Ordinanza n. 11 del 2013

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ORDINANZA N. 11

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                                           Presidente

-           Franco                         GALLO                                                              Giudice

-           Luigi                           MAZZELLA                                                          "

-           Gaetano                      SILVESTRI                                                            "

-           Sabino                         CASSESE                                                               "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                              "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                                                      "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                                    "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                                         "

-           Paolo                           GROSSI                                                                  "

-           Giorgio                       LATTANZI                                                            "

-           Aldo                           CAROSI                                                                 "

-           Marta                          CARTABIA                                                           "

-           Sergio                         MATTARELLA                                                     "

-           Mario Rosario             MORELLI                                                              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 2, e 5, della legge della Regione Lazio 23 dicembre 2011, n. 19 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2012 – art. 11 legge regionale 20 novembre 2001, n. 25), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 2 marzo 2012 ed iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2012.

          Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;

          udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2012 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questioni di legittimità costituzionali degli articoli 3, comma 2, e 5 della legge della Regione Lazio 23 dicembre 2011, n. 19 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2012 – art. 11 legge regionale 20 novembre 2001, n. 25), denunciandone il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, e con l’art. 119 della Costituzione;

che la legge regionale n. 19 del 2011 all’art. 3 (Istituzione dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione) dispone, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, l’istituzione dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398 (Istituzione e disciplina dell’addizionale regionale all’imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952 e successive modificazioni, dell’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale e per le utenze esenti, di un’imposta sostitutiva dell’addizionale, e previsione della facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un`imposta regionale sulla benzina per autotrazione), disciplinandone la misura e le modalità di accertamento e di liquidazione;

che l’art. 5 (Rideterminazione degli importi delle tasse automobilistiche regionali) stabilisce che «Gli importi della tassa automobilistica regionale e della soprattassa annuale regionale di cui al titolo III, capo I, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, dovuti dal 1° gennaio 2012 e relativi a periodi fissi posteriori a tale data, sono determinati con l’aumento del 10 per cento dei corrispondenti importi vigenti nell’anno 2011»;

che secondo lo Stato tali disposizioni sarebbero state in contrasto con la normativa nazionale che ha sospeso il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti di tributi;

che, in particolare, il ricorrente rileva che già l’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), aveva disposto che: «Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, in funzione della attuazione del federalismo fiscale, è sospeso il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato»;

che la norma sarebbe stata reiterata con l’art. 77-bis, comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in forza del quale: «Resta confermata per il triennio 2009-2011, ovvero sino all’attuazione del federalismo fiscale se precedente all’anno 2011, la sospensione del potere degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU)»;

che da ultimo la sospensione sarebbe stata ribadita dall’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011) , secondo il quale: «Resta confermata, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, di cui al comma 7 dell’articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) e per quelli previsti dai commi da 14 a 18 dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»;

che una deroga alla disposta sospensione del potere delle Regioni sarebbe stata introdotta dall’art. l, comma l, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 che, nel modificare l’art. 6, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), avrebbe di fatto consentito alle Regioni a statuto ordinario di modificare le aliquote dell’addizionale IRPEF a partire dal primo gennaio 2012 (con ciò – si sostiene – confermando il divieto di aumento per tutte le altre imposte);

che le suddette disposizioni sarebbero state funzionali al riequilibrio finanziario dei conti dello Stato nell’ambito del percorso di risanamento della finanza pubblica nel suo complesso, cosicché il mancato rispetto delle stesse da parte della Regione si sarebbe posto in contrasto con l’art. 117 Cost. – là dove al secondo comma, lettera e), attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato le materie «moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie», mentre al successivo comma 3 attribuisce alla legislazione concorrente la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del  sistema tributario» – e con l’art. 119 Cost., secondo il quale «I Comuni, le Province, le città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio»;

che per tali motivi il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che le norme impugnate siano dichiarate incostituzionali;

che si è costituita la Regione Lazio in persona del suo Presidente pro tempore, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque  non fondato;

che, a suo avviso, i rilievi mossi dal Governo avrebbero avuto a presupposto l’attuale vigenza del blocco della maggiorazione dei tributi regionali e locali, disposto dall’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008 e confermato dagli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché dall’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010;

che, diversamente, l’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008 avrebbe disposto la sospensione del potere delle Regioni di stabilire aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, subordinando la rimozione di tale vincolo alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, in funzione dell’attuazione del federalismo fiscale;

che, tuttavia, sarebbe rimasta ferma la facoltà delle Regioni di attivare la leva fiscale in aumento per esigenze di copertura dei disavanzi sanitari (art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005», ed art. 1, comma 796, lettera b, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») o per fare fronte ad eventi calamitosi (art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante «Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile», come modificato dall’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10);

che tale sospensione sarebbe stata successivamente confermata dagli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché dall’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, richiamandosi tuttavia, quale condizione per la rimozione del vincolo, l’attuazione del federalismo fiscale (e non più la definizione di un nuovo patto di stabilità interno);

che l’art. 1, comma 11, del d.l. n. 138 del 2011, emanato successivamente all’approvazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), e del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), avrebbe espressamente previsto che la sospensione degli aumenti disposta dal d.l. n. 93 del 2008 – e confermata dalla legge n. 220 del 2010 – non si applichi dal 2012 all’addizionale comunale all’IRPEF;

che il comma 10 dello stesso art. 1 avrebbe anticipato la possibilità di aumentare o diminuire l’addizionale regionale IRPEF dal 2012, senza tuttavia menzionare la stessa esplicita deroga al blocco prevista per l’addizionale IRPEF dei Comuni;

che, da ultimo, l’articolo 13, comma 14, lettera a), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbe abrogato l’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008;

che dal quadro normativo illustrato, secondo la Regione Lazio, si sarebbe dovuto desumere senz’ombra di dubbio che la disposizione statale che si assumeva violata, ovvero l’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008, non esistesse più, in quanto abrogata, e che l’ulteriore normativa invocata (gli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010), non producendo, per lo stesso dettato letterale, effetti novativi della disposizione “madre” del d.l. n. 93 del 2008, ma meri effetti confermativi della stessa, fosse da considerarsi implicitamente abrogata e quindi non potesse invocarsi come parametro di legittimità delle disposizioni regionali impugnate;

che a riprova della fondatezza di tale tesi vi sarebbe stata la circostanza che l’art. 1, comma 11, del d.l. n. 138 del 2011, nel prevedere la deroga al blocco della maggiorazione dei tributi con riferimento all’addizionale comunale all’IRPEF, rinviasse espressamente al d.l. n. 93 del 2008, rubricando al contempo l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010 a mera norma di conferma («la sospensione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, confermata dall’articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, non si applica, a decorrere dall’anno 2012, con riferimento al decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360»);

che, pertanto, l’abrogazione dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008, cui rinviano gli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008 e l’art. 1, comma 123, della 1egge n. 220 del 2010, avrebbe dunque comportato un’abrogazione tacita degli stessi per incompatibilità con le nuove disposizioni;

che, in ogni caso, sempre secondo la resistente, la condizione posta alla base dello sblocco della potestà impositiva regionale – l’attuazione del federalismo fiscale – si sarebbe dovuta necessariamente intendere già realizzata con l’approvazione del d.lgs. n. 68 del 2011, con il quale il legislatore nazionale definisce le fonti di finanziamento, i meccanismi di perequazione nonché i caratteri dell’autonomia finanziaria delle Regioni, in coerenza con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), e sulla base dei principi stabiliti dall’art. 119 Cost. in materia di federalismo fiscale;

che, ad avviso della Regione, l’utilizzazione di termini diversi per identificare il momento di attuazione del federalismo fiscale (il 2013, anno nel quale ha avvio in via transitoria il nuovo assetto di finanziamento e perequazione delle Regioni; il 2015, anno nel quale sono approvati i decreti correttivi; il 2017, anno nel quale ha avvio in via definitiva il nuovo assetto di finanziamento e perequazione) avrebbe comportato, al contrario, un’indeterminatezza di tale termine, che sarebbe stato lasciato alla discrezionale valutazione del Governo e non avrebbe consentito alle Regioni ed agli enti locali una tempestiva e consapevole conoscenza circa l’effettiva operatività delle leve fiscali previste dalla normativa nazionale, con evidente compressione dell’autonomia finanziaria ad essi garantita dall’art. 119 Cost.;

che, infine, l’art. 4, comma 4, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), ancora non convertito, avrebbe disposto l’abrogazione degli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché dell’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, facendo salvi i provvedimenti normativi delle Regioni e le deliberazioni delle Province e dei Comuni, relativi all’anno d’imposta 2012, emanate prima dell’approvazione del decreto stesso;

che, in conclusione, ad avviso della resistente si sarebbe potuta affermare la piena legittimità e conformità alla normativa statale di riferimento degli artt. 3 e 5 della legge reg. Lazio n. 19 del 2011 e che, qualora il d.l. n. 16 del 2012 fosse stato convertito in legge, sarebbe comunque cessata la materia del contendere;

che successivamente, con atto depositato in cancelleria in data 14 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso;

che la rinuncia è stata accettata dalla Regione Lazio con atto depositato in cancelleria in data 20 giugno 2012.

Considerato che la rinuncia al ricorso accettata dalla controparte costituita determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’estinzione del processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2013.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2013.