SENTENZA N. 233
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 36, comma 2, 37, commi 1 e 2, e 48, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell’articolo 7 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni del demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistico-venatoria e tutela dell’ambiente naturale, di innovazione - Legge comunitaria 2008), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 5-9 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 13 ottobre 2009 ed iscritto al n. 90 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica dell’11 maggio 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;
uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 9 maggio 2010 e depositato il successivo 13 maggio, ha sollevato, in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché agli artt. 3 e 117, primo e secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 36, comma 2, 37, commi 1 e 2, 48, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell’articolo 7 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni del demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistico-venatoria e tutela dell’ambiente naturale, di innovazione - Legge comunitaria 2008).
1.1. L’art. 36, comma 2, della legge regionale n. 13 del 2009 viene impugnato nella parte in cui, nel modificare l’art. 58, comma 2, della legge regionale 5 dicembre 2008, n. 16 (Norme urgenti in materia di ambiente, territorio, edilizia, urbanistica, attività venatoria, ricostruzione, adeguamento antisismico, trasporti, demanio marittimo e turismo), prevede che le «concessioni demaniali marittime affidate a soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, della legge regionale 2/2002, e successive modifiche, non in possesso dei requisiti di legge», sono prorogate fino all’individuazione del concessionario in possesso di tali titoli e comunque non oltre dodici mesi dalla data di efficacia della proroga medesima.
Il ricorrente, dopo aver rilevato la conformità della norma impugnata con quanto previsto dall’art. 37, secondo comma, del codice della navigazione, rileva che, proprio con riferimento a tale ultima disciplina, è stata aperta una procedura di infrazione a carico dell’Italia da parte della Commissione europea in ragione del suo presunto contrasto con il diritto comunitario.
In particolare, la difesa erariale osserva che sia l’art. 36, comma 2, della legge regionale n. 13 del 2009 che l’art. 37, secondo comma, cod. nav. creano, nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreativa, un meccanismo di preferenza per il concessionario uscente. Ciò comporterebbe, sempre a parere del ricorrente, «una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione della libertà di stabilimento di cui all’articolo 43 del Trattato e di conseguenza dell’articolo 117, primo comma, Cost., in riferimento ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, nonché dell’articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, in relazione alla competenza esclusiva statale in materia di rapporti dello Stato con l’Unione europea».
Infine, a parere del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe anche il principio di ragionevolezza.
1.2. Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, poi, l’art. 37, commi 1 e 2, della legge regionale n. 13 del 2009, nella parte in cui prevede che «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Regione Friuli-Venezia Giulia, le specie elencate nell’allegato II della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, possono essere oggetto di attività venatoria nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale di recepimento».
Il ricorrente, dopo aver premesso che l’art. 4, n. 3, dello statuto di autonomia attribuisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia potestà legislativa primaria in materia di caccia, osserva che essa deve essere esercitata nel rispetto degli standard minimi ed uniformi di tutela fissati dalla legislazione nazionale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, oltre che della normativa comunitaria di riferimento (direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE, 91/244/CEE) e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
In ragione di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la disposizione censurata, nel determinare le specie cacciabili, ecceda i limiti sopra indicati e, in particolare, si ponga in contrasto con l’art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), il quale, nel fissare standard minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente, deve intendersi quale norma fondamentale di riforma economico-sociale.
L’Avvocatura rileva, infatti, che l’art. 18, oltre a disciplinare l’attività venatoria, mediante la previsione di appositi elenchi in cui sono suddivise le diverse specie cacciabili e i periodi entro i quali è possibile il relativo prelievo venatorio, stabilisce anche che le modifiche dei suddetti elenchi sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le politiche agricole, d’intesa con il Ministro dell’ambiente, sentito l’Istituto nazionale per la fauna selvatica.
1.3. La terza censura riguarda l’art. 48, comma 6, della citata legge regionale nella parte in cui dispone che «Fino all’individuazione della Zona faunistica delle Alpi e dei territori da destinare a protezione della fauna in attuazione dell’articolo 2, commi 3 e 4, e comunque non oltre il 31 gennaio 2010, il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è destinato a protezione della fauna selvatica per una quota dal 20 al 30 per cento. Sino a tale termine, sul territorio della Regione, è applicato il regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, al fine di consentire il regolare svolgimento della stagione venatoria 2009/2010 in conformità agli atti e indirizzi già adottati dalla regione».
A parere del ricorrente anche tale norma si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto, per effetto del richiamo in essa contenuto alla Zona faunistica delle Alpi, si sarebbe limitata, in violazione dell’art. 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992, la quota di territorio regionale destinata alla protezione della fauna selvatica.
L’art. 10, comma 3, infatti, nel fissare standard minimi e uniformi di tutela dell’ambiente, stabilisce che il territorio agro-silvo-pastorale di ogni Regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna Regione, che costituisce una zona faunistica a sé stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento.
2. Si è costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che la Corte dichiari le questioni inammissibili o infondate.
2.1. Con riferimento alla censura relativa all’art. 37, comma 1, della legge regionale n. 13 del 2009, la resistente rileva che tale disposizione si limita a «ricordare» che la cacciabilità delle specie di cui al richiamato allegato II è subordinata a quanto disposto in sede comunitaria e nazionale, opera nel rispetto delle richiamate discipline e, pertanto, risulta priva di una autonoma forza precettiva.
La Regione ritiene, poi, inammissibile la censura relativa al comma 2 dell’art. 37, in quanto del tutto priva di motivazione.
2.2. Quanto alla questione proposta nei confronti dell’art. 48, comma 6, la Regione osserva che essa si fonda su di una errata interpretazione della norma censurata.
L’art. 48, comma 6, infatti, nel pieno rispetto della legislazione nazionale pone a protezione della fauna selvatica una quota che va dal 20 al 30 per cento del territorio regionale, dovendosi intendere il richiamo fatto dalla norma impugnata alla zona faunistica delle Alpi, riferito esclusivamente alle regole di gestione previste per quest’ultima e non anche alla quantità di protezione.
2.3. Quanto, infine, alla censura relativa all’art. 36, comma 2, la Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene la stessa inammissibile o infondata.
In punto di inammissibilità la difesa della Regione osserva che il ricorrente, dopo aver rilevato la conformità della norma regionale a quella statale (art. 37 cod. nav.), impugna l’art. 36, comma 2, fondando la questione di legittimità su una procedura di infrazione comunitaria, che non costituisce né un parametro costituzionale, né una definita ed efficace interpretazione del diritto comunitario.
Oltre a ciò, la Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene detta censura generica e, comunque, infondata, stante il carattere transitorio della disposizione impugnata che si giustifica con l’intento di assicurare la continuità delle gestioni a beneficio dell’utenza.
3. In prossimità dell’udienza la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria con la quale ha sostanzialmente ribadito le argomentazioni contenute nel proprio atto di costituzione.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché agli artt. 3 e 117, primo e secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 36, comma 2, 37, commi 1 e 2, 48, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell’articolo 7 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni del demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistico-venatoria e tutela dell’ambiente naturale, di innovazione - Legge comunitaria 2008).
2. Oggetto della prima censura è l’art 36, comma 2, il quale, nel modificare l’art. 58, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre 2008, n. 16 (Norme urgenti in materia di ambiente, territorio, edilizia, urbanistica, attività venatoria, ricostruzione, adeguamento antisismico, trasporti, demanio marittimo e turismo), individua i destinatari della proroga delle concessioni demaniali marittime.
Il ricorrente ritiene che la norma impugnata violi gli artt. 3, 117, primo e secondo comma, lettera a), della Costituzione, in quanto, in modo irragionevole e in violazione della libertà di stabilimento di cui all’art. 43 del Trattato CE, prevede la proroga delle concessioni demaniali marittime a soggetti non in possesso dei requisiti di legge.
2.1. In via preliminare, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione Friuli-Venezia relativa alla genericità della censura e alla mancata indicazione di idonei parametri costituzionali.
Nel ricorso, infatti, si rinviene un’adeguata motivazione in ordine alla asserita violazione da parte della norma impugnata degli artt. 3, 117, primo e secondo comma, lettera a), della Costituzione.
2.2. Nel merito, la questione è fondata.
In tema di concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative va osservato che l’art. 37 codice della navigazione, come modificato dall’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, non prevede più, in sede di rilascio di nuove concessioni, il diritto di preferenza in capo al precedente concessionario.
A fronte di tale disciplina l’art. 58, comma 2, della legge regionale n. 16 del 2008, nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla norma impugnata, prevedeva che «Le concessioni demaniali marittime affidate a soggetti non a totale partecipazione pubblica di cui all’articolo 7, comma 1, della legge regionale 2/2002, e successive modifiche, sono prorogate fino all’individuazione del concessionario in possesso dei requisiti di legge e comunque non oltre dodici mesi dalla data di efficacia della proroga medesima».
Ai fini dell’individuazione dei beneficiari della disposta proroga, il richiamato art. 7, comma 1, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16 gennaio 2002, n. 2 (Disciplina organica del turismo), stabilisce che «La Regione favorisce la promozione turistica mediante la partecipazione a società per la promozione turistica e a società d’area, anche tramite le Agenzie di informazione e accoglienza turistica».
Il successivo comma 2 precisa che «Ai fini della presente legge per “società d’area” si intendono le società a prevalente capitale pubblico costituite, ciascuna in ogni area territoriale regionale con offerta turistica omogenea, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 3».
L’art. 36, comma 2, impugnato si inserisce nella disciplina sopra riportata prevedendo che «Al comma 2 dell’articolo 58 della legge regionale n. 16/2008 le parole “Le concessioni demaniali marittime affidate a soggetti non a totale partecipazione pubblica di cui all’articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 2/2002, e successive modifiche,” sono sostituite dalle seguenti: “Le concessioni demaniali marittime affidate a soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 2/2002, e successive modifiche, non in possesso dei requisiti di legge” ».
Per effetto della disposizione censurata si è esteso anche ai soggetti «non in possesso dei requisiti di legge» la possibilità di usufruire della proroga delle concessioni demaniali marittime in atto e, quindi, si è introdotta una disciplina che risulta in contrasto con i principi comunitari in materia di libera concorrenza e con l’art. 117, primo comma, della Costituzione.
In particolare, la norma regionale, nel consentire il rinnovo automatico della concessione, determina una violazione del principio di concorrenza, in quanto a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo è preclusa la possibilità, alla scadenza della suddetta concessione, di prendere il posto del precedente gestore (sentenze n. 180 del 2010 e n. 1 del 2008).
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, poi, l’art. 37, commi 1 e 2, della legge n. 13 del 2009.
Il comma 1 prevede che «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Regione Friuli-Venezia Giulia, le specie elencate nell’allegato II della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, possono essere oggetto di attività venatoria nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale di recepimento».
Il successivo comma 2, stabilisce che «L’Amministrazione regionale accerta che l’attività venatoria, compresa eventualmente la caccia con il falco, quale risulta dall’applicazione delle disposizioni nazionali e regionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda il contingente numerico delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2 della direttiva 79/409/CEE».
Il ricorrente ritiene che l’art. 37, commi 1 e 2, nella parte in cui individua i criteri in base ai quali è possibile esercitare l’attività venatoria sul territorio regionale, violi l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché l’art. 4 dello statuto di autonomia della Regione Friuli-Venezia Giulia che, nell’attribuire a quest’ultima potestà legislativa primaria in materia di caccia, subordina il suo esercizio al rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
Sul punto assumerebbe rilievo l’art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) il quale, nell’elencare le specie cacciabili sul territorio nazionale e le modalità con le quali si provvede alla modifica di tali elenchi, fissa standard minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente.
3.1. In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile per difetto assoluto di motivazione la censura relativa all’art. 37, comma 2.
Il ricorrente, infatti, dopo aver riportato il testo del comma 1, si limita a censurare il fatto che con esso il legislatore regionale è intervenuto in un ambito, quello della determinazione delle specie cacciabili, a lui precluso.
Nel ricorso non si rinviene alcun argomento a sostegno della impugnazione del successivo comma 2, per il quale, in ragione della peculiare disciplina da esso introdotta, non è possibile far valere le motivazioni sopra indicate.
3.2. La questione relativa all’art. 37, comma 1, è fondata.
La norma regionale impugnata, sebbene sia riconducibile alla materia «caccia» spettante alla competenza legislativa primaria della Regione Friuli-Venezia Giulia ai sensi dell’art. 4 del relativo statuto di autonomia, nell’individuare le specie cacciabili sul territorio regionale, incide in un ambito attribuito alla competenza esclusiva del legislatore statale. Ciò risulta confermato dall’art. 7 della direttiva n. 79/409/CEE, secondo cui «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate nell’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale».
In attuazione della menzionata normativa, l’art. 18 della legge n. 157 del 1992 contempla appositi elenchi nei quali sono individuate le specie cacciabili, i relativi periodi in cui ne è autorizzato il prelievo venatorio, nonché i procedimenti diretti a consentire eventuali modifiche a tali previsioni.
Ne consegue che lo stesso art. 18 garantisce, nel rispetto degli obblighi comunitari contenuti nella direttiva n. 79/409/CEE, standard minimi e uniformi di tutela della fauna sull’intero territorio nazionale e, pertanto, ha natura di norma fondamentale di riforma economico-sociale, in quanto indica il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale e, quindi, anche nell’ambito delle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 227 del 2003 e n. 536 del 2002).
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, poi, l’art. 48, comma 6, della legge regionale n. 13 del 2009, il quale prevede che «Fino all’individuazione della Zona faunistica delle Alpi e dei territori da destinare a protezione della fauna in attuazione dell'articolo 2, commi 3 e 4, e comunque non oltre il 31 gennaio 2010, il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è destinato a protezione della fauna selvatica per una quota dal 20 al 30 per cento. Sino a tale termine, sul territorio della Regione è applicato il regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, al fine di consentire il regolare svolgimento della stagione venatoria 2009/2010 in conformità agli atti e indirizzi già adottati dalla Regione».
Il ricorrente afferma che tale disciplina si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto limitativa della protezione della fauna selvatica prevista dall’art. 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992.
4.1. La questione è fondata.
La norma impugnata, come il precedente art. 37, detta una disciplina in materia di caccia. Pertanto, ai fini della valutazione della sua legittimità valgono gli stessi principi utilizzati con riferimento alla censura che precede.
In proposito, assume rilievo l’art. 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992 il quale, nel fissare standard minimi e uniformi di tutela dell’ambiente, prevede che «Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona faunistica a sé stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni».
Dalla lettura dell’art. 10 si evince che il legislatore nazionale ha previsto due distinti regimi di salvaguardia della fauna selvatica ai quali corrispondono diverse quote di protezione, in ragione delle peculiari caratteristiche della zona faunistica delle Alpi.
La norma regionale impugnata, nel sottoporre fino al 31 gennaio 2010 l’intero territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico della zona faunistica delle Alpi, si pone in contrasto con la indicata disciplina statale in quanto limita, in violazione degli standard minimi ed uniformi di tutela di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, la quota di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica (sentenza n. 165 del 2009).
Non si può, infatti, sostenere, come ha fatto la difesa regionale, che il richiamo, contenuto nella disposizione impugnata al «regime giuridico» della zona faunistica delle Alpi, sia riferito esclusivamente alle regole di gestione previste per quest’ultima e non anche alla quantità di protezione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, dell’art. 37, comma 1, e dell’art. 48, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell’articolo 7 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni del demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistico-venatoria e tutela dell’ambiente naturale, di innovazione - Legge comunitaria 2008);
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, della medesima legge regionale n. 13 del 2009, promossa, in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché agli artt. 3 e 117, primo e secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2010.
Francesco AMIRANTE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2010.