ORDINANZA N. 82
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice di pace di Latisana, nel procedimento vertente tra M.L. e la Prefettura di Udine, con ordinanza del 17 dicembre 2010, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto che, nel corso del giudizio di opposizione avverso il provvedimento, emesso dal Prefetto di Udine, con il quale era stata irrogata la sospensione della patente di guida per la durata di tre mesi per guida in stato di ebbrezza, il Giudice di pace di Latisana, con ordinanza del 17 dicembre 2010, ha sollevato – in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, ai principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, nonché all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 7 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui introduce, secondo il diritto vivente, come cifre “significative” ai fini della misurazione del tasso alcolemico quelle centesimali, ancorché non espresse nel testo scritto della norma impugnata;
che il remittente rileva che in data 9 luglio 2010 una pattuglia dei Carabinieri aveva sottoposto a controllo alcolemico una persona che era alla guida di una vettura, riscontrando – in entrambe le successive misurazioni prescritte dalla legge – un tasso di 0,59 grammi per litro;
che, pertanto, i Carabinieri avevano proceduto al ritiro della patente, cui aveva fatto seguito l’emissione del provvedimento di sospensione da parte del Prefetto di Udine;
che nel corso del giudizio di opposizione il ricorrente aveva sostenuto che le due misurazioni dovevano, in realtà, considerarsi negative, non avendo superato la soglia di 0,5 grammi per litro individuata dall’art. 186 cod. strada, espressa in decimi;
che il Giudice di pace di Latisana rileva che la questione realmente controversa riguarda la possibilità o meno di dare rilevanza, in sede di misurazione del tasso di alcool nel sangue, ai centesimi di grammo ovvero soltanto ai decimi;
che egli ricorda che la disposizione censurata – la quale ha subito numerose modifiche negli ultimi anni – prevedeva un reato contravvenzionale poi depenalizzato, a decorrere dal 30 luglio 2010, dall’art. 33, comma 4, della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale);
che, nonostante tale depenalizzazione, applicabile nella specie in quanto norma più favorevole, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., egli afferma di doversi ugualmente pronunciare sulla legittimità della sanzione amministrativa accessoria applicata, la quale non può considerarsi automaticamente venuta meno;
che – secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione assunta in termini di diritto vivente – il legislatore, nel prevedere diverse sanzioni (crescenti) a seconda del mutare del tasso alcolemico nel sangue, non avrebbe negato rilevanza alla seconda cifra decimale, ovvero ai centesimi per litro, sicché il precetto di cui alla norma impugnata deve ritenersi violato in presenza di un tasso alcolemico uguale o superiore a 0,51 grammi per litro, mentre il calcolo in decimi renderebbe necessario il raggiungimento della quota di 0,6 grammi per litro;
che da tanto si desume la rilevanza della questione prospettata, perché il recepimento della giurisprudenza di legittimità si traduce nel necessario riconoscimento della responsabilità del ricorrente nell’ambito del giudizio in corso, senza che sia possibile un’interpretazione adeguatrice dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada;
che la disposizione rimessa allo scrutinio di questa Corte, interpretata sulla base della menzionata giurisprudenza della Corte di cassazione che il remittente assume in termini di diritto vivente, appare al giudice a quo in contrasto con gli invocati principi costituzionali;
che gli artt. 2, 3 e 32 Cost., infatti, riconoscono i diritti fondamentali dell’uomo, fra i quali quello alla salute, e garantiscono l’uguaglianza fra i cittadini;
che alla luce di tali parametri l’assunzione di una moderata quantità di sostanze alcooliche «rientra tra i primari e fondamentali diritti della persona», mentre solo la smodata assunzione incide negativamente sulla salute e sulla capacità di guida degli autoveicoli;
che gli strumenti di misurazione del tasso di alcool nel sangue sono di per sé alquanto imprecisi, per cui dare rilevanza ad una misurazione con due cifre decimali «si rivela incompatibile con il canone della ragionevolezza», in quanto pretende di eliminare l’incertezza della misurazione «utilizzando grandezze di misura precise come le cifre centesimali», senza considerare che tutto ciò va di contrario avviso rispetto alla scelta operata dal legislatore del 2010 nel senso della depenalizzazione di alcuni illeciti;
che, in ultimo, il giudice a quo ravvisa nella disposizione così interpretata anche un vulnus degli artt. 7 e 8 della CEDU, perché l’assunzione di sostanze alcooliche costituisce «piena esplicazione della vita privata», non trattandosi di scelte che vanno a minare la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la prospettata questione venga dichiarata non fondata.
Considerato che il Giudice di pace di Latisana dubita – in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, ai principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, nonché all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 7 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – della legittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza penale della Corte di cassazione, con alcune pronunce assunte in termini di diritto vivente, secondo cui costituiscono cifre “significative” ai fini della misurazione del tasso alcolemico quelle centesimali, ancorché non espresse nel testo scritto della norma impugnata;
che il giudice a quo dà atto che, in data successiva a quella in cui si sono svolti i fatti oggetto del giudizio sottoposto al suo esame, l’art. 33 della legge 29 luglio 2010, n. 120, ha depenalizzato la disposizione oggi all’esame di questa Corte, sostituendo alla sanzione penale una sanzione amministrativa;
che, nel dare conto della rilevanza della questione, il remittente osserva, fra l’altro, di doversi comunque pronunciare sulla legittimità della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, irrogata dal prefetto in ottemperanza alla previsione della censurata disposizione;
che tale motivazione sulla rilevanza non può essere condivisa, perché per le sanzioni amministrative accessorie a una sanzione penale conseguente all’accertamento di un reato – come ribadito dalla costante giurisprudenza di legittimità – vige il principio di legalità, alla luce del quale nessuno può esservi assoggettato se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione – art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) –;
che, pertanto, la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida sulla quale il giudice a quo ritiene di doversi pronunciare è da considerare venuta meno – nel momento in cui la presente questione è stata rimessa all’esame della Corte – in quanto accessoria rispetto ad una ipotesi di reato ormai depenalizzata;
che, nella specie, tale sanzione non è applicabile in base al nuovo testo dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, perché tale previsione è entrata in vigore successivamente rispetto al momento in cui il fatto è avvenuto; né, d’altra parte, la legge n. 120 del 2010 ha dettato norme che impongono l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per fatti antecedenti l’entrata in vigore della stessa legge;
che, quindi, il Giudice di pace di Latisana non è chiamato, nel giudizio in corso, a fare applicazione della censurata disposizione, il che implica il venir meno del necessario requisito della rilevanza;
che la prospettata questione, dunque, è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, ai principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, nonché all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 7 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal Giudice di pace di Latisana con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2012.