ORDINANZA N. 154
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennità di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell’articolo 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l’istituzione delle indennità di rischio da radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra G.F. e l’Università degli studi di Pisa con ordinanza dell’8 luglio 2011, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 maggio 2012 il Giudice relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza depositata l’8 luglio 2011, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennità di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l’istituzione delle indennità di rischio da radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell’art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), «nella parte in cui non prevedono la corresponsione della indennità professionale ragguagliata all’esposizione alle radiazioni ionizzanti ai sanitari universitari che operano in strutture universitarie non convenzionate con il servizio sanitario nazionale»;
che il giudice a quo premette che un professore, già associato presso la facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Pisa, si è visto respingere la richiesta di corresponsione dell’indennità di rischio per esposizione a radiazioni ionizzanti in dipendenza della sua attività, in quanto l’indennità in questione sarebbe prevista, a norma dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, soltanto per il personale universitario che opera nelle cliniche e negli istituti universitari convenzionati con il servizio sanitario nazionale;
che, reputando fondata la decisione del giudice di primo grado – posto che l’istituto presso il quale il ricorrente lavorava non risulta fosse convenzionato con il servizio sanitario nazionale e che il suo rapporto di lavoro non era disciplinato da accordi contrattuali ai sensi della legge 29 marzo 1983, n. 93 (Legge quadro sul pubblico impiego) –, il giudice rimettente, conformemente alle doglianze espresse sul punto dall’appellante, considera, tuttavia, di dubbia compatibilità costituzionale il quadro normativo di riferimento, nella parte in cui verrebbe a tracciare un trattamento discriminatorio tra personale universitario, parimenti esposto al rischio derivante da radiazioni ionizzanti;
che in entrambe le situazioni prese in considerazione (docente che operi in una struttura convenzionata o meno) si avrebbe, infatti, il caso di una persona esposta, in ragione dell’attività di istituto, alle radiazioni ed ai connessi rischi, con la conseguenza che, se «simile è la possibilità che ne subisca conseguenze dannose per la salute, simile è dunque la pretesa ad essere, per monetizzazione, indennizzato»;
che, d’altra parte, la circostanza, del tutto casuale, del convenzionamento della struttura con il servizio sanitario nazionale, parrebbe anche aleatoria e indipendente dalla fattispecie sostanziale, dal momento che essa non avrebbe nulla a che vedere con la quantità di esposizione al rischio ed integrerebbe un fattore esterno al rapporto di lavoro, totalmente sottratto alla disponibilità dell’interessato;
che la stessa giurisprudenza costituzionale avrebbe avuto modo di sottolineare come sia necessario che «venga valorizzato, anche al di là della qualifica rivestita, il dato della effettiva esposizione al rischio, connesso all’esercizio non occasionale né temporaneo di determinate mansioni» (sentenza n. 343 del 1992);
che, pertanto, il richiamato art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 – nel prevedere, per il «personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unità sanitarie locali», un trattamento economico perequativo rispetto a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità, anche per quanto riguarda le indennità previste dall’accordo unico nazionale, con limitazione al solo personale universitario convenzionato dell’applicabilità dell’art. 20 del d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 21 febbraio 1990 concernente il personale del comparto delle università, di cui all’art. 9 d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68), che prevede la corresponsione della indennità di rischio da radiazioni –, risulterebbe in contrasto con il principio di uguaglianza e con l’art. 32 Cost. sulla tutela della salute, nonché, unitamente all’art. 33 Cost., anche con l’art. 36, «che in combinato con l’art. 3 è a base del principio generale detto della “perequazione retributiva” a parità di condizioni lavorative di base»;
che, nella sequenza degli interventi normativi nel settore di riferimento, l’indennità in questione risulterebbe destinata – come affermato da questa Corte nella richiamata sentenza n. 343 del 1992 – a compensare, dal punto di vista pecuniario, il pericolo per la salute generato da siffatto, particolare rischio professionale;
che le limitazioni censurate non sarebbero, dunque, giustificate e, con esse, la «non generale applicabilità a tutti i sanitari universitari, contrattualizzati o meno, convenzionati o meno, in assenza di un carattere distintivo che abbia attinenza alla ragione del beneficio»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la proposta questione;
che il giudice rimettente non avrebbe, anzitutto, chiarito la natura, il grado e l’entità dell’esposizione al rischio di radiazioni ionizzanti cui il ricorrente sarebbe stato sottoposto, nonché la durata e la non occasionalità della stessa, circostanze, queste, essenziali per poter dedurre l’identità del rischio radiologico sopportato dal ricorrente rispetto ai docenti che prestano servizio presso una università convenzionata e quindi per rilevare la eventuale disparità di trattamento;
che, nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, spettando alla discrezionalità del legislatore stabilire l’ambito della normativa di settore, nella specie circoscritta al personale sanitario ed equiparato che, come il personale universitario, svolgano attività medica presso un ente sanitario;
che la stessa richiamata sentenza di questa Corte, nel dare rilievo al dato oggettivo della esposizione a rischio radiologico, avrebbe tuttavia lasciato fermo il presupposto della appartenenza dell’operatore sanitario al SSN, in linea, d’altra parte, con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato;
che per i pubblici impiegati non appartenenti al SSN sarebbero, infatti, previste altre forme di indennità per il rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti;
che, in definitiva, mentre la protezione sanitaria e le misure di sicurezza del lavoro devono essere assicurate in egual misura a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano esposti al pericolo delle radiazioni, la scelta di una monetizzazione del rischio rientra, invece, nel quadro delle opzioni di politica legislativa, discrezionali e, nella specie, non irragionevolmente esercitate.
Considerato che il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennità di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l’istituzione delle indennità di rischio di radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell’art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), nella parte in cui non prevedono la corresponsione dell’indennità professionale ragguagliata alla esposizione alle radiazioni ionizzanti ai sanitari veterinari che operano in strutture universitarie non convenzionate con il servizio sanitario nazionale;
che, al riguardo, questa Corte – chiamata a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 2 e 3, della citata legge n. 460 del 1988, sollevata nella parte in cui tali disposizioni attribuirebbero l’indennità di rischio da radiazioni nella misura più elevata unicamente al personale medico e tecnico di radiologia, con esclusione di ogni altra categoria – ha sottolineato come la disciplina in questione si giustifichi alla luce di una presunzione normativa di esposizione al rischio da radiazioni ionizzanti in ragione delle mansioni naturalmente connesse alla qualifica rivestita; senza che ciò escluda la presenza, fra il personale esposto al rischio “in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione”, di posizioni lavorative individuali assimilabili a quelle proprie dei medici e tecnici di radiologia in quanto esposte al rischio radiologico in misura continua e permanente e «destinate pertanto a godere – previo accertamento da parte della commissione di cui all’art. 58 del d.P.R. n. 270 del 1987 – dell’indennità di rischio nella misura più elevata» (sentenza n. 343 del 1992);
che, ad avvalorare la necessità di una stretta correlazione tra riconoscimento della indennità e concreto espletamento di mansioni che inducano alla esposizione effettiva al rischio da radiazioni, si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha avuto modo di sottolineare che l’indennità di rischio da radiazioni, in quanto tipica indennità ambientale, e cioè connessa a specifiche situazioni dell’ambiente di lavoro, è «dovuta solo in connessione ai particolari rischi che la stessa è diretta a prevenire, mentre non ha ragion d’essere allorché tali condizioni vengano meno per apprezzabili periodi di tempo, in conseguenza del mancato svolgimento dell’attività lavorativa nelle condizioni di rischio qualificato previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva» (Cassazione, sezione lavoro, 24 febbraio 2011, n. 4525);
che, pertanto, anche alla luce delle richiamate pronunce, assume aspetto dirimente, agli effetti sia dell’an sia del quantum, la precisa individuazione della posizione lavorativa del dipendente, vuoi sul versante delle mansioni o attribuzioni effettivamente svolte e della sussistenza, in concreto, del requisito dell’esposizione a rischio, vuoi sotto il profilo della natura e intensità del rischio medesimo, essendo diverso il regime applicabile a seconda che si tratti di una esposizione costante ovvero che si realizzi “in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione”;
che, peraltro, sui punti innanzi indicati, l’ordinanza di rimessione ha omesso qualsiasi precisazione, pur indispensabile ai fini dello scrutinio sulla rilevanza della questione, essendosi limitata a segnalare che il giudizio di impugnazione era stato proposto da persona che ricopriva la funzione di professore associato presso la facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Pisa, istituto di patologia speciale e clinica chirurgica, e che a fondamento del ricorso il medesimo aveva assunto di essere stato «quotidianamente esposto alle radiazioni ionizzanti prodotte dalle apparecchiature radiografiche e radioscopiche»;
che l’omessa descrizione della fattispecie preclude la disamina nel merito del quesito di legittimità costituzionale, anche in considerazione della mancata indicazione dell’epoca in cui il ricorrente sarebbe stato esposto al rischio di radiazioni ionizzanti – dalla ordinanza di rimessione si deduce soltanto che la richiesta di corresponsione della indennità era stata formulata nel lontano 1993 – ai fini della individuazione della disciplina applicabile;
che, anzi – e proprio a quest’ultimo riguardo – il giudice rimettente coinvolge nel dubbio di legittimità costituzionale una nutrita gamma di previsioni normative, via via succedutesi nel tempo, senza puntualizzare alcunché in ordine alla relativa specifica pertinenza alla vicenda oggetto del giudizio a quo;
che, in particolare, l’ordinanza non chiarisce le ragioni per le quali viene censurata la legge-base n. 416 del 1968, concernente i soli tecnici di radiologia medica, nonché la disciplina dettata per il personale del servizio sanitario nazionale dalla legge n. 460 del 1988, posto che la censura di illegittimità – per omissione – riguarda il trattamento riservato al personale docente e non quello di altri settori, in sé, come è evidente, del tutto legittimo;
che, inoltre, il provvedimento di rimessione omette di fornire qualsiasi delucidazione circa le ragioni per le quali viene investito dal dubbio di costituzionalità anche l’art. 8 della legge n. 537 del 1993, considerato che il comma 6 di tale articolo ha soppresso, a far data dal 1° gennaio 1995, l’indennità di rischio radiologico, riconducendo la stessa indennità nell’ambito delle indennità professionali previste in sede di accordo di lavoro e correlate a specifiche funzioni;
che neppure perspicua si rivela l’insistita evocazione, fra le norme impugnate, dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, posto che tale disposizione si limita a sancire la corresponsione di una indennità perequativa al personale universitario “convenzionato” rispetto al trattamento economico complessivo riconosciuto al personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità, senza alcuno specifico richiamo delle “voci” (e, dunque, delle particolari “indennità”) che compongono il trattamento complessivo da perequare;
che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennità di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l’istituzione delle indennità di rischio da radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell’art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), sollevata dal Consiglio di Stato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 36 della Costituzione, con l’ordinanza descritta in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2012.