ORDINANZA N. 147
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 22 settembre 2010 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Silvio Berlusconi nei confronti dell’on. Antonio Di Pietro promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo con ricorso depositato in cancelleria il 6 dicembre 2010 ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 2011 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo, con ricorso del 23 novembre 2010, depositato il 6 dicembre 2010, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A, 13/A e 17/A), con cui la Camera dei deputati ha affermato che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale a carico del deputato Silvio Berlusconi per il reato di diffamazione aggravata, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono pertanto insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il giudice ricorrente riferisce che il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio del deputato Berlusconi per il reato di cui agli artt. 595 del codice penale (Diffamazione), 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) e 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), commesso ai danni del dott. Antonio Di Pietro, il quale ha proposto querela ritenendo che la sua reputazione fosse stata offesa da alcune dichiarazioni rese nel corso della trasmissione televisiva “Porta a Porta”, andata in onda il 10 aprile 2008;
che in particolare, il deputato Berlusconi, nel corso della indicata trasmissione, avrebbe affermato, tra l’altro: «Di Pietro è un emerito bugiardo. Tenga presente che non ha nemmeno una laurea valida. Mi rivolgo qui al Ministro dell’istruzione in carica per vedere se può, se può sottoporre a custodia sicura le documentazioni che esistono presso l’Università circa la laurea del signor Di Pietro. Mi rivolgo al Ministro della giustizia per vedere che possa fare la stessa cosa, per sottoporre a custodia i documenti con cui il signor Di Pietro si è rivolto alla magistratura e ha fatto due o tre concorsi per la magistratura. Non ha mai presentato il diploma originale di laurea. Ha sempre presentato dei certificati, che tra l’altro sono diversi uno dall’altro, sia per il voto di un esame, sia per quanto riguarda la data di un esame. Quindi la sua è una cosiddetta laurea dei servizi, che i servizi hanno chiesto ai professori dell’università di cui nessuno si ricorda di Di Pietro. Quindi il signor Di Pietro non è solo un uomo che mi fa orrore perché non rispetta gli altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando le vite degli altri cittadini, è un assoluto bugiardo»;
che secondo il ricorrente, non vi sarebbe alcun atto tipico della funzione parlamentare riferibile al deputato Berlusconi, utile per potere ritenere sussistere tra esso e le dichiarazioni sopra riportate quel “nesso funzionale” ritenuto, dalla giurisprudenza costituzionale, presupposto indefettibile per l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che il giudice ricorrente osserva che le espressioni su cui si fonda l’imputazione non possono essere considerate «manifestazione di un’opinione, per di più di carattere politico o di rilievo parlamentare, in quanto hanno ad oggetto fatti riguardanti la professione di magistrato svolta da Di Pietro prima di intraprendere la carriera politica, da quest’ultimo ritenuti falsi e quindi lesivi della sua reputazione»;
che le affermazioni rese da Berlusconi nella trasmissione televisiva verterebbero inoltre su fatti concreti, per cui – assume il ricorrente – non potrebbe operare la prerogativa di insindacabilità prevista dall’art. 68, primo comma, Cost.;
che il ricorrente fa presente che nella relazione della Giunta per le autorizzazioni si evidenzia che l’intervento televisivo di Berlusconi aveva valenza politica, in quanto le affermazioni sulla vicenda universitaria e sull’attività giudiziaria di Di Pietro rappresentavano il punto di partenza dell’argomento, sviluppato successivamente, della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, tema, questo, oggetto del programma elettorale della formazione guidata dal deputato Berlusconi e più volte oggetto di interventi nella sua pregressa attività politico-parlamentare;
che ad avviso del GUP del Tribunale di Bergamo, «benché la separazione delle carriere fosse un tema politico dibattuto, l’intervento di Berlusconi non risulta correlato ad iniziative parlamentari tipiche recenti, né riproduttivo di opinioni espresse sempre di recente in sede parlamentare, in modo da manifestare una finalità divulgativa delle esternazioni rispetto ad uno specifico intervento parlamentare»;
che inconferenti sarebbero infine i richiami contenuti nella relazione della Giunta per le autorizzazioni, e quelli fatti dal relatore nell’Assemblea, alla situazione di conflitto e di contrapposizione politica esistente tra le parti da diversi anni, ed acuita dalle imminenti elezioni politiche, in quanto chiaramente non inerenti all’attività parlamentare;
che il ricorrente, pertanto, conclude chiedendo l’annullamento della citata delibera di insindacabilità.
Considerato che in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;
che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell’esercizio delle funzioni attribuitegli;
che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera dei deputati di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse dai membri di quel ramo del Parlamento ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bergamo;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2011.