ORDINANZA N. 152
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 157, secondo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), e dell’art. 73, commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), promosso dal Tribunale ordinario di Sulmona nel procedimento penale a carico di S.S., con ordinanza del 10 maggio 2013, iscritta al n. 168 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2014 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Sulmona, con ordinanza del 10 maggio 2013 (r.o. n. 168 del 2013), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma [recte: terzo comma], della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, secondo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), e dell’art. 73, commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), «laddove nella seconda parte dell’art. 157 co 2 cp non sono previste anche le circostanze attenuanti con pena di specie diversa o a effetto speciale»;
che il Tribunale rimettente rileva che l’art. 157, secondo comma, cod. pen., impone di non tenere conto, ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere, delle circostanze aggravanti o attenuanti ordinarie, mentre attribuisce rilevanza alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce un pena di specie diversa da quella ordinaria e a quelle ad effetto speciale, considerando l’aumento massimo di pena per esse previsto;
che, secondo il giudice a quo, la disposizione nulla prevede con riguardo alle circostanze attenuanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e a quelle ad effetto speciale, come l’attenuante prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, imponendo così al giudice di considerarle prive di rilevanza a fini di computo del termine di prescrizione;
che la norma in questione sarebbe censurabile, in quanto non consentirebbe di considerare nello stesso modo le circostanze aggravanti speciali e le circostanze attenuanti speciali e vanificherebbe la previsione della fattispecie attenuata;
che tale norma, inoltre, sarebbe irrazionale perché, ai fini della prescrizione, equiparerebbe l’ipotesi dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, a quella di lieve entità dell’art. 73, comma 5, del medesimo testo normativo;
che ciò determinerebbe la violazione dell’art. 3 Cost.;
che sarebbe violato anche l’art. 27, secondo comma [recte: terzo comma], Cost., per il contrasto della pena con il senso di umanità, in quanto, esclusa la prescrizione, il colpevole sarebbe assoggettato per i fatti lievi di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, alla pena della reclusione, senza poter beneficiare di un termine di prescrizione più favorevole;
che, secondo il Tribunale rimettente, la Corte costituzionale dovrebbe operare «un intervento additivo-manipolativo in bonam partem», in modo che nell’art. 157, secondo comma, cod. pen., si tenga conto anche delle attenuanti per le quali la legge stabilisce una pena diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale;
che, se si ritenesse fondata la questione, l’imputato potrebbe beneficiare della prescrizione, maturata, secondo il giudice rimettente, il 17 giugno 2011;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, essendo stata già ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 324 del 2008.
Considerato che il Tribunale ordinario di Sulmona, con ordinanza del 10 maggio 2013 (r.o. n. 168 del 2013), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma [recte: terzo comma], della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, secondo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), e dell’art. 73, commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), «laddove nella seconda parte dell’art. 157 co 2 cp non sono previste anche le circostanze attenuanti con pena di specie diversa o a effetto speciale»;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, è intervenuto il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n. 10;
che l’art. 2, comma 1, lettera a), del d.l. n. 146 del 2013, ha modificato l’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, sostituendone il testo con il seguente: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000»;
che, come risulta dai lavori parlamentari, tale modifica è diretta a trasformare l’attenuante del fatto di lieve entità in una fattispecie autonoma di reato;
che, a fronte di questo ius superveniens, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza della questione sollevata;
che va disposta, pertanto, la restituzione degli atti al giudice a quo, per una nuova valutazione della rilevanza della questione, alla luce del mutato quadro normativo (ex multis: ordinanze n. 75 del 2014, n. 35 del 2013, n. 316 del 2012 e n. 296 del 2011).
Visto l’art. 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Sulmona.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2014.