ORDINANZA N. 109
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 8, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, nel procedimento vertente tra V.Z. e la Corte dei conti ed altri, con ordinanza dell’8 agosto 2011, iscritta al n. 256 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visti gli atti di costituzione di V.Z. e di R.S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore Marta Cartabia;
uditi gli avvocati Riccardo Arbib per V.Z., Domenico Paternostro per R.S. e l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, ha sollevato, con ordinanza depositata in data 8 agosto 2011 (r.o. n. 256 del 2011), questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 8, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), in relazione agli artt. 3, 100, 101, 103, 104 e 108, secondo comma, della Costituzione;
che il Tribunale rimettente ha più specificamente osservato che il menzionato art. 11, comma 8 – secondo cui i componenti del Consiglio di presidenza della Corte dei conti eletti dai magistrati della medesima Corte sono in numero di quattro, ossia pari ai membri eletti dal Parlamento – determinerebbe «un vulnus all’autonomia organizzativa dell’apparato giurisdizionale, che è strumentale all’indipendenza sia interna che esterna della giurisdizione speciale contabile», recando così pregiudizio ai principi di autonomia e indipendenza, costituenti principi comuni a tutte le magistrature ai sensi degli artt. 3, 100, 101, 103, 104 e 108, secondo comma, Cost., oltre che introdurre una irragionevole disparità di trattamento rispetto a tutte le altre magistrature, censurabile ex art. 3 Cost.;
che il giudice rimettente specifica che, a differenza dell’ipotesi decisa con sentenza n. 16 del 2011, la questione di legittimità costituzionale prospettata nel presente giudizio si limita a chiedere alla Corte costituzionale di individuare «i principi essenziali» a cui il legislatore deve conformarsi, senza che la Corte debba specificare «un concreto rapporto numerico» tra componenti togati e componenti laici, mediante una sentenza additiva, che travalicherebbe nell’ambito della discrezionalità riservata al legislatore;
che, ad avviso del rimettente, la denunciata illegittimità della citata disposizione sulla composizione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti inciderebbe sulla legittimità di quell’organo e, quindi, anche delle deliberazioni da questo assunte, comprese quelle oggetto del giudizio amministrativo pendente dinanzi a sé, concernenti l’assegnazione di R.S. alle funzioni di presidente della sezione del controllo sugli enti della medesima Corte, sulla base di una modifica del punteggio discrezionale attribuibile ai candidati, adottata con la delibera 28 luglio 2009 del medesimo Consiglio di presidenza, che ha variato i punteggi già stabiliti all’art. 31, comma 1, lettera c), della precedente delibera 18 marzo 2009;
che lo stesso rimettente segnala «le problematiche inerenti la concreta individuazione dello strumento decisionale che consente alla Corte di censurare la composizione prevista per il Consiglio di presidenza senza ledere il principio di continuità dell’ordinamento normativo, il quale, nel bilanciamento dei valori, potrebbe essere ritenuto prevalente sulle censure di illegittimità costituzionale – potendo manifestarsi l’esigenza di limitare gli effetti caducatori della pronuncia della Corte – in tal modo confliggendo con la natura incidentale del sindacato effettuato dal giudice delle leggi, senza comunque incidere sul riscontro del requisito della rilevanza»;
che, con atto depositato in data 19 dicembre 2011, si è costituito in giudizio R.S., nominato presidente della sezione del controllo sugli enti con le delibere impugnate, chiedendo che la sollevata questione di illegittimità costituzionale venga dichiarata non fondata;
che, con atto depositato in data 20 dicembre 2011, si è costituito in giudizio V.Z., ricorrente dinanzi al Tribunale, insistendo perché le questioni sollevate siano accolte, sulla base delle medesime ragioni già esposte nell’ordinanza di rimessione;
che, con atto depositato il 3 gennaio 2012, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le sollevate questioni vengano dichiarate inammissibili o infondate;
che, con memoria depositata il 19 marzo 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito perché le questioni di legittimità costituzionale vengano dichiarate inammissibili o infondate.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 8, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), che determina la composizione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nell’ambito di un procedimento nel quale sono state impugnate alcune delibere di detto Consiglio di presidenza volte all’assegnazione del posto di presidente della sezione del controllo sugli enti, a loro volta fondate su una precedente delibera del medesimo organo, datata 28 luglio 2009, con la quale erano state modificate le disposizioni in merito all’attribuzione dei punteggi discrezionali per la composizione della graduatoria dei candidati;
che, a prescindere da ogni valutazione sull’ammissibilità della prospettata richiesta di una sentenza additiva di principio, osta all’esame nel merito la considerazione che, per la definizione del giudizio principale, il rimettente non ha adeguatamente chiarito in quale modo sia chiamato ad applicare, nel giudizio a quo, la censurata disposizione che determina la composizione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti;
che l’ordinanza di rimessione risulta, infatti, perplessa e contraddittoria in punto di rilevanza in quanto il rimettente ritiene che da un lato l’accoglimento della questione travolga gli atti amministrativi sottoposti al suo giudizio e, dall’altro, che, in tutti gli altri casi diversi dal procedimento a quo, debba trovare applicazione il principio di continuità dell’ordinamento, secondo cui l’illegittimità costituzionale delle norme sulla composizione o sull’elezione dei componenti di un organo non inficia la validità degli atti da questo compiuti, quando esso sia costituito in conformità alla legge vigente;
che risulta, quindi, incoerente che diversi atti di un medesimo organo, di cui si postula la rilevanza costituzionale, possano talora mantenere validità in nome del principio di continuità dell’ordinamento e talaltra essere colpiti dagli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale;
che la presente decisione di inammissibilità non determina alcun vuoto di tutela costituzionale, ben potendo sussistere ipotesi in cui le questioni di legittimità costituzionale del citato art. 11, comma 8, assumono rilevanza nel giudizio amministrativo a quo, come avvenuto nel caso deciso da questa Corte con la sentenza n. 16 del 2011, in cui la questione è stata sollevata dal medesimo TAR del Lazio investito del ricorso avverso il decreto che indiceva le elezioni per la nomina dei rappresentanti dei magistrati nel Consiglio di presidenza della Corte dei conti.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 8, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), sollevate, in relazione agli artt. 3, 100, 101, 103, 104 e 108, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2014.