ORDINANZA N. 226
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
- Giorgio LATTANZI “
- Aldo CAROSI “
- Sergio MATTARELLA “
- Mario Rosario MORELLI “
- Giancarlo CORAGGIO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), promosso dalla Corte d’appello di Napoli nel procedimento vertente tra M. P. e Autostrade Meridionali Spa con ordinanza del 9 novembre 2012, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 3 luglio 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione alla stima promosso a seguito di una procedura espropriativa la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, 77, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui – sostituendo il comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e 4 dell’art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A) – prevedono che le controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui al comma 1 dello stesso art. 54 devono essere introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito sommario di cognizione di cui all’art. 3 del decreto legislativo n. 150 del 2011, ed agli artt. 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile;
che il giudice remittente ritiene di dover sollevare d’ufficio tale questione, dal momento che la scelta di ricomprendere i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all’art. 54, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001 nel nuovo rito sommario di cognizione «non convertibile», secondo il disposto dell’art. 3 del d.lgs. n. 150 del 2011, violerebbe i limiti fissati nella delega conferita al Governo dal Parlamento con l’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sulla cui base sono state adottate le norme censurate;
che l’art. 54 della legge n. 69 del 2009, infatti, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione compresi nell’ambito della giurisdizione ordinaria e regolati dalla legislazione speciale al fine di ricondurre la disciplina dei medesimi: a) al rito del lavoro, se caratterizzati da «prevalenti caratteri di concentrazione processuale, ovvero di officiosità dell’istruzione»; b) al procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e seguenti cod. proc. civ., escludendo «la possibilità di conversione nel rito ordinario», se connotati da «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa»; c) al processo ordinario di cognizione, in tutti gli altri casi;
che il legislatore delegante, ad avviso del giudice remittente, si riferiva ai soli procedimenti civili di cognizione «autonomamente regolati dalla legislazione speciale» secondo modelli essenzialmente diversi da quelli del rito del lavoro, del rito sommario di cognizione e del rito ordinario cui dovevano essere alternativamente ricondotti, poiché l’obiettivo era quello di semplificare l’accesso alla giurisdizione ordinaria di cognizione, riducendo in misura consistente il numero dei riti previsti dalla legislazione speciale e da questa disciplinati in modo tale da farne dei riti «autonomi»;
che tale diversità – secondo la Corte d’appello di Napoli – non riguarderebbe i procedimenti di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, per i quali nessun dubbio è stato mai sollevato sul loro svolgimento nel rispetto delle forme dell’ordinario giudizio di cognizione, sia pure con limitate particolarità che, tuttavia, non sono tali da farli ritenere inclusi tra quelli «autonomamente regolati dalla legislazione speciale»;
che i procedimenti di opposizione alla stima, dovendo seguire le forme dell’ordinario rito di cognizione, non sono connotati da quei «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa» che la norma di delega pone come condizione per la trattazione col rito sommario; i giudizi di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, infatti, hanno ad oggetto controversie il cui denominatore comune è costituito dalla loro attinenza alla determinazione delle indennità dovute in conseguenza di provvedimenti di natura espropriativa, o comunque ablativa, adottati per ragioni di pubblica utilità che, nella maggior parte dei casi, richiedono la soluzione di non semplici questioni di diritto o di fatto;
che tali questioni possono riguardare l’individuazione del soggetto o dei soggetti titolari dal lato passivo dell’obbligazione indennitaria, e possono collegarsi alla stima dell’equivalente pecuniario del pregiudizio subito dal soggetto passivo del provvedimento ablatorio, e richiedere, di norma, la nomina di un consulente tecnico d’ufficio;
che si tratterebbe, pertanto, di controversie che il legislatore delegato ha inserito nel nuovo rito sommario di cognizione con una violazione dei criteri direttivi fissati dalla legge delega; e, tra l’altro, la circostanza per cui la decisione deve essere adottata dalla corte d’appello in unico grado fa sì che avverso detta pronuncia sia esperibile il solo ricorso per cassazione, con conseguente dubbio di legittimità costituzionale delle norme impugnate anche in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, Cost., rilevandosi una irragionevole compressione del diritto di difesa;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
Considerato che la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, 77, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui – sostituendo il comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e 4 dell’art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A) – prevedono che le controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui al comma 1 dello stesso art. 54 devono essere introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito sommario di cognizione di cui all’art. 3 del decreto legislativo n. 150 del 2011, ed agli artt. 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile;
che questa Corte, con l’ordinanza n. 190 del 2013, ha esaminato altre due ordinanze, di contenuto assai simile, con le quali la Corte d’appello di Napoli aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale in tutto identica a quella odierna;
che in quella pronuncia la questione è stata dichiarata manifestamente inammissibile in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, Cost., e manifestamente infondata in riferimento all’art. 77, primo comma, Cost.;
che l’odierna ordinanza non aggiunge, rispetto alle precedenti già scrutinate, ulteriori dubbi di legittimità costituzionale;
che, pertanto, anche l’odierna questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, Cost., trattandosi della richiesta di una pronuncia priva di contenuto costituzionalmente obbligato, in una materia soggetta alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 10 del 2013), tanto più che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale;
che, allo stesso modo, l’odierna questione deve essere dichiarata manifestamente infondata in riferimento all’art. 77, primo comma, Cost., in quanto la norma di delega non si riferisce soltanto ai procedimenti civili disciplinati dalla legislazione speciale con modalità diverse da quelle del rito ordinario, sommario o del lavoro, ed il procedimento di opposizione alla stima si caratterizza per una serie di indubbie particolarità.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle medesime disposizioni sollevata, in riferimento all’art. 77, primo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2013.