ORDINANZA N. 206
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, lettera c), della legge della Regione Calabria 5 novembre 2009, n. 40 (Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 dicembre 2009/4 gennaio 2010, depositato in cancelleria il 5 gennaio 2010 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2010.
Udito nella camera di consiglio del 26 maggio 2010 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 28 dicembre 2009/4 gennaio 2010, depositato il 5 gennaio 2010, ha proposto, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, lettera c), della legge della Regione Calabria 5 novembre 2009, n. 40 (Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Calabria del 31 ottobre 2009, n. 20, supplemento straordinario del 10 novembre 2009, n. 1;
che, ad avviso del ricorrente, il citato art. 2, comma 3, lettera c), stabilendo che «appartengono alla categorie delle cave» anche «gli altri materiali e le sostanze» «provenienti da riutilizzazioni dei materiali lapidei di demolizione o di risulta o di lavori edili stradali, in conformità con quanto previsto dalle norme di tutela ambientale», renderebbe inapplicabile a detti materiali, in modo aprioristico e generico, la disciplina dei rifiuti e, comunque, ne limiterebbe l’ambito di applicabilità, ponendosi in contrasto con la definizione di «rifiuto» stabilita dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e, «in ambito comunitario», dalla direttiva 2006/12/CE del 5 aprile 2006 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti);
che, secondo la difesa erariale, l’oggetto e la sfera di applicazione della parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006, «e delle altre disposizioni specifiche, complementari, particolari e speciali», sarebbe «individuato dalla definizione di “rifiuto”, congiuntamente alla disposizione che prevede i limiti di applicazione della stessa», mentre l’art. 183, comma 1, lettera a), di tale decreto legislativo definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie di cui all’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi» e l’art. 185 identifica i rifiuti sottratti alla disciplina stabilita in detta parte IV, nonché le condizioni di esclusione, senza comprendere i materiali oggetto della norma censurata, con previsione di carattere eccezionale, quindi non applicabile oltre i casi espressamente considerati;
che, pertanto, i materiali indicati nell’art. 2, comma 3, lettera c), della legge regionale in esame rientrerebbero nella definizione di rifiuto e non sarebbe sufficiente a sottrarli alla relativa disciplina la previsione della «“riutilizzazione” degli stessi», in virtù di una nozione che sarebbe in contrasto con quella fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e dalla Commissione europea, in violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. (parametro questo indicato soltanto nella motivazione del ricorso);
che, infine, l’interpretazione restrittiva della definizione di rifiuto offerta dalla norma impugnata contrasterebbe con il principio di precauzione, favorendo il rischio di una gestione incontrollata dei rifiuti, con pregiudizio per la tutela della salute e dell’ambiente, poiché i materiali indicati nella medesima potrebbero essere considerati «sottoprodotti» soltanto all’esito di un esame caso per caso ed in presenza delle condizioni stabilite dall’art. 183, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 152 del 2006, mentre la loro qualificazione come rifiuto non escluderebbe la possibilità di utilizzarli in attività di recupero autorizzate quali quelle previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), nell’osservanza del medesimo;
che la Regione Calabria non si è costituita in giudizio;
che, con atto notificato alla controparte in data 18/23 marzo 2010, depositato presso la cancelleria di questa Corte il 24 marzo 2010, l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare al presente ricorso, in quanto, come indicato nella proposta di rinuncia formulata dal Ministro per i rapporti con le Regioni, approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 12 marzo 2010, la Regione Calabria, con legge 28 dicembre 2009, n. 53 (Modifica legge regionale n. 40 del 2009, art. 2, comma 3, lettera c, recante: «Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria»), ha abrogato la norma impugnata.
Considerato che, in mancanza di costituzione in giudizio della parte resistente, la rinuncia al ricorso determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (fra le più recenti, ordinanze n. 158 e n. 148 del 2010
).
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere