Ordinanza n. 249 del 2012

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ORDINANZA N. 249

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                   Presidente

-           Franco                         GALLO                                              Giudice

-           Luigi                            MAZZELLA                                             "

-           Gaetano                       SILVESTRI                                              "

-           Sabino                         CASSESE                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                "

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                           "

-           Paolo                           GROSSI                                                    "

-           Giorgio                        LATTANZI                                               "

-           Aldo                            CAROSI                                                    "

-           Marta                           CARTABIA                                              "

-           Sergio                          MATTARELLA                                        "

-           Mario Rosario              MORELLI                                                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – Esercizio delle funzioni amministrative), promosso dal Commissario per il riordino degli usi civici nella Regione Abruzzo nel procedimento vertente tra il Comune di Pescocostanzo e la Speciale rappresentanza degli utenti di uso civico del Comune di Pescocostanzo ed altri, con ordinanza del 17 gennaio 2012, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2012.

         Udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2012 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto che il Commissario per il riordino degli usi civici nella Regione Abruzzo ha sollevato, in riferimento agli articoli 9, 117, 118 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, «Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – Esercizio delle funzioni amministrative», concentrando, tuttavia, i motivi di doglianza nei confronti del solo comma 2, il quale stabilisce che «Nei casi in cui, per effetto di utilizzazioni improprie ormai consolidate, porzioni di terre civiche abbiano da tempo irreversibilmente perduto la conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi e pascolivi, il Consiglio regionale, su richiesta motivata del Comune territorialmente interessato, ovvero dell’amministrazione separata frazionale, sentito il Comune se trattasi di bene di pertinenza frazionale, può disporre la (s)classificazione di dette terre dal regime demaniale civico»;

che il rimettente premette di avere, a suo tempo, avviato d’ufficio una serie di procedimenti intesi ad accertare la natura di alcuni terreni siti nel Comune di Pescocostanzo, i quali, nelle more, sarebbero stati sclassificati, a norma della disposizione denunciata, «con delibera del Consiglio Regionale n. 104/19 del 12.07.1994»;

che, pur consapevole del fatto che identica questione è stata a suo tempo portata all’attenzione di questa Corte e decisa con sentenza n. 511 del 1991, il rimettente ha reputato devolvibili ulteriori profili di illegittimità costituzionale della norma censurata, all’epoca non evidenziati dall’ordinanza di rimessione;

che la materia degli usi civici sarebbe disciplinata, in modo tendenzialmente esaustivo, dalla legge 16 gennaio 1927, n. 1766 e dal relativo regolamento, approvato con r.d. n. 322 del 1928, i quali prevedono speciali procedure di liquidazione degli usi civici;

che alle Regioni sarebbero state successivamente attribuite funzioni meramente amministrative, sicché la Regione Abruzzo non avrebbe potuto emanare norme derogatorie rispetto a quelle statali, disciplinando – attraverso il procedimento di sclassificazione di cui alla norma oggetto di censura – nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici, diverse da quelle previste dal legislatore statale per garantire l’interesse della collettività alla salvaguardia degli stessi usi civici nonché dell’ambiente e del paesaggio;

che «le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici», a norma dell’art. 1, lettera h), della legge 8 agosto 1985, n. 431, risultano assoggettate a vincolo paesaggistico;

che le finalità di tutela dell’ambiente che svolgono gli usi civici sarebbero state valorizzate dalla giurisprudenza costituzionale e «dalla dottrina più attenta», in conformità all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva questa materia alla legislazione esclusiva dello Stato;

che la disposizione denunciata avrebbe, invece, profondamente inciso su tale materia, permettendo, attraverso la procedura di sclassificazione, di sottrarre aree ai vincoli ambientali e paesaggistici, in violazione anche della Convenzione europea sul paesaggio, sottoscritta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000);

che la disposizione censurata risulterebbe in contrasto anche con la legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), la quale consente la sanatoria delle opere abusive sorte su aree vincolate solo attraverso determinate procedure: possibilità, peraltro, non più concessa dalla normativa successiva;

che la sclassificazione prevista dalla disposizione censurata potrebbe invece risultare concessa «per irreversibili trasformazioni del suolo, dovute, nella maggioranza dei casi, ad interventi urbanistici non autorizzati, che risultano così sanabili sotto un duplice profilo: il venir meno del vincolo ambientale e la disponibilità del suolo»;

che la norma denunciata violerebbe, ancora, l’art. 42 Cost., in quanto il previsto procedimento di sclassificazione consentirebbe di disporre l’espropriazione di terreni senza la previsione di alcun ristoro, posto che i titolari degli usi stessi, aventi natura di diritti reali, verrebbero privati dei diritti esercitati su quei beni senza contropartita alcuna, in contrasto con i princìpi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e da quella comunitaria;

che questo esito contrasterebbe anche con la normativa statale, la quale stabilisce che il capitale derivante dalla liquidazione degli usi civici debba essere investito «“in titoli del debito pubblico intestati al Comune, alla frazione od alla associazione, con vincolo a favore del ministero per l’economia nazionale, per essere destinato, in caso di bisogno, ad opere permanenti di interesse generale della popolazione...”»;

che, invece, i beni sclassificati potrebbero essere alienati senza alcun vincolo di reimpiego delle somme riscosse;

che, da ultimo, la norma denunciata si porrebbe in contrasto anche con il principio di ragionevolezza, in quanto assegnerebbe una assai ampia discrezionalità alla autorità amministrativa nella valutazione della perdita della «“conformazione fisica”» e della «“destinazione funzionale”» dei beni, non dovuta ad eventi naturali, ma «all’abusivo esercizio di atti di possesso da parte dei privati», sicché sarebbe «sufficiente un’illecita attività di manomissione di beni di rilevante interesse ambientale e paesaggistico per determinare l’estinzione dei diritti di uso civico e, conseguentemente, di ogni vincolo ambientale e paesaggistico sugli stessi».

Considerato che il Commissario per il riordino degli usi civici nella Regione Abruzzo ha sollevato, in riferimento agli articoli 9, 117, 118 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – Esercizio delle funzioni amministrative), concentrando le proprie censure sul comma 2 di tale articolo;

che il rimettente premette di aver iniziato d’ufficio «una serie di processi volti ad accertare la natura di alcuni fondi censiti nel Catasto terreni del Comune di Pescocostanzo», i quali, «nelle more del giudizio», sarebbero stati «sclassificati, ai sensi dell’articolo 10 della legge della Regione Abruzzo n. 25/1988, con delibera del Consiglio Regionale n. 104/19 del 12.07.1994»;

che, nel merito delle censure, si deduce il contrasto della disposizione denunciata con gli artt. 9, 117 e 118 Cost., in quanto la stessa introdurrebbe un regime contrastante con la disciplina statale, la quale, essendo relativa alla materia dell’ambiente e del paesaggio, rientrerebbe nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato, a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.;

che sarebbe violato anche l’art. 42 Cost., in quanto i titolari degli usi civici verrebbero ad essere privati dei diritti di natura reale esercitati sui beni gravati da quegli usi senza alcuna forma di indennizzo, in contrasto con l’obbligo di assicurare quest’ultimo in ogni forma di espropriazione;

che, infine, risulterebbe compromesso anche il parametro della ragionevolezza – richiamato in motivazione, ma non nel dispositivo –,  in quanto la disposizione censurata assegnerebbe una assai ampia discrezionalità alla autorità amministrativa nella valutazione della perdita della “conformazione fisica” e della “destinazione funzionale” dei beni, non dovuta ad eventi naturali, ma «all’abusivo esercizio di atti di possesso da parte dei privati», sicché sarebbe «sufficiente un’illecita attività di manomissione di beni di rilevante interesse ambientale e paesaggistico per determinare l’estinzione dei diritti di uso civico e, conseguentemente, di ogni vincolo ambientale e paesaggistico sugli stessi»;

che, al di là di qualsiasi rilievo sulla sorprendente lontananza nel tempo dell’asserito atto di sclassificazione dei terreni – si cita, infatti, una deliberazione adottata dal Consiglio regionale nel 1994, mentre la causa risulta trattenuta in decisione all’udienza del 7 novembre 2011 –, l’ordinanza di rimessione non fornisce esaurienti delucidazioni sulle circostanze di causa e, in particolare, sul nesso di pregiudizialità tra la questione sollevata e l’oggetto del procedimento in questione, nulla avendo puntualizzato in ordine alla necessità, per l’organo decidente, di fare applicazione della disposizione denunciata o alla non disapplicabilità dei provvedimenti attuativi in ipotesi considerati illegittimi; nonché sul tipo di attività processuale svolta all’esito dell’asserito atto di sclassificazione;

che, soprattutto, l’ordinanza di rimessione non fornisce elementi atti ad asseverare la circostanza che la sclassificazione di quei terreni sia stata effettivamente disposta, atteso che la richiamata deliberazione del Consiglio regionale, per come identificata («n. 104/19 del 12.07.1994»), si limita, a quanto risulta, ad approvare una circolare per la disciplina generale del “procedimento per la declaratoria di sclassificazione di terre civiche” in esecuzione della normativa denunciata;

che la totale carenza di elementi essenziali ai fini del necessario scrutinio sulla rilevanza del quesito di legittimità costituzionale concretamente proposto, oltre che l’ossequio al principio della autosufficienza dell’atto di rimessione, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 127, n. 84 e n. 38 del 2012), impongono di dichiarare manifestamente inammissibile la sollevata questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – Esercizio delle funzioni amministrative), sollevata, in riferimento agli articoli 9, 117, 118 e 42 della Costituzione, dal Commissario per il riordino degli usi civici nella Regione Abruzzocon l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2012.