quo mutua dal ricorrente e che attiene, piuttosto, al piano delle valutazioni di merito in ordine alle scelte operate dal legislatore regionale, cui addirittura si suggeriscono percorsi alternativi per la riforma delle Province); e, per altro verso, trascura di spiegare quale sia l’incidenza, in concreto, delle disposizioni censurate rispetto alla decisione da adottare nel giudizio a quo, agli effetti della tutela, del diritto di elettorato passivo, invocata, in astratto, dal ricorrente;
che, pertanto, le questioni sollevate sono, nel loro complesso, manifestamente inammissibili per mancanza di chiarezza del petitum e per difetto di motivazione, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 16, 33 e 35 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 14 febbraio 2014, n. 2 (Disciplina delle elezioni provinciali e modifica all’art. 4 della legge regionale n. 3/2012 concernente le centrali di committenza), sollevate, in riferimento agli artt. 1, 3, 5, 8, terzo comma (rectius: 48, quarto comma), 113 (rectius: 114), 117, 118 e 119 Cost., ed agli artt. 4, comma 1-bis, 5 e 59, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2015.
Allegato:
Ordinanza emessa all’udienza del 24 febbraio 2015